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Come i Radicali spiegano Pannella all'emulatore Saviano

Marianna Rizzini

Tra gesti seri, provocazione e goliardie. Voci da Torre Argentina

Roma. Non su Twitter dove è molto attivo, non nel video per Netflix in cui presenta da esperto la serie tv “Narcos 3”, ma su Facebook con un post: così ieri Roberto Saviano si candidava alle farsesche primarie del M5s. “Questa mattina mi sono svegliato con il desiderio di omaggiare Marco Pannella e la sua eterna capacità di sorprendere e sparigliare le polverose strutture della politica tradizionale”, scriveva, “…nel 2007 si candidò alle primarie del Pd ma fu escluso perché non soddisfaceva i requisiti richiesti dal neonato Pd. Approfitto di questa sede per ufficializzare la mia candidatura a premier per il M5s. Lo faccio anche per trarre il MoVimento dall’impaccio di una situazione patetica per non dire bulgara…”.

 

Una “candidatura-provocazione”, era il sottotitolo sui giornali del gesto dello scrittore che, in forma di ologramma, lontanissimo simbolicamente dal Pannella carne-e-sangue che in piazza scendeva con tutto il peso metaforico della fisicità politica, sottolineava la stortura della cosiddetta democrazia dal basso e della rete. Ma che cosa succede se si guarda il gesto da Torre Argentina, storica sede radicale in cui anche i muri intrisi di fumo ricordano il giorno in cui Pannella, nel luglio del 2007, annunciò l’intenzione di partecipare alle primarie del nascente Pd?

 

“Sarei, in caso di accettazione di questa proposta, pienamente disposto a essere io quel candidato”, diceva Pannella, spiegando che la scelta era motivata “non solo dall’opportunità, ma dalla necessità di proseguire nella strategia radicale di assicurare al nostro paese un’alternativa pienamente liberale, pienamente laica, pienamente socialista e radicale”. Osservando Saviano, Massimo Bordin, storica voce (e storico ex direttore) di Radio Radicale, dice intanto che bene ha fatto lo scrittore a ricordare quella circostanza. “Apprezzo comunque l’omaggio in buona fede a Pannella”, dice Bordin, anche se dire che il gesto è una ‘provocazione’ rende il paragone improprio. Pannella poneva un problema politico serio, rivolgendosi a un Pd che, a parole, si attribuiva vocazione maggioritaria e voleva coinvolgere tutti i riformisti”. Per Mario Staderini, già segretario di Radicali italiani per quattro volte e nel 2007 consigliere municipale incaricato di autenticare e consegnare le firme per la candidatura Pannella, “l’omaggio di Saviano non è tanto nella candidatura in sé, goliardica, mentre quella di Marco era seria, quanto nel permettere di rievocare un evento storico che poteva cambiare la storia del Pd, dei Radicali e della politica italiana – se il Pd si fosse aperto ai radicali, intendo. Anzi direi che la vera provocazione di Saviano è verso un Pd che si dimostrò più chiuso del M5s e persino verso Pannella”. Invece a Maurizio Turco, già parlamentare radicale a Roma e Bruxelles, ora membro della presidenza del Partito radicale, Saviano sembra “vittima della stessa disinformazione” che “dilaga” in partiti e opinione pubblica: “Il gesto di Pannella”, dice Turco, “era un gesto di interlocuzione politica, gesto serio che faceva parte di un disegno politico. Prova ne fu il ricorso al collegio dei garanti del Pd”. Tuttavia il Saviano cha fa omaggio a Pannella, in Torre Argentina attira più benevolenza che critiche, sebbene con molti distinguo. Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni, ex europarlamentare radicale, dice che “l’omaggio è un dono alla memoria, e come tale l’ho trovato apprezzabile da parte di Saviano, perché non rappresenta tanto la pretesa di una emulazione (diversi i contesti, diverse le persone, diversi i partiti) quanto il richiamo a un metodo: mettere alla prova il grado di apertura di organizzazioni che si candidano a rappresentare un modello per la politica e per il governo del paese. Al di là dei dettagli formali sui quali lo stesso M5s ha mostrato flessibilità quando conviene, anche quello di Saviano mi pare un esercizio utile. Pannella sfidava in profondità storie politiche pluridecennali. Quell’esercizio è in sé irripetibile solo perché quelle storie non esistono più. Saviano ha fatto il possibile nel contesto di una politica senza storia né memoria”. “Niente di meglio che sdrammatizzare le farse con intelligenza”, dice infine Marco Perduca, ex senatore radicale: “Pannella ricordava spesso il ‘se mi considero non son niente ma se mi confronto…. Quindi Bravo Saviano. Se poi gli dovesse mancare un ministro degli Esteri vedo di non prender impegni per i prossimi mesi”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.