L'estate irrilevante dei gemelli del rutto Di Maio e Salvini

David Allegranti

Un tempo bastava un tweet per spadroneggiare. Ora hanno l’hashtag incantato, contro ong e migranti

Roma. E’ l’estate del silenzio prima della tempesta elettorale, la fine d’agosto del 2017; gli statisti giocano con Instagram, che con le stories e i video e le foto ha contaminato il dibattito pubblico, tra Nardella che fa i tuffi e cade di schiena, Renzi che gioca a calcio sulla sabbia e Maria Elena Boschi che pubblica le immagini dei suoi sollevamenti pesi in palestra. Ed è tutto un trionfo di animali; Bonifazi con i cani, Nardella, che è trasversale, con il gatto e poi con il cane. Ma solo Berlusconi può permettersi il lusso di farsi ritrarre con gli agnellini e restare la formidabile rockstar che è. Non ci sono i talk, e quindi bisogna inventarsi altri modi per esserci. E’ dall’inizio dell’estate che Di Maio e Salvini provano a farsi largo tra i TheGiornalisti e i flamingo che galleggiano in piscina, ma non basta più un tweet per sparigliare l’agenda della politica italiana e occuparla stabilmente, come prima riusciva agilmente ai due golden boy di Ruttolandia. Sono anni che il segretario della Lega si propone come candidato del centrodestra, e ogni estate pareva quella giusta, con Ponte di Legno a far da giro di boa definitivo, grazie anche a qualche vittoria per interposto stato straniero. 

 

La Brexit l’anno scorso aveva dato la stura ai secessionisti leghisti, passati da Roma ladrona a Bruxelles puzzona, salvo poi scoprire che in realtà il voto britannico è stato un magnifico spot per il remain negli altri paesi. Secondo un sondaggio del Pew Research, la maggioranza dei cittadini europei vuole che i loro paesi rimangano dentro l’Unione. In Italia, il 56 per cento dice di voler stare nell’Ue, mentre il 34 chiede di uscire. Ormai se ne stanno convincendo tutti, pure Roberto Maroni spernacchia il suo segretario, dicendo che “Salvini ha dei pasdaran anti-Ue che lascia andare a briglia sciolta ma io sono convinto che al momento di siglare l’alleanza di governo l’Europa sarà l’ultimo dei problemi”, ha detto in un’intervista a Libero, nella quale ha anche spiegato di non sapere bene che cosa voglia dire la parola sovranismo. Insomma, neanche l’infedeltà di Elisa Isoardi lo ha scosso, come dimostrano le foto del picnic ferragostano con la stessa portatrice di gentili omaggi ibizenchi (le corna), e la coperta e il salame da affettare e la panzetta che si vede nelle foto, il trionfo dell’elogio dell’imperfezione e dell’italiano medio, che però ora s’allena tutti i giorni per far vedere i muscoli su Instagram, in questa smania narcisistico-(presunto)-salutare. Salvini ha provato in ogni modo a farsi notare in quest’estate ruttologica, riuscendo però a suscitare soltanto un grande sbadiglio. Dopo l’attentato di Barcellona, il leader leghista ha detto che tutti i migranti che sbarcano sulle nostre coste sono potenziali estremisti islamici. “Tre estremisti islamici sono stati espulsi dall’Italia: uno era in galera, uno in Piemonte e uno in Calabria. Dal 2015 gli espulsi perché ‘pericolosi’ sono stati 202, peccato che nello stesso periodo ne siano sbarcati più di 420 mila. E anche oggi, domenica, ne stiamo mantenendo 177 mila in alberghi e case in tutta Italia. L’Isis dice che i prossimi ad essere attaccati saremo noi? Non ci credo, troppo comoda la vita per clandestini e delinquenti in Italia… Sbaglio? #NoIusSoli”. Ormai Salvini è un tweet rotto, riesce a esprimersi soltanto con gli hashtag e a dire che c’è un’invasione in corso, che vanno tutti cacciati a calci fuori dall’Italia, quando l’invasione invece non c’è. “Immigrazione e sbarchi, il ministro Minniti dice che ‘vede la luce in fondo al tunnel’. Sarà il caldo? La luce che si vede è quella degli alberghi e degli agriturismi che da anni stanno ospitando 180 mila clandestini, a spese degli italiani. Proteggere i nostri confini, blocco navale ed espulsioni! Il resto sono chiacchiere. #STOPINVASIONE”.

 

Anche a Di Maio, l’altro campione di irrilevanza dell’estate, impegnato in un tour siciliano a sostegno di Giancarlo Cancelleri, non va molto meglio. L’aspirante candidato premier dei Cinque stelle ha provato a difendere Carmelo Zuccaro, il pm che con le sue improvvide esternazioni ha messo genericamente sotto accusa le ong (“Si perseguono da parte di alcune ong finalità diverse: destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”) dicendo che “la politica e chi ha infangato il nome di un illustre magistrato si scusino con il procuratore”, solo perché una ong tedesca è sotto inchiesta. Peccato che il procuratore titolare dell’inchiesta abbia espressamente negato la motivazione economica. Dopo il terremoto di Casamicciola, non sapendo come sfruttare meglio politicamente la tragedia, il vicepresidente della Camera ha detto che “Forza Italia e Pd sono la causa di tutti gli abusi e sanatorie in Italia. Oggi dovrebbero star zitti e piangere i morti, non sciacallare”. Ma sciacallo è chi lo sciacallo fa. Neanche una settimana fa era tutto un “abusivismo di necessità” secondo la definizione di Cancelleri, che si presenta per governare la Sicilia. L’abusivismo è naturalmente una virtù, anzi, una necessità. E da lì alla corruzione di necessità il passo è breve. Se io corrompo o sono corrotto lo faccio non perché io sia veramente cattivo nell’animo; è che quei soldi mi servono necessariamente. Di Maio ha capito che c’è un potenziale enorme per un partito che voglia difendere i cittadini nel pieno diritto della propria libertà di parcheggiare in terza fila, insozzare le città (Roma ne è un esempio diremmo costituzionale) e per costruire qualche villetta un po’ dove ci pare. E’ insomma un’estenuante gara fra Salvini e Di Maio, per sfuggire al male di vivere e dell’irrilevanza. Dalla quale persino Alessandro Di Battista ormai si è tirato fuori; sta per diventare babbo, per fare il premier ci sarà un’altra occasione. Sarà finalmente l’apoteosi del casaleggismo. Di Maio in peggio.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.