La crisi ciclica della politica democratica italiana, secondo Orsina
Il periodo 1989-1994 mostra similitudini con quello attuale. L'Italia dimostra di non avere compreso gli errori commessi allora e li ripropone ancora oggi. Un ciclo di incontri al Senato
Il problema del debito pubblico, la crisi valutaria, il protagonismo della magistratura, la gogna mediatica, l’antipolitica, il declino del sistema politico. I primi anni Novanta non sembrano poi così lontani. Non sono stati storicizzati, compresi, e l’Italia continua a commettere gli stessi errori. E’ a partire da queste premesse che la School of European Political Economy, la School of Government e la School of Law dell’Università Luiss Guido Carli di Roma hanno deciso di organizzare una serie di incontri dal titolo “1989-1994: ripensare la crisi italiana”. Un tuffo nel recente passato italiano, con l’obiettivo di giungere a una ricostruzione più puntuale e approfondita degli avvenimenti, in particolare attraverso una raccolta strutturata e guidata di testimonianze dei protagonisti dell’epoca.
Il primo incontro, dedicato al tema “Debito pubblico e lira nel contesto europeo”, si terrà giovedì 13 luglio (ore 15) presso la Biblioteca del Senato e vedrà la partecipazione del “gotha” della classe intellettuale e decisionale italiana di allora in tema di politica economica e monetaria: Giuliano Amato (ex presidente del Consiglio e giudice costituzionale), Piero Barucci (già ministro dell’Economia), Pierluigi Ciocca (ex vicedirettore generale della Banca d’Italia), Orazio Carabini (consulente per la comunicazione del Direttorio della Banca d'Italia), Enzo Moavero Milanesi (direttore Luiss School of Law), il giornalista e scrittore Alberto Giovannini e Carlo Bastasin. Introdurrà i lavori Marcello Messori, direttore della Luiss School of European Political Economy, mentre modererà il dibattito Massimo Giannini.
A spingere per la realizzazione degli incontri volti a rileggere la crisi italiana 1989-1994 è stato Giovanni Orsina, storico e docente alla Luiss: “L’idea nasce dalla consapevolezza, che peraltro aumenta col passare del tempo, che quello sia stato un passaggio cruciale della storia d’Italia, e che non si sia trattato di un passaggio solo italiano, ma della rappresentazione italiana di un fenomeno ben più ampio, di crisi generale della politica democratica”. Ma l’idea, prosegue Orsina, nasce soprattutto “dalla consapevolezza che stiamo ancora vivendo all’ombra di quella fase storica”: “E’ evidente che il 2011-2013 per molti aspetti è stato un riproporsi della stagione 1992-1993, seppur in forme diverse: la crisi valutaria, l’incompatibilità tra l’assetto nazionale e i vincoli internazionali, il collasso di un sistema politico, l’avvento di forze politiche del tutto nuove. Ciò che è successo ha dimostrato che un 1992 è ancora possibile, e ciò vuol dire che quei problemi non li abbiamo ancora risolti”.
Tanti gli episodi, in parte ancora avvolti nel mistero, su cui si proverà a fare luce durante gli incontri: il varo, nel marzo del 1993, del decreto Conso che depenalizzava il finanziamento illecito ai partiti, poi non firmato dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro dopo le proteste, esasperate dai giornali, da parte del pool di Mani Pulite; la formazione del governo Ciampi nell’aprile dello stesso anno, con il ritiro del Pds dei propri ministri la sera stessa del giuramento dell’esecutivo, dopo che la Camera aveva respinto buona parte delle richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi; l’evoluzione della strategia del pool guidato da Antonio Di Pietro, in particolare rispetto al Pds; la decisione di Scalfaro di sciogliere le Camere nel gennaio del 1994 e di andare alle elezioni; le stragi di mafia.
Senza dimenticare, appunto, ciò che avvenne sul piano economico e internazionale, in particolar modo europeo. “Sarà essenziale – anticipa Marcello Messori – capire come sia avvenuta la scelta di siglare l’accordo di Maastricht e in particolare se ci sia stata adeguata consapevolezza da parte delle forze politiche della crucialità di quel momento. Personalmente ritengo che quello fu un segnale positivo, ma la quasi unanimità con cui il Parlamento ratificò il trattato assomiglia molto a un episodio recente altrettanto importante per la costruzione dell’Unione europea e dell’unione economica e monetaria europea, ossia l’approvazione del Fiscal compact, con l’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio”.
Occorrerà capire, poi, “cosa avvenne durante e dopo la crisi valutaria del settembre 1992, con l’uscita dell’Italia dal sistema monetario europeo e la successiva svalutazione che sembrava aver compromesso la possibilità per l’Italia di partecipare alla fase iniziale del processo di costruzione monetaria europea. Le reazioni dei governi Amato, Ciampi e infine Prodi – aggiunge Messori – riuscirono a cambiare lo scenario. Un aspetto fondamentale fu la consapevolezza della necessità di aggiustare il debito pubblico, ed è inutile ricordare quanto sia attuale questo problema”.