L'antifascismo italiota
A giudicare i cartelli dello stabilimento di Chioggia siano gli storici, non i tribunali
C’è una domanda che ho sempre posto invano ai difensori della “Costituzione più bella del mondo”: “La nostra Costituzione è bella perché conforme allo spirito della democrazia o è bella la democrazia solo se riconosce tutte le norme e principi contenuti nella nostra Costituzione?”. Se è vero, come scrive Michele Ainis, che “nel Dopoguerra i nostri padri fondatori ci impedirono di tornare indietro, non di guardare avanti” questo non significa, forse, che delegittimarono ogni partito conservatore – rispettoso o meno delle procedure democratiche – sicché se un domani una maggioranza elettorale decidesse di restaurare la monarchia, la volontà del demos perderebbe ogni valore e una minoranza giacobina, in base all’articolo 139, dovrebbe togliergli auctoritas e potestas? E’ vietato tornare indietro! E se qualche volta fosse, invece, necessaria la retromarcia per armonizzare costumi (rimasti fermi) e diritti (spintisi troppo avanti)? Dio ci preservi dal ritorno al fascismo ma anche dal perenne ricatto del sos-fascismo alla ricerca di pretesti, anche ridicoli e grotteschi, per ribadire una visione della storia, del fascismo, della resistenza, della repubblica a uso e consumo di partiti sempre più disertati.
Il compianto Renzo De Felice aveva proposto l’abrogazione del divieto di ricostituire il vecchio partito fascista (XII disposizione finale), richiamandosi ai momenti liberali della Costituzione. La proposta, a mio avviso discutibile, cadde nel vuoto e alla legge Scelba (n. 645 del 1952) seguì la legge Mancino (n. 205 del 1993) che puniva l’odio razziale. E tuttavia se il buon senso, che tiene conto del contesto sociale e politico non dei principi universali, poteva non riconoscere agli orfani del Ventennio la libertà di partito (art. 49) si trovava, piuttosto a disagio nel negare loro anche la libertà di parola (art. 21). Purtroppo il buon senso, con buona pace di Cartesio, è tutt’altro che diffuso dovunque: ci sono settori ed esponenti della sinistra ai quali sembra mancare del tutto, come Emanuele Fiano che vorrebbe inasprire, col suo disegno di legge, le pene inflitte per apologia di fascismo, comprendendovi gesti, simboli, il merchandising online dei gadget e di altri segni dell’ideologia fascista – forse gli stessi cellulari con le note di Faccetta nera.
Se i fascistoni di Chioggia o di CasaPound fossero più colti continuerebbero a fare apologia di fascismo, estrapolando furbescamente citazioni dalle opere di Renzo De Felice e dalla stessa Intervista sull’antifascismo di Giorgio Amendola; trattandosi di individui con qualche problema di adattamento sociale, si dilettano a riempire cartelli inneggianti al duce e alle realizzazioni del regime. Sarebbe davvero intollerabile se esaltassero i campi di sterminio (cosa diversa dalla loro negazione) ma se si limitassero a dire che “si stava meglio quando si stava peggio”, che, “allora” c’era sicurezza nelle strade, non c’era corruzione, i trasporti funzionavano, etc. etc. davvero rappresenterebbero una minaccia per le istituzioni repubblicane? Se la loro ricostruzione del passato è mitica e immaginaria, saranno gli storici seri a smentirla ma che c’azzeccano le leggi del parlamento o le sentenze dei tribunali?
Il più grande storico del Novecento, Gioacchino Volpe, e uno dei maggiori filosofi dell’Italia contemporanea, Giovanni Gentile, furono nazionalisti e fascisti: ne proibiremo i libri perché continuarono anche durante la guerra e nel Dopoguerra (dopo il solo Volpe perché Gentile fu barbaramente assassinato) a difendere e a esaltare l’Italia in camicia nera? Certo i valori democratici e liberali vanno difesi strenuamente ma non si difendono silenziando i loro nemici, che qualche ragione per esserne insoddisfatti pure ce l’hanno, come dimostra l’enorme saggistica sulla crisi della democrazia e sulle sue “promesse non mantenute”. “Le parole non sono sempre innocue” come dice Ainis, a volte sono pietre ma altre volte formule magiche per resuscitare i fantasmi di settant’anni fa.