La non decisione come saggia strategia
La nuova centralità di Berlusconi è tutta in una “naturale” foto in posa
Oggi saranno pubblicate su Chi le sue foto mentre si ferma in un Autogrill, guarda sorridendo le caramelle gommose, e poi, come sarà capitato un po’ a tutti, si sofferma a ciondolare accanto a uno stand soppesando con le mani e lo sguardo un’enorme noce di prosciutto (nello specifico: cosparsa di pepe), una di quelle cose che non sai mai perché ma nell’episodico possibilismo di una fermata in Autogrill viene sempre voglia di acquistare. E insomma, mentre nelle feste di partito Di Maio impasta la pizza, Salvini la inforna e Renzi la serve ai tavoli, e tutti sembrano incongrui e non sempre al posto giusto al momento giusto, diciamo, al contrario i servizi pensati, studiati e messi in posa di Silvio Berlusconi sulla rivista patinata del regista-direttore Alfonso Signorini sembrano l’unica cosa naturale – come quando andò a bere una spremuta d’arancia da McDonald’s – di questa lunga campagna elettorale che passando a ottobre per le elezioni siciliane si concluderà con le politiche del 2018 (mancano ancora sei mesi, aiuto).
Il Cavaliere, impresario con il fiuto per il mercato pubblicitario ed elettorale, non fa né quello della casta né quello dell’anticasta, non ha bisogno di pala e cappello da pizzaiolo, al contrario, forse, è perfettamente in linea con lo spirito del tempo: non strafà, non straparla, non si espone, fa cose normali (è più normale per un italiano infornare una pizza o cazzeggiare all’Autogrill?). Forse si è un po’ – ce la perdonerà – gentilonizzato. Ed è probabilmente per questo che il Cav. risulta ancora centrale in quel campo della politica che è la comunicazione, lui dice “Tajani”, e tutti tajaneggiano, lui dice “Carfagna”, e tutti carfagnano. Chiude con la faciloneria parolaia del No euro in anticipo sui giovani Salvini e Di Maio, sistema le cose in Sicilia mettendo il cappello su Nello Musumeci. Un anno fa Salvini e Meloni lo irridevano, gli davano del bollito, respingevano i suoi candidati, affossavano Bertolaso e poi Marchini a Roma consegnando la Capitale al Movimento 5 stelle. Sulla distanza, sembra incredibile, ma è Salvini che adesso rincorre un po’ Berlusconi per fare l’alleanza (e anche sull’euro). Pure in Forza Italia sembrava che lui fosse un ingombro, un grosso cespuglio difficile da superare: Toti voleva Salvini, il Nazareno non andava giù, e adesso? Da mezzo fondista ha vinto su tutti, malgrado nel suo partito, alcuni, ancora, lo tirino verso la Lega. Ma il rapporto con Salvini – e su questo influirà anche il risultato in Sicilia – non è più quello della foto di Bologna, e se il Cavaliere non sceglie e non scioglie intrecci e riserve sulle alleanze, non tacita alcuni dei suoi colonnelli più nordisti, è solo perché ancora non ha deciso quale strada prendere. Di solito le soppesa tutte, le tocca, come con le noci di prosciutto in Autogrill. E non decide. Fino all’ultimo istante possibile.