L'incredibile storia del suicidio del Pd
Ha vinto e stravinto. Poi ha governato anche bene, con i mezzi che aveva. Ma oggi sembra un partito perdente, sfinito, incalzato da cazzoni che hanno eletto sindaci incapaci. Indagine sulla cialtroneria chiacchierona che tiene in ostaggio un paese
Una cosa unica, da sballo, come dicono i ragazzi. Grazie alla pigrizia politica di Bersani il Pd vince e non vince le elezioni del 2013. Senza la maggioranza al Senato, dopo lo sfortunato tentativo di Bersani di fare un governo senza i voti, e coi grillini che lo sfanculano grevemente, il presidente eletto dal protopd, Giorgio Napolitano, viene rieletto in situazione di penosa divisione parlamentare, e fa fare a calci nel culo al numero due del Pd Enrico Letta un governo con Berlusconi. Fatto fuori il Cav. da una sentenza imbarazzante per chi la emette, si trova una soluzione con i transfughi ministerialisti di centro di Forza Italia e con Denis Verdini sullo sfondo. Letta si mostra un docente di quelli lenti, e viene sostituito dal nuovo segretario del Pd, Renzi, con la stessa formula e un programma di svolta. Il paese mormora, la gente chiacchiera, i giornaloni sdotteggiano, e il Pd garantisce mille giorni di riforme e governabilità, con grandi progetti per il futuro cautelati da un accordo generale con un pezzo dell’opposizione, sempre Berlusconi. Napolitano, uomo d’onore, dopo due anni si dimette, non voleva essere rieletto, non è quel cazzone inutilmente ambizioso che i suoi denigratori dipingono, è tra i pochissimi che abbiano lasciato al momento giusto. Lo facessero certi direttoroni e manager il paese sarebbe migliore. Un uomo del Pd ha dato una prova di sé notevole.
Renzi prende il 40 per cento alle europee e dà una prima bastonata alle stupide ambizioni grilline. Fa delle cose sensate e importanti per l’economia e l’occupazione, che molti prima di lui avrebbero voluto fare e non sono riusciti a fare. Governa un paese in cui il risultato elettorale non avrebbe consentito governabilità, e con cipiglio. Poi fa Mattarella, uomo di impeccabile noia e dirittura istituzionale, presidente della Repubblica con un accordo parlamentare largo, cosa non semplicissima. Si infrange infine sullo scoglio della legge elettorale e del referendum, si dimette onorevolmente, ci lascia in eredità un governo Pd a guida Gentiloni che ora raccoglie la crescita all’uno e quattro per cento e una prospettiva seria di ripresa nazionale in molti campi decisivi. Sono passati quattro anni e mezzo dalle elezioni. Gli eletti sono pagati per governare e cercare o trovare delle soluzioni convincenti, levando il paese dai pasticci quando i pasticci ci sono. E’ esattamente quanto ha fatto il Pd, anno per anno, sensatamente.
Risultato. Il Pd è in mille pezzi. Il successo ha dato alla testa alle sue correnti rottamate. Ha azzeccato tutto o quasi tutto, si è diviso in uno scontro di potere insensato. Ha vinto e stravinto, sembra un partito perdente, incalzato da cazzoni che hanno eletto sindaci demenzialmente incapaci di fare il loro lavoro. Non è surreale? Non è straordinario? Non è del tutto inverosimile, tipo strano ma vero? In un paese appena normale il Pd farebbe la figura della Merkel in Germania, non quella di Hollande in Francia. I cittadini capirebbero che hanno avuto a che fare con una classe dirigente professionale, che ha fatto quel che era tenuta a fare. Invece, scherzi dell’ideologia, della faziosità, della opposizione simpatia antipatia, della cialtroneria chiacchierona dei media, l’Italia che ha applicato da sinistra la lettera famosa della Bce, che ha incominciato a cambiarsi d’abito e a modernizzarsi, che ha anticipato il fenomeno Macron, che si avvia alla ripresa, pullula di gigioni che non riconoscono il contributo del Pd alla governabilità e alla guida del paese sulla strada giusta. Ma si può?