Virginia Raggi (foto LaPresse)

Quand'è che la facciamo finita con la Raggi? Urge mobilitazione

Giuliano Ferrara

E’ il momento di adire in giustizia, di mobilitare l’opinione pubblica, di gridare lo scandalo dell’incompetenza acclarata alla guida della città. E’ venuto il tempo di un processo internazionale al governo grillino di Roma

La Raggi si sente, l’opposizione no. Notizie della Raggi: l’assessore all’ambiente via, questioni giudiziarie; il capo di gabinetto via; Marra in carcere e a processo per arricchimenti personali, era l’uomo di fiducia; l’assessore al bilancio via, incompatibilità; un certo pettegolo Berdini, garante dell’asse tra grillini e intellettualità da sbarco, via con scandalo e chiacchiere da bordello; lo stadio della Roma sì e poi no; le Olimpiadi no, il Coni resta fuori della porta; rifiuti, crisi devastante e teorie del complotto; acqua capitale, un insieme di falsi allarmi e di stramberie amministrativamente gravi; non ho la forza di continuare l’elenco, al cui termine provvisorio sta la seconda gestione fallita del problema dell’Atac, i trasporti collettivi in città. Che altro ci vuole perché si muovano e si facciano sentire le opposizioni, in primo luogo il Pd che ci ha regalato Marino, la decomposizione politica della sua giunta, le elezioni plebiscito per i somari al governo? Invece la Raggi si sente, è uno stridio continuo, un balbettamento petulante, e l’opposizione no. Al massimo hanno ripulito loro le strade come se fossimo in Svizzera, roemische Kanton, o hanno tenuto a precisare che Roma è in mano a Mafia Capitale nonostante quanto qui scritto per tre anni dal primo momento, malgrado la sentenza. Grottesco.

 

Orfini mi sembra un politico banale. Giachetti è stato un combattente, di particolare valore perché ha saputo abbracciare cause perse, come la sostituzione dell’eccellenza Marino dopo una crisi in cui l’azione grillina dei pm si è fatta sentire parecchio, lo volessero o no, e la volontà di impotenza piddina ha fatto il resto. Ora mi sembra venuto il tempo di un processo internazionale al governo grillino di Roma, alla sindaca fallimentare. Di una petizione per commissariare il Campidoglio e rintuzzare gli effetti della demogogia così cattiva consigliera degli elettori romani, che non ne possono letteralmente più del risultato della loro scelta. Di una offensiva liberalizzatrice fatta con ogni mezzo, non solo referendario. E’ il momento di adire in giustizia, di mobilitare l’opinione pubblica, di gridare lo scandalo dell’incompetenza acclarata alla guida della città. Invece abbiamo palliativi, mezze parole, esibizioni stantie di falso garantismo, espressioni di debolezza avvolte nel silenzio, che non è come si dice banalmente “assordante”, è proprio un sussurro impercettibile, la dimostrazione che i partiti e i movimenti a Roma sono tetanizzati di fronte al malfatto e non sono in grado di riparare con una battaglia liberatrice.

 

Roma dovrebbe fiorire di comitati ad hoc, di gruppi territoriali che fanno battaglie sacrosante per un’amministrazione non dico germanica, qui i lanzi hanno saccheggiato ma non hanno mai lasciato una pedagogia del vivere civile, e forse Roma non ne ha nemmeno bisogno, ma almeno tollerabile. Qualcuno dovrà organizzare gli albergatori che si sentono chiedere: “Ma ce l’avete l’acqua?”. Qualcuno dovrà promuovere sui social esperienze come “Roma fa schifo”, esibire testimonianze, protestare ad alta voce contro il passaggio ogni buona mezz’ora degli autobus. Ci sono immigrati che per un soldo bucato spazzano le piazze intorno alle aree giochi dei bambini. Ci sono condomini che si quotano per riparare all’assenza funzionale del settore giardini, e rendere meno giunglesche e fatiscenti le aiole davanti casa. Ci sono grandi e piccole battaglie da fare per risalire la china e in giro si vede, se non sbaglio, una indolenza tipicamente romana. Quand’è che la facciamo finita?

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.