La comica tragicità dell'ormai acclarato autoritarismo grillino
E' in corso il casting ministeriale. Ma se i fatti che ricordiamo son veri, quale democratico sarebbe disponibile a svolgere funzioni in nome e per conto di un movimento autoritario?
Al direttore - Il nostro sgangherato sistema politico non finisce mai di sorprenderci. Innanzitutto i deputati grillini sembrano essersi messi a studiare organizzando alcuni convegni con ospiti di riguardo. C’è anche un tocco di internazionalità che non fa male e fa molto chic. Invece quel che appare come un gioco tragico è il casting ministeriale che Casaleggio e Grillo stanno facendo in tutta Italia dimostrando così in quale conto tengano dopo 4 anni tutta la propria classe dirigente parlamentare. I Di Matteo e i Minenna sembrano essere stati già ingaggiati. Il prof. Minenna ci è già capitato con l’assessorato al Bilancio al comune di Roma ed è dovuto fuggire per non tradire la sua credibilità scientifica. Tutti parlano male della politica e dei governi ma se, per necessità o per furbizia, qualche partito fa balenare una opportunità di una poltrona di governo ecco che si apre subito una corsa forsennata. Mai nella storia repubblicana si è visto un movimento politico così forte per consenso e così povero di saggezza politica e di competenze specifiche come il Movimento 5 stelle certificato non da noi ma dagli stessi fondatori e proprietari del movimento. Due annotazioni però sull’argomento vanno fatte. Grillo e Casaleggio dovranno ricordare ciò che disse Guido Carli a Giulio Andreotti quando accettò l’invito a ricoprire la carica di ministro del Tesoro. Carli pose come condizione per accettare l’incarico che gli altri due ministri finanziari fossero dei politici perché, disse, “il governo dei tecnici o è una illusione o è una eversione”. In realtà questa lapidaria frase di Carli la devono ricordare anche i tecnici “disponibili” a incarichi ministeriali perché mai come in questa stagione il rischio della eversione è notevole e la incompetenza politica finisce sempre per assecondarla. Noi siamo abituati da decenni a non usare toni forti o strumentali e meno che meno a insultare qualcuno dei protagonisti politici ma sentiamo il dovere di ricordare ai tanti che sembrano dimenticarlo che i partiti, e più ancora i movimenti, si organizzano con modelli che intendono poi trasferire all’interno delle istituzioni democratiche. Questa è una regola storicamente documentata. Un movimento od un partito come quello dei 5 stelle che viene guidato da un dirigente di una azienda informatica non eletto da nessuno ma tale solo per la memoria del suo immaginifico papà e da un ottimo attore comico le cui parole fanno e disfano linee politiche e carriere personali, è un movimento autoritario. Un autoritarismo che si esprime in modi diversi ma continui. La espulsione di oltre trenta parlamentari getta una luce inquietante sul movimento perché chi toglie alcune libertà ai deputati prima o poi le toglierà al paese; se i capi di un movimento fanno quattrini con il proprio lavoro ma impoveriscono i parlamentari rendendoli ubbidienti e degradando la propria funzione, prima o poi faranno la stessa cosa alla società cercando di rendere tutti più uguali nella povertà eccezion fatta, naturalmente, per i capi; se si fa della piazza virtuale l’ipocrita soggetto di ogni decisione si prepara un’avventura autoritaria come è sempre avvenuta nella storia dell’uomo e non a caso il movimento ha scimmiottato un lessico della rivoluzione francese nel periodo giacobino chiamando i parlamentari “cittadini” e istituendo il direttorio che nella storia ha preceduto l’arrivo di Napoleone che mise a ferro e fuoco l’intera Europa. Insomma non c’è giorno che non appaia in tutta la sua comica tragicità il profilo autoritario del Movimento 5 stelle. Se i fatti che ricordiamo son veri, quale democratico sarebbe mai disponibile a svolgere funzioni in nome e per conto di un movimento autoritario? Forse solo gli opportunisti o, come ricordava proprio Napoleone, quella intendenza che segue sempre i presunti vincitori. Vorremmo però tranquillizzare un po’ tutti ricordando che la lettera e la prassi costituzionale impone al presidente della repubblica di scegliere, dopo le consultazioni, il presidente del consiglio incaricato tra chi è nelle condizioni di formare una maggioranza parlamentare non chi è arrivato prima e non manderà mai in parlamento un governo di minoranza perché in quel caso dovrebbe essere un governo del presidente, non un governo di una parte.
Il ritorno democratico-cristiano
Passando da un capo all’altro, si stanno intensificando le riunioni di molti rappresentanti della politica e della cultura democratico-cristiana che, pur militando oggi in partiti diversi, sembrano riscoprire i fondamentali comuni che nascono dalla esperienza del cattolicesimo politico. Abbiamo sentito cose molto interessanti in queste settimane, in particolare quell’invito forte e condiviso a fare un esame di coscienza generale per non aver contrastato per tempo quella nuova ideologia del nuovismo e della forte personalizzazione della politica incapace di coniugare la difesa delle libertà conquistate con la giustizia sociale. I frutti di questi fenomeni politici perversi li abbiamo sotto gli occhi con le intollerabili disuguaglianze, con il raddoppio delle povertà, con una crescita ferma da oltre venti anni e con la crescente egemonia del capitalismo finanziario e della riduzione della democrazia in tutti i partiti. Non sappiamo se questa iniziativa finirà nel nulla o sortirà l’effetto di riportare in Italia, dove è nato, quel cattolicesimo politico che governa in Germania, in Austria, in Spagna e in molti altri paesi dell’Europa dell’est ed è presente in tutto il mondo. In questo caso non sarebbe una cattiva notizia.