Paragone (con band), Fusaro e gli altri "intellettuali" indipendenti del M5s
Verso Rimini a cinque stelle, tra skassakasta e aula
Roma. C’erano, un tempo, gli intellettuali e gli artisti eletti nel Pci. Anzi, la qualifica precisa era “indipendenti”. Come il magistrato Ferdinando Imposimato, ex senatore del Partito comunista, che il M5s avrebbe voluto candidare come presidente della Repubblica e che straparla in continuazione contro i vaccini, o Gino Paoli, deputato di Sinistra indipendente. Adesso è il tempo dei magistrati, intellettuali e giornalisti vicini al M5s. La caratteristica comune è quella di non avere la tessera in tasca, ma di collaborare attivamente con il Movimento o promuoverne le idee.
A Beppe Grillo gli intellò non sono mai piaciuti granché; una volta, nel 2013, con uno dei suoi consueti pizzini ammiccanti sul blog, rispedì al mittente con le parole di Gaber il canto delle sirene che, da Fiorella Mannoia ad Adriano Celentano, gli chiedevano di accordarsi con l’allora capo del Pd Pier Luigi Bersani. Si accodarono all’appello anche Tomaso Montanari e Salvatore Settis. Ma lui, Grillo, da quell’orecchio non ci sentì e vergò, gaberianamente: “Gli intellettuali sono razionali / lucidi, imparziali, sempre concettuali / sono esistenziali, molto sostanziali…”. Negli ultimi anni tuttavia in parecchi si sono guadagnati la qualifica di intellettuale d’area. Il filosofo della supercazzola Diego Fusaro teorizza un fronte comune rossobruno fra grillini e leghisti contro i fottuti neoliberisti. “Non so se sarà aperta un’alleanza con la Lega”, dice in un’intervista a Intelligonews. “Io auspico un fronte unico degli oppositori al globalismo capitalista, difensori della sovranità nazionale, dei diritti del lavoro e della ferma opposizione allo sradicamento capitalistico. Senza questo fronte unico non vi è possibilità di salvezza”. C’è poi Domenico De Masi, sociologo del lavoro, che ha collaborato al programma del M5s, che spadroneggia per conto di Beppe Grillo sul futuro delle professioni e prevede rivoluzioni in ogni dove. Dobbiamo anzitutto aspettarci. ha spiegato, “un nuovo Rinascimento. Le future tecnologie renderanno migliore la nostra vita. Allo stesso tempo, però, distruggeranno più posti di lavoro di quanti ne creeranno. Anche se non varrà per tutti i mestieri”. E, appunto, la disoccupazione come s’affronta? Così, ha detto tempo fa De Masi alla Stampa: “Se chi lavora 40 ore settimanali riducesse il proprio orario a 36 ore, la disoccupazione si azzererebbe. Il punto, quindi è riuscire a convincere un occupato a cedere le sue ore a un disoccupato”. Ed è subito “momento Peyote”, come direbbe Mario Seminerio: “Serve una piattaforma online alla quale i disoccupati possano iscriversi per mettere a disposizione le proprie competenze, dall’idraulico al designer, gratuitamente. Se su 3 milioni di disoccupati 1 milione lavorasse gratuitamente, si spaccherebbe il mercato, costringendo chi lavora di più a lavorare di meno”. Ma perché un disoccupato dovrebbe gratis? Semplice, “per fare la rivoluzione. E poi, il vero dramma del disoccupato è non fare nulla tutto il giorno. Se iniziassero tutti a lavorare gratuitamente, nel giro di poco tempo troverebbero un lavoro pagato”.
Da qualche tempo, fra gli indipendenti a Cinque Stelle, c’è anche il giornalista Gianluigi Paragone, ex direttore de La Padania, ex volto della Lega nord in Rai, ex conduttore de “La Gabbia”, trasmissione sgradita al direttore di La7 Andrea Salerno e recentemente chiusa, autore di “Gangbank” (Piemme). Questo fine settimana Paragone sarà sul palco della manifestazione di Rimini che incoronerà il candidato presidente del Consiglio. Si esibirà con la sua band, gli SkassaKasta, che lo accompagnerà nel lo spettacolo Gangbank, un racconto satirico sul mondo della finanza e delle banche. Sarà lui a condurre la convention grillina.
Paragone non è nuovo a queste sortite. Ad aprile è stato tra i relatori del convegno di Ivrea dedicato a Gianroberto Casaleggio e a febbraio parlò sul palco durante un comizio di Di Battista. Lui, a proposito della sua presenta attiva a Rimini, dice di non essere diventato grillino. “Io vado dove mi fanno parlare liberamente”. Il M5s, spiega, “ha riconosciuto il mio lavoro. Già quando ero in Rai, a Grillo era piaciuto il mio modo di utilizzare il registro musicale per parlare di politica. Stavolta, mi hanno offerto anche la conduzione”. Ora viene da chiedersi se gli offriranno pure un posto in Parlamento.