Cronaca di una giornata surreale aspettando Grillo in Aula (in nome del vitalizio)
Non ci si smette di domandare, dentro e fuori dall’Aula, chi sia “il vero padre” del progetto di legge Richetti, deputato renziano del Pd considerato dai critici “colui che ha ceduto alle sirene dell’anticasta”
Roma. Si dibatte alla Camera di vitalizi e pensioni calcolate con il sistema contributivo per tutti i parlamentari (compresi gli ex parlamentari), ma Beppe Grillo, ospite d’onore, si fa a lungo attendere in tribuna dopo essersi annunciato il giorno prima su Twitter. E non si capisce, lì per lì, se il motivo dell’assenza di Grillo sia un mal di testa improvviso o un colloquio con il deputato Riccardo Fraccaro, anche plenipotenziario-controllore nella Roma di Virginia Raggi. Ma intanto non si smette di domandarsi, dentro e fuori dall’Aula, chi sia “il vero padre” del progetto di legge Richetti, deputato renziano del Pd considerato dai critici “colui che ha ceduto alle sirene dell’anticasta”. E a un certo punto del pomeriggio, respinta a larga maggioranza la pregiudiziale di costituzionalità, per un Matteo Richetti che, dal Pd, assicura di non avere altro obiettivo che quello di modificare i vitalizi dei parlamentari e di non essere in prima linea per intestarsi o meno il provvedimento, c’è un Alfonso Bonafede che, dai Cinque Stelle, dice che “con il Pd non c’è asse”, e che la legge è in Aula grazie al M5s (“il Pd mette il cappello sulla legge?”, ha detto Bonafede, “beh per me può dire quello che vuole... Richetti la proposta di legge sui vitalizi l’ha scritta 2-3 anni fa ma il Pd non la portava in Aula perché sono abituati a prendere in giro gli italiani. La legge Fornero ai cittadini italiani l’hanno applicata in mezza giornata, per i parlamentari però aspettano la prossima legislatura”). Ma i colori non sono così netti.
Danilo Toninelli dice “il M5s non vuole mettere il cappello sulla legge”, e però sottolinea: “Si dice pdl Richetti ma si legge Lombardi”, dal nome della deputata a Cinque Stelle Roberta. Tanto che Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera grillino, il cappello della legge anti-vitalizio se l’è già messo: “…la casta dei parlamentari Pd vuole tenersi il privilegio”, dice con tono da tribuno diverso da quello sfoggiato in tv: “…la posizione del M5s è netta e non è mai cambiata. Ai parlamentari della Repubblica deve essere applicato lo stesso trattamento pensionistico dei comuni cittadini, ossia la legge Fornero. Ed è quello che abbiamo proposto con un emendamento alla legge Richetti…”.
E chissà dove si trova la realtà dei fatti, mentre la surrealtà prende piede: si discute di vitalizi, sì, ma il mantra generale è “che tanto il tutto si arenerà in Senato o comunque verrà giudicato incostituzionale”. Lo dicono gli uni e gli altri, mentre l’assenza di Grillo – assenza che si protrae fino alle sette della sera, quando lo si vede spuntare in tribuna – diventa il vero caso della giornata (starà vedendo di nuovo la Raggi per l’acqua?, è il dubbio che serpeggia, tantopiù che i vertici del Comune di Roma, in quelle ore, sono a colloquio con i vertici della Regione Lazio per parlare di emergenza idrica che c’è e non c’è). E Grillo, quando arriva, dice in altre parole quello che dice Toninelli (“se la prendano, la paternità della legge”, e i maliziosi ci vedono un modo per addossare preventivamente ai nemici pd il fallimento che verrà – in Senato o via Consulta). “Se si pensa che si sia in presenza di un reato di vitalizio allora lo si codifichi, si dica che i parlamentari sono ladri di pensioni, si stabiliscano le pene” , dice intanto da Forza Italia Simone Baldelli, intestandosi non la legge ma “l’ironia”, che è “soggettiva e non contagiosa”. E mentre Bruno Tabacci, dal Centro democratico, critica la proposta come “strumentale” e percorsa da un certo “dilettantismo giuridico”, visto anche il fatto che il vitalizio è parte degli istituti che tutelano la libertà del parlamentare e sono alla base “delle regole della rappresentanza”, Alfredo D’Attorre, da Mdp, si dichiara “fortemente critico” per via dell’aria “elettoralistica” di una proposta che tralascia “la discussione generale sui costi della politica”.
Intanto il presidente dell’Associazione ex parlamentari Antonello Falomi, interpellato in proposito, guardando il Pd, dice che “chi ha ha proposto la legge sa che, se fosse approvata, verrebbe poi giudicata incostituzionale”, ma, guardando i Cinque Stelle, non di meno si stupisce: “Hanno gridato ‘no’ al referendum in nome del Parlamento e ora tirano palate di letame sullo stesso Parlamento?”. E nel complesso, a Falomi, la legge pare “un’arma di distrazione di massa con cui cavalcare temi a Cinque Stelle, invece di dedicare tempo a risolvere i problemi alla base del malcontento che porta l’opinione pubblica a farsi distrarre dall’arma di distrazione di massa”. E un altro ex parlamentare, lo e storico volto diccì Gerardo Bianco, definisce la giornata d’Aula anti-vitalizio “una delle pagine più vergognose” della recente storia di Palazzo: “…un voto contro il Parlamento e contro la storia, frutto di demagogia che sta distruggendo l’eredità della cultura illuminista – la tutela della libertà del parlamentare – per inseguire il grido anticasta del saltimbanco Grillo”. Ma tanto, dice un Bianco-Cassandra, “faranno un buco nell’acqua: questa legge sarà giudicata sicuramente incostituzionale”. E mentre cala la sera può succedere qualsiasi cosa, ma tutti già vedono il futuro.