La lista Carfagna
Migranti, flat tax, pax con Salvini. Nel centrodestra c’è una Mara in corsa. L’abbiamo intervistata
Roma. La campagna elettorale non si vede, ma c’è, appena soffocata dalle ferie anche parlamentari imminenti. E c’è anche il centrodestra – che non s’era quasi visto per lunghi mesi e invece, tra sondaggi ottimistici e riviviscenza del Silvio Berlusconi da prima linea, è tornato a essere competitivo (anche vista la momentanea pax Forza Italia-Lega). E Mara Carfagna, già ministro per le Pari opportunità nel quarto governo Berlusconi, deputata di FI e consigliere comunale a Napoli, dice che il centrodestra “è tornato a essere competitivo, intanto, per il rinnovato impegno di Berlusconi, nonostante la persecuzione giudiziaria e mediatica da lui subita, persecuzione senza precedenti che ha portato anche alla sua estromissione dal Parlamento. Tutto questo ha avuto ripercussioni sullo stato di salute del partito. Ma ora, simbolicamente, rivedere Berlusconi in campo può, da un lato, motivare l’elettorato, e dall’altro dare l’occasione al centrodestra di scrollarsi di dosso il complesso di inferiorità che per anni il centrosinistra e la grancassa dei giornali compiacenti hanno alimentato nei confronti della nostra parte politica. La storia del centrodestra è una storia di cui essere orgogliosi, perché fatta non di slide con i pesciolini, non di tweet, ma di azioni che hanno cambiato in meglio il volto del nostro paese”. E a questo punto, però, bisogna anche dire a Mara Carfagna che, nel Palazzo, c’è chi vede Berlusconi pronto a investire su di lei, l’ex ministro che negli anni difficili non si è tirata indietro, nell’ottica della guida del centrodestra verso le elezioni.
Carfagna si schermisce, tuttavia ribadendo l’impegno: “Le leadership non si costruiscono in laboratorio, ma sulla fiducia e sul consenso. E oggi soltanto Silvio Berlusconi ha la fiducia e il consenso per guidare il centrodestra. Detto questo, per me la politica, a cui sono arrivata tardi e da tutt’altra strada, è il campo in cui restare. Per me è una specie di missione laica: vorrei continuare a combattere in qualsiasi ruolo per le idee in cui credo”. E allora “missione laica” significa anche sottolineare “le cose fatte dai governi di centrodestra”, dice Carfagna, “provvedimenti oggi rivalutati, tanto più se si guarda alle cose non fatte dai governi di centrosinistra: noi non siamo quelli del Jobs Act, non abbiamo drogato il mercato del lavoro con incentivi a pioggia. Siamo quelli della riforma Biagi, che ha creato 1,5 milioni di posti di lavoro. Non siamo quelli della riforma Madia ma della riforma Brunetta – che, molto prima che se ne parlasse a sinistra, ha messo mano al problema dell’efficienza, della trasparenza e dell’assenteismo nella Pa. Siamo quelli della legge sullo stalking. Non siamo quelli che hanno speso 30 miliardi di euro in tre anni per gli 80 euro. Siamo quelli che le tasse le hanno ridotte davvero, tra il 2005 e il 2006, attraverso i due moduli della riforma fiscale che hanno restituito, sotto forma di minori tasse, tredici miliardi di euro ai cittadini. E poi: è grazie alla trattativa condotta nel 2005 da Berlusconi che l’Italia ha ottenuto flessibilità in Europa. Renzi invece ha detto sì a tutto, salvo poi fare la voce grossa a favore di telecamera. E questi sono fatti, non tweet”.
Da qui si parte, dice l’ex ministro, “per combattere sia l’evanescenza del centrosinistra sia l’incapacità di governo dei Cinque stelle, lo dico pensando a Roma”. Poi ci sono le proposte: “Intanto: flat tax e riduzione fiscale vera. Noi diciamo: pagare tutti, ma pagare meno. Ridurre la pressione fiscale per le famiglie e per le imprese in modo da rimettere in moto l’economia, ma assicurare allo stato l’incremento del gettito”. E se si chiede a Carfagna che cosa dovrebbe esserci nella legge di Stabilità per poter pensare a un voto favorevole di FI, Carfagna risponde che “dovrebbe cambiare l’intera impostazione filosofica che sta alla base della politica economica di questo governo. Se i dieci miliardi l’anno usati per finanziare gli 80 euro fossero stati usati per ridurre le tasse, allora forse potremmo gridare davvero alla ripresa. Idem per i 19 miliardi del Jobs Act. Noi non siamo per i bonus e gli una tantum, ma per aiuti strutturali alle fasce deboli. A che cosa ti serve la flessibilità ottenuta dall’Europa se poi la usi soltanto per comprare il consenso? Quanto alle misure anti-povertà messe in cantiere dal governo Gentiloni dico: è presto per giudicare sui dati, ma non è presto per dubitare che queste misure possano essere davvero risolutive”.
In questo momento, però, con gli sbarchi e i presunti patti scafisti-Ong, il primo punto della futura agenda elettorale di qualsiasi forza politica sarebbe forse la questione-migranti. Carfagna dice: “Va bene essere accoglienti con chi fugge da guerre e persecuzioni, bene la solidarietà. Ma la solidarietà va coniugata con il rigore nel far rispettare la legge. Chi non ha diritto di stare sul nostro territorio deve essere rimpatriato”. Le parole di Carfagna, per Carfagna, non sono condizionate dalla nuova pax Forza Italia-Lega: “Con la Lega abbiamo un lungo rapporto di collaborazione. Abbiamo governato bene insieme. Una cosa sono i toni, una cosa i fatti. D’altronde io credo che non si possano definire razzisti – tranne casi limite di intolleranza – i cittadini che temono un’ondata migratoria fuori controllo. Dietro a quella paura, c’è il desiderio che l’ondata sia gestita e non subìta. C’è il desiderio di difendere uno stile di vita, una cultura e un’identità di fronte a culture non diverse, ma in alcuni casi addirittura ostili rispetto alla nostra. La diversità è sempre un valore, l’ostilità rappresenta una minaccia. Bisognerebbe avere il coraggio di dire: io vi accolgo, ma voi dovete rispettare le nostre leggi e la nostra cultura. Qui non c’è la poligamia, qui le donne non vogliono rinunciare ad alcun diritto. E questo è un discorso più ampio, che porta sul terreno della lotta ai populismi”. Populismi che prosperano facendo su vari tipi di rabbia e paura rispetto appunto a ondate migratorie, povertà, globalizzazione. “Non possiamo non guardare al disagio e alla sofferenza”, dice Carfagna: “Tutta l’Europa ha attraversato la crisi. Noi abbiamo problemi enormi che si chiamano debito pubblico, divario Nord-Sud, rischio-povertà, disoccupazione giovanile. Per rispondere all’angoscia dei cittadini, ci sono due strade. Risposta populista: trasformo la rabbia in voti e poi non so che cosa farmene, vedi caso Roma. Risposta non populista: guardo in faccia la rabbia e la trasformo in desideri che la politica può e deve esaudire. Quale desiderio c’è dietro alla paura delle ondate migratorie? Come abbiamo visto, quello di non perdere la propria identità. Dietro alla paura della globalizzazione, quello di tornare al livello di benessere che si pensa la globalizzazione abbia compromesso. E c’è un ceto medio che vorrebbe recuperare il livello di reddito che aveva prima della crisi”.
Intanto, però, per guardare in faccia la paura dell’ondata migratoria, c’è anche un fatto: il braccio di ferro Italia-Europa. “L’Italia è stata lasciata sola”, dice Carfagna. “Anche per questo, per mostrarsi uniti di fronte a un’Europa di egoismi vergognosi, e pur con fiducia condizionata all’esito, abbiamo votato per la missione navale in Libia. Ma di fronte a questa Europa ci vuole autorevolezza e credibilità. Berlusconi fu tra i primi a difendere gli interessi italiani, nonostante la forza dell’asse franco-tedesco. Io sono europeista, però l’Europa deve cambiare: deve difendere i propri confini, non intralciare burocraticamente la vita dei cittadini. E l’Italia deve dirlo a voce alta”. C’è intanto un problema di rapporto con alcuni grandi paesi europei, come si è visto per il caso Fincantieri, che ha visto contrapposte Italia e Francia: “Il governo Gentiloni si è mosso tardi e male”, dice Carfagna, “di fronte all’atteggiamento protezionistico francese. Questi giorni mi ricordano tristemente quelli della primavera del 2011, in cui l’allora presidente Nicolas Sarkozy, in un’apoteosi di grandeur, decise di procedere sulla Libia senza consultarci. Oggi, sulla vicenda Fincantieri, viene offerto il contentino della collaborazione: ma lo si capiva già dalla campagna elettorale di Emmanuel Macron che si sarebbe arrivati a questo. E non si è fatto nulla per evitarlo. Oggi l’unica strada potrebbe essere quella della procedura di infrazione”. In questo quadro di preoccupazioni internazionali, spunta però sempre, nel dibattito, l’argomento elettorale. “Dovremo affrontare il problema della trasformazione dei voti in seggi in un sistema tripolare”, dice Carfagna. “E, come dice Berlusconi, in un quadro tripolare una legge proporzionale garantisce meglio la rispondenza dei seggi ai voti”.
Se la campagna elettorale prendesse l’avvio oggi, Carfagna partirebbe da “un cambio di linguaggio”: “Serve il linguaggio della serietà di fronte alla fratture profonde che spaccano il paese. Metterei al primo punto l’urgenza di riequilibrare le diseguaglianze, il contrasto alla disoccupazione giovanile e alla povertà – anche educativa. E la gestione delle ondate migratorie senza falsi buonismi, utili magari a servire interessi di parte”.