Guerra d'intelligence
In quale direzione può muoversi la politica per dare ai servizi segreti gli strumenti per proteggere il paese
La legge 3 agosto 2007 n. 124, rimane uno dei rari casi di legislazione bipartisan prodotta dal Parlamento italiano sul difficile terreno delle riforme istituzionali e rappresenta un esempio da imitare sotto molti profili: l’ampio consenso politico ha saputo infatti tradursi in un intervento riformatore di grande portata, che ha profondamente innovato uno dei settori più delicati dell’amministrazione pubblica del nostro Paese.
Questo non facile lavoro è stato svolto in un clima di stretta e proficua collaborazione con il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il rinnovato Copasir, chiamato dalla legge a esprimere il proprio parere su tutti gli schemi di regolamento predisposti dal governo. Se si tiene conto che il Comitato, per espressa previsione della legge, è composto in ugual misura da esponenti della maggioranza e delle opposizioni e che il suo presidente deve essere eletto tra questi ultimi, è facile dedurre che lo spirito bipartisan che contrassegnò l’iter parlamentare della riforma ne ha accompagnato anche la fase di prima attuazione e permane in quella di piena entrata a regime. E' questo un dato politico-istituzionale di decisiva importanza per il successo di una legge che si è posta un obiettivo necessariamente ambizioso e di grande respiro – l’istituzione di un sistema di informazione – per garantire un valore costituzionale primario, “la sicurezza della Repubblica”. La stessa Corte costituzionale ha avuto occasione di richiamare la sua giurisprudenza sul “supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità internazionale, e cioè l’interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, alla propria indipendenza e – al limite – alla sua stessa sopravvivenza”. Un interesse, ha sottolineato la Corte, che nella nostra Carta costituzionale trova espressione all’articolo 52, in base al quale la difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Norma tutt’altro che isolata, se è vero che essa deve essere posta “in relazione con altre norme della stessa Costituzione che fissano elementi e momenti imprescindibili del nostro Stato” quali “la indipendenza nazionale, i principi dell’unità e indivisibilità dello Stato (art. 5) e la norma che riassume i caratteri essenziali dello Stato stesso nella formula di Repubblica democratica”.
Quella che mi sono appena permesso di richiamare (Corte Cost. sent. n. 106 del 3 aprile 2009) non è solo l’efficace sintesi di una trentennale, consolidata giurisprudenza della Corte, ma è anche la puntuale ricognizione del perimetro costituzionale nel quale si inscrive – e al quale è saldamente ancorato – il complesso delle missioni istituzionali affidate dalla riforma alle due Agenzie di informazione: ricerca ed elaborazione di “tutte le informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica” per l’Aise, ricerca ed elaborazione di tutte le informazioni utili a difendere “la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento” per l’Aisi. In estrema sintesi, si tratta dunque di raccogliere ed elaborare tutte le informazioni utili a difendere la Repubblica, vale a dire non il solo apparato statale, bensì lo Stato-comunità. In altri – e meno giuridici – termini, la riforma mira a porre l’intelligence al servizio del sistema-Paese e, di conseguenza, concepisce l’intelligence stessa come un sistema, cioè come un insieme di parti cooperanti tra di loro per il conseguimento del fine comune, che coincide con la stessa salus rei publicae.
La nozione di sistema costituisce la chiave interpretativa per l’attuazione della nuova disciplina: fare sistema significa, in questo caso, saper diminuire la separatezza tra i diversi apparati, coordinandone il funzionamento senza pregiudicare la riservatezza. In questa prospettiva appare fondamentale, innanzitutto, la scelta del legislatore di accentrare nel vertice di governo tutta la responsabilità politica delle attività di informazione per la sicurezza. Funzionale a questa impostazione è anche il rafforzamento del Comitato interministeriale (Cisr) che coadiuva il presidente del Consiglio nella direzione del settore. Al Comitato spetta, tra l’altro, “deliberare sugli indirizzi e sulle finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza”. Diminuire la separatezza significa anche aprire lo spazio necessario ai controlli: a quello parlamentare, di cui ho prima detto, come a quelli interni, i quali ultimi trovano nell’ufficio ispettivo del Dis un’articolazione assolutamente nuova e ormai consegnata a una piena operatività. Diminuire la separatezza significa, infine, superare la vecchia cultura del sospetto battendo le vie nuove indicate dalla riforma: comunicazione istituzionale e promozione della cultura della sicurezza. In entrambi i casi si tratta di un lavoro di lunga lena, che proprio per questo richiedeva di essere iniziato al più presto. Ed è quel che si è fatto. Primi, piccoli passi, certamente, ma mossi con fermezza, nella convinzione che il futuro della nuova intelligence italiana dipenda anche dalla capacità di instaurare un significativo rapporto con i settori fondamentali del sistema-Paese, primi tra tutti i giovani, il mondo accademico e culturale, le imprese e i media.
*L’intervento sarà pubblicato sul numero di Formiche in uscita e dedicato al decennale della riforma dei servizi segreti italiani