Bonus o malus?
Il governo rinnova il Bonus cultura da 500 euro per i 18enni. Ma ha visto se ha funzionato?
Roma. Il Bonus cultura da 500 euro per i diciottenni da spendere in libri, cinema, concerti e musei verrà elargito anche ai ragazzi nati nel 1999. Il rinnovo era stato già previsto con la legge di Bilancio del 2017, ora manca solo il decreto ministeriale che – fanno sapere dalle parti del governo – è quasi pronto e arriverà entro poche settimane, prima della fine dell’estate. La linea sembra tracciata, ma forse prima di riproporre una politica sperimentale sarebbe utile guardare a come ha funzionato e a cosa è servita. Il bonus era nato come misura anti-terrorismo in seguito alla strage islamista di Parigi del 13 settembre 2015: “La risposta al terrore dell’Italia non può essere solo securitaria – disse l’allora premier Matteo Renzi – per ogni euro in più investito sulla sicurezza deve esserci un euro in più investito in cultura”. In effetti, per fortuna, in questi anni l’Italia non ha subìto attentati terroristici, ma sarebbe ardito attribuire questo risultato al bonus, che invece aveva comunque un altro nobile scopo, quello di stimolare e supportare l’interesse dei neodiciottenni verso il mondo della cultura. C’è quindi da chiedersi, il bonus ha funzionato in questo senso oppure no?
I dati forniti dal ministero dei Beni culturali possono dare qualche indicazione. Per il primo anno il governo aveva stanziato con la legge di Stabilità 2016 circa 287 milioni di euro destinati ai 575 mila diciottenni nati nel 1998. Al 30 giugno 2017, termine ultimo per richiedere il bonus, si sono registrati 351 mila aventi diritto (circa il 60 per cento del totale). Vuol dire che due ragazzi su 5 non hanno richiesto i 500 euro, facendo scendere il plafond impegnato da 287 a 175 milioni (con un risparmio di 112 milioni). Di questi 175 milioni, che rappresentano il nuovo tetto massimo di spesa, finora sono stati spesi e prenotati 71 milioni (circa il 40 per cento), anche se c’è tempo fino al 31 dicembre per completare gli acquisti. Ma come hanno speso i giovani il bonus? La gran parte del budget, circa il 75 per cento, è stato impiegato nell’acquisto di libri per un totale di circa 55 milioni; la seconda voce di spesa è l’acquisto di biglietti per i concerti a cui è stato destinato il 12,5 per cento del bonus, pari a quasi 9 milioni di euro (una voce in aumento soprattutto in questo periodo estivo); seguono i biglietti per il cinema per un valore di oltre 6 milioni (circa il 9 per cento); poi teatro e danza per 800 mila euro (1 per cento) e a scalare musei, parchi ed eventi culturali.
Nel primo anno ci sono stati sicuramente dei problemi dovuti alla fase sperimentale, ad esempio è probabile che il 40 per cento dei ragazzi che non ha richiesto il bonus non abbia avuto sufficienti informazioni oppure che abbia avuto difficoltà con la procedura di registrazione, che prevedeva l’iscrizione alla piattaforma informatica “18app” dopo aver ottenuto un’identità digitale attraverso le credenziali “spid”. Nelle prime fasi del progetto molti ragazzi hanno avuto maggiori difficoltà ed è possibile che alcuni abbiano rinunciato, ma si tratta di ostacoli che non si ripresenterebbero per il secondo anno. Un altro problema è legato al numero basso di esercenti registrati, circa 3.500 in tutta la penisola, concentrati nelle grandi città e presenti solo in un comune su otto. Anche in questo caso è probabile che con il passare degli anni più esercenti si iscrivano alla piattaforma, ampliando l’offerta, ma in ogni caso non è stato un grandissimo intoppo visto che i ragazzi hanno speso il 55 per cento del bonus online, su piattaforme di e-commerce e non in negozi fisici. Altra nota dolente è stata quella delle truffe. Come era immaginabile, data la natura del bonus, diversi commercianti si sono messi d’accordo con i ragazzi acquistando in maniera truffaldina il bonus da 500 euro per una somma inferiore. Allo stesso modo, molti diciottenni che hanno capito come funziona il mercato hanno messo in vendita sui social network i propri buoni a metà del valore nominale. Bonus in cambio di cash. Ma anche in questo caso si tratta casi che, seppur frequenti e in un certo senso prevedibili, non sono maggioritari.
Oltre a valutare tutti questi problemi, il governo dovrebbe chiedersi se, a distanza di un anno, il Bonus cultura è stato una buona misura per l’obiettivo che si prefiggeva. Davvero i diciottenni si sono avvicinati di più alla cultura? La spesa in libri farebbe pensare di sì, ma siamo sicuri che si è trattato di spesa aggiuntiva? Il bonus, elargito senza alcuna distinzione di reddito, può essere stato un sussidio alle famiglie più facoltose che hanno semplicemente sostituito il mezzo di pagamento senza aumentare la spesa complessiva. E se anche i 18enni avessero comprato più libri per un anno, il bonus modificherà in maniera permanente la loro dieta culturale e la loro spesa futura? Oppure è possibile che, con tutti quei libri sul comodino, l’anno successivo ne compreranno meno?
Sono giudizi che non dovrebbero essere espressi sulla base di opinioni, ma – come per ogni altro tipo di sussidio – sulla base di un’analisi dei numeri. E il governo ha tutti i dati in mano per fare questo tipo di valutazioni. Inoltre, sempre sulla base dei dati, se anche riscontrasse un qualche effetto positivo del bonus, dovrebbe comunque chiedersi se non ci siano modi migliori per spendere i soldi a favore dei giovani.