La Puglia, grazie al M5s, celebrerà le vittime meridionali del Risorgimento
La mozione dei 5 stelle per indire una Giornata della memoria
Abbondano in Puglia gli storici locali fatti in casa e dotati di una certa vis retorica, quindi non sorprende che in questi giorni impazzi un dibattito sul Risorgimento. Più precisamente, sul 13 febbraio: data che nel 1861 segnò la capitolazione di Gaeta, rifugio estremo di Francesco di Borbone, e che dal 2018 segnerà la Giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia. La mozione, approvata dal consiglio regionale pugliese sotto l’occhio benevolo di Michele Emiliano, è stata presentata dal Movimento 5 stelle. Non deve stupire che un partito abitualmente più interessato a utopie future si lasci andare a sussulti revisionisti. Se la storiografia grillina decide di accanirsi sul Risorgimento, è perché l’approccio collima con ideologia e prassi pentastellate. Alla base di tutto, ovviamente, c’è un complotto, che per il M5s è come l’immancabile manoscritto ritrovato dei più classici fra i romanzi storici, e che nella mozione pugliese s’incarna nel “pezzo di storia rimosso”. Il senatore Sergio Puglia ha annunciato a Palazzo Madama di avere appena scoperto che “durante l’annessione fecero al sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto” e ha svelato l’esistenza di “una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale, crocifiggendo, squartando contadini poveri che scrittori salariati chiamarono briganti”.
Oscurantismo e corruttela sono dunque colpevoli dell’omissione storica. Da ciò germina la consueta diffidenza verso gli specialisti: Cataldo Ciminiello inteso Dino, sconfitto col 9 per cento come candidato sindaco di Bitonto, trova “incomprensibile la polemica e le ragioni per cui degli accademici dovrebbero opporsi all’istituzione di una giornata di studio e approfondimento dove tutte le posizioni potranno essere liberamente espresse e confrontarsi”, un po’ come accade fra vaccinisti e antivaccinisti. All’uopo i grillini individuano unautorità monocratica, come in passato furono i vari Rodotà o Gabanelli, che stavolta è Pino Aprile, autore del lagnosissimo Terroni. E’ fondamentale che le teorie dell’auctoritas di turno figurino colpevolmente osteggiate della cultura ufficiale. Scrive su Facebook Antonella Laricchia, sconfitta col 18 per cento come candidata governatrice della Puglia, che il dibattito di quest’estate è “qualcosa di STRAORDINARIO: fino a pochi anni fa, le persone che negavano il massacro militare, sociale ed economico che abbiamo subìto erano decisamente di più rispetto a quanti invece provavano anche solo a parlarne”.
Sul dorsetto barese del Corriere della Sera, la medesima argomenta in favore di una più affidabile ricerca fai da te, parlando di “approfondimenti storici” svolti a titolo personale grazie ai quali ha “definitivamente rifiutato i tanti luoghi comuni sui meridionali storicamente ‘fannulloni’, ‘incapaci’ e ‘culturalmente inferiori’”; di lì ha iniziato a “diffondere sul territorio tali informazioni che oggi contribuiscono a giustificare le due velocità a cui viaggiano il nord e il sud del paese”. Questo smanioso apostolato della vera verità è condiviso da Ciminiello, che intende “far riscoprire agli italiani del nord e del sud quella voglia di verità e amore per la nostra terra che motiva a valorizzarla e scoraggia ad abbandonarla”. Segue la ritorsione dell'accusa di complottismo, a mo’ di specchio riflesso: “Qualcuno”, scrive la Laricchia, “in maniera probabilmente inconsapevolmente ‘complottista’ (di quel complottismo di cui, ironia della sorte, troppo spesso e ingiustamente si accusa il Movimento 5 stelle), ha attribuito questa proposta a fini meramente elettoralistici”.
Alla Laricchia inneggiano sui social la signora irritata per “una verità storica occultata sui libri di scuola” e l’agronomo “che si occupa di storia delle masse rurali nella Capitanata del Settecento e dell’Ottocento”. Ciò che appare più intrinsecamente grillino è tuttavia la conseguenza sterilmente simbolica e fine a se stessa cui l’impegno porta: un’altra inutile giornata commemorativa e, stando alla mozione, l’istituzione di iniziative “al fine di promuovere convegni, manifestazioni, giornate di studio, eventi, affinché si faccia memoria di un pezzo di storia rimosso coinvolgendo scuole, istituti di ogni ordine e grado, università e società civile”. Chiacchiere. In concreto, i Cinque stelle neoborbonici mirano a far cambiare il nome di piazza Cialdini, intitolata nell'hinterland barese al generale che assediava Gaeta, in piazza Benedetto d’Amore, “filosofo e teologo di fama internazionale nato e residente a Carbonara”.