Lapresse/Matteo Corner

Renzi contro la Repubblica della gogna

Renzo Rosati

“Qualcuno voleva utilizzare Consip per gettare fango su di me, vedrà il fango ritorcerglisi contro”. Procure, economia, Cav., Salvini. “I grillini? Incompetenti”. “Sì al manifesto del buon senso del Foglio, con qualche aggiunta”. Intervista a Renzi

Milano. “In campagna elettorale, sulla scheda del Pd, non ci sarà il mio nome, ma solo il simbolo del partito”. A chi possa essere tentato di interpretare questa anticipazione, fornita da Matteo Renzi oggi pomeriggio all’incontro con il Foglio sul tema “Come può andare avanti l’Italia”, al Teatro Parenti di Milano, nel senso di un passo indietro rispetto a una futura premiership, il segretario dei democratici aggiunge subito due caveat: “Come non c’era il mio nome alle europee del 2014”, cioè quando Renzi e il Pd superarono il 40 per cento; e una mini-stoccata ai dirigenti del Nazareno “i quali in due o tre, ogni mattina, si svegliano pensando a come dir male del partito che li candiderà”. Insomma, tutto aperto, ma anche richiamo all’ordine interno, in èra di proporzionale e alleanze da decidere. E’ una conclusione, la penultima – l’ultima la diremo in fondo – alla quale Renzi giunge dopo essere stato intervistato ieri al Teatro Parenti di Milano dal direttore Claudio Cerasa sui suoi nemici, amici e avversari interni ed esterni, ma soprattutto su lui stesso e su quel renzismo da recuperare per tornare allo spirito e alle opere dei tempi che furono. Problema: come si fa ad andare avanti in un mondo politico che va indietro? E come si fa a difendere il modello “sindaco d’Italia” quando quel modello è stato bocciato il 4 dicembre? Il segretario democratico elenca ovviamente quanto l’Italia è mutata in meglio in questi cinque anni: “La riforma del mercato del lavoro, il rinnovamento generazionale, la riduzione delle tasse e un fisco meno vessatorio, l’aver preso di punta la Pubblica amministrazione, erano allora punti di un’agenda – e in piena emergenza economica – oggi sono cose fatte. Tendiamo a dimenticarcene”. Poi si lancia in una previsione impegnativa: “Tra un anno, due anni, l’Italia sarà prima per crescita in Europa. E non grazie a me, ma alle forze imprenditoriali e produttive che in questo periodo hanno intuito il clima diverso”. “Magari perché è l’Europa a trainarci…”, nota Cerasa. “No, no: questa storia del gap italiano, che è vera, si chiuderà. La produzione sta andando straordinariamente bene, e anticipa il pil. Vedrete. In fondo cinque anni fa tutti ci definivano ‘incompetenti ottimisti’”. Ma urge anche l’attualità. Ci sono le clamorose rivelazioni sull’inchiesta Consip fatte a luglio scorso al Consiglio superiore della magistratura dalla pm di Modena Lucia Musti: “Un gruppo di ufficiali dei carabinieri tra i quali l’ex capitano del Noe Gianpaolo Scafarto e il colonnello Sergio De Caprio mi si rivolgevano con toni esagitati, annunciavano ‘bombe’ e ‘casini’ giudiziari che portavano a Matteo Renzi”. Cerasa chiede: “Il giornale del Pd dice che è stato un complotto. Il presidente del Pd dice che è eversione da Watergate. Segretario, è stato un complotto?”. 

  

Risposta: “Sono stato il ventisettesimo presidente del consiglio di questa repubblica. Dunque mi considero in ogni senso un uomo delle istituzioni. C’è una procura a Roma, che indaga. Sono sicuro che alla fine il fango gettato contro di me, e contro le persone a me vicine, si ritorcerà contro chi mi ha voluto colpire falsificando atti e prove”. Poi però incalza e attacca: “Penso che qualcuno che voleva utilizzare Consip per gettare fango su di me vedrà il fango ritorcersi contro, come per l’Expo, come per il Jobs act. Le intercettazioni sono state falsificate per montare un presunto scandalo contro un esponente delle istituzioni”. Sul rapporto complicato tra politica e magistratura incombe anche il caso Mastella, ex ministro della Giustizia che fu costretto alle dimissione nel 2008 dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per un’indagine rivelatasi ora del tutto infondata, e su questo fronte Renzi lancia un messaggio a Romano Prodi. “Machiavelli diceva che c’è democrazia quando il magistrato non ha paura del governante. Io dico che la democrazia c’è anche quando chi governa, ed i politici, non hanno paura dei magistrati. Per questo vorrei esprimere a Mastella la solidarietà per quello che ha vissuto. La sua vicenda è una delle tante in cui la politica ha sbagliato, non la magistratura”. E tuttavia, a proposito dell’interventismo della magistratura nel mondo della politica, nella questione dei fondi bloccati alla Lega, nota Cerasa, il segretario dem non si mostra altrettanto garantista. Renzi risponde che Matteo Salvini, è vero, non ha ricevuto né avvisi di garanzia né tantomeno condanne. “Ma la sentenza lì è stata pronunciata, e questa dice che la Lega ha intascato illegalmente, per fini personali dei suoi ex dirigenti, 42 milioni di euro. Li restituisca allo stato, cioè a tutti voi”. Si cambia pagina. Cerasa gira a Renzi – come già fatto con Silvio Berlusconi – le domande “di buon senso” proposte dal Foglio tempo fa per tentare di scrivere prima delle elezioni un’agenda condivisa da portare avanti a prescindere da chi governerà. A quando la liberalizzazione dei servizi pubblici locali? Quando un piccola e media impresa potrà dedicare la maggior parte delle sue ore a produrre più che a capire come pagare le tasse? Quanto nel settore pubblico varranno le stesse regole del lavoro di quello privato? Sui due ultimi punti l’ex premier un po’ traccheggia – la rivoluzione fiscale è avviata e lo sarà ancora più con la digitalizzazione delle denunce dei redditi; nel pubblico si viene assunti per concorso, e questo è un vincolo costituzionale – mentre sul primo annuncia quello che pare un proprio progetto industriale: “Liberalizzare serve, ma ancora più di mille aziende occorre favorire la creazione e il rafforzamento, con l’aiuto della Cassa depositi e prestiti, di quattro-cinque aziende leader nelle utilities, in grado non solo di fornire servizi ai cittadini italiani ma anche di competere all’estero”.

  

Alla fine è tempo di parlare di alleati e avversari. Se Paolo Gentiloni fosse uno sportivo, chi sarebbe? “E’ un eccellente tennista. Ha tempo, preparazione e soprattutto concentrazione”. Silvio Berlusconi? “Un grande maratoneta. Che ha superato la crisi del 30mo chilometro, quando le gambe ti cedono e ti viene da rinunciare”. Luigi Di Maio? Renzi ammicca, si vede che vorrebbe sparare la sua ma poi ripiega su un giudizio politico: “Tra i 5 Stelle si è passati dall’uno vale uno all’uno vuole uno. E l’uno è Beppe Grillo. Sul movimento ci sono molte cose che si potrebbero dire. Una su tutte: in giro per l’Italia, nei comuni che amministra, ha portato molti grandi esempi di incompetenza. E quelli bravi si riconoscono perché di solito scappano via”. Poi il segretario del Pd torna su Berlusconi. “Abbiamo un centrodestra che non sappiamo se si presenterà unito o no, facciano loro. Ma Berlusconi vuole combattere i populismi insieme a Salvini? Facciano loro. Affidare una macelleria a un vegano sarebbe meno contraddittorio”. Cerasa conclude sul noto carattere renziano, che gli sarebbe costato la vittoria nel referendum del 14 dicembre. “Ho fatto, anche caratteriali… Così, per dire, il Cnel è vivo e lotta assieme a noi. Però: il mio carattere non sarà un granché, ma è un carattere”. E con Gentiloni? “Voglio che vinca il Pd, perché ci crediamo. E poi perchè vedo gli altri: c’è chi pensa che il Pd non sarà granché, ma poi guarda gli altri e il Pd è oro. Per vincere dobbiamo essere una squadra: c’è Gentiloni, c’è Minniti, c’è un’ottima squadra, imparagonabile con Di Battista che crede che Napoleone abbia combattuto ad Auschwitz, e con il Nobel mancato Brunetta”.

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