Manifestazione dei No grandi navi (Foto LaPresse)

A Venezia si prepara l'ultima grande crociera del Carnevale dei No

Alberto Brambilla

No Tav, No Muos, No Tap, Stop Biocidio. Tutti insieme, appassionatamente, al fianco dei NO Grandi Navi per estromettere le imbarcazioni da crociera dalla laguna. Anni di proteste, nessuna vittoria

Roma. Nel fine settimana a Venezia confluiranno alle zusammen i movimenti che in questi anni hanno animato campagne di protesta locali all’insegna dell’ambientalismo militante per contestare il passaggio delle navi da crociera in Laguna. I No Tav dalla Val di Susa, i No Muos siciliani, gli Stop Biocidio campani, i No Tap dal Salento si uniranno ai No Grandi Navi il 23-24 settembre per le “giornate europee per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia” insieme ad altri comitati giunti da Francia, Germania, Portogallo e Spagna. La battaglia simbolica-pilota di questi movimenti, nati dagli anni Novanta in poi, è stata per lungo tempo quella contro la ferrovia ad alta capacità tra Italia e Francia, parte di un corridoio europeo per le merci, la Tav. Ma in Val di Susa il movimento insurrezionalista ha gradualmente perso virulenza. In Sicilia i sit-in contro il radar militare (Muos), realizzato in accordo tra governo americano e italiano per monitorare dal quadrante sud dell’Allenza atlantica le operazioni mediorientali, ha fallito visto che il sistema è in funzione. I cittadini allarmati dal “biocidio” nella cosiddetta Terra dei Fuochi hanno scoperto che soltanto il 3,8 per cento dei terreni campani presenta criticità da valutare. Gli oppositori al gasdotto Trans-adriatico, dall’Azerbajian alla Puglia, che volevano salvare gli ulivi da eradicare per fare spazio all’infrastruttura – per poi essere rimessi a dimora – hanno persino procurato sofferenza ad alcune piante che non potevano essere curate perché con le loro proteste bloccavano la ditta di manutenzione.

 

Non resta dunque che organizzare un carnevale “green” a Venezia, alle Zattere, canale della Giudecca, allietati dal raggaemuffin dei 99 Posse e dal combatfolk dei Modena City Ramblers, gruppi popolari nei centri sociali. Lunedì, per scaldarsi, un gruppo di attivisti mascherati da animali (panda, mandrillo, tigre, orso) s’è incatenato allo scafo di una colossale nave passeggeri in partenza; una pericolosa dimostrazione. La lotta “dal basso” ha avuto più ammiratori tra l’upper-class veneziana e la stampa anglosassone, dal New York Times all’Economist, che tra la popolazione. Nel 2015 il sindaco di centrodestra Luigi Brugnaro è stato eletto dopo ventitré anni di giunte rosse con un programma che includeva l’attività crocieristica, lo sfidante Felice Casson, ex magistrato, ha perso. Il referendum consultivo di giugno per tenere le navi fuori dalla Laguna non ha avuto il risultato sperato dai sostenitori del No: hanno votato solo 18 mila persone contro 221 mila aventi diritto. Forse, semplicemente, per molti non è una questione fondamentale.

 

Le crociere che arrivano a Venezia contribuiscono all’economia locale. Sono circa 4.300 le persone occupate direttamente o indirettamente e circa 200 le aziende dell’indotto. Il turismo crocieristico rappresenta solo il 5 per cento degli arrivi ma è quello più danaroso. Il rischio è l’inquinamento? Secondo l’Agenzia regionale per l’ambiente, le navi da crociera contribuiscono durante l’estate per l’8 per cento all’inquinamento della città, mentre d’inverno scende al 2 (18 per cento deriva da polveri sottili, il 12 da traghetti e navi e il 14 dal traffico locale). Da cinque anni si cerca una soluzione per il passaggio delle grandi navi. Le compagnie stanno volontariamente restringendo l’ingresso in Laguna alle imbarcazioni fino a 96 mila tonnellate, limitandone gli arrivi. Ciò si è tradotto nella perdita di mezzo milione di passeggeri (da 1,8 milioni del 2013 a 1,3 milioni previsti per il 2017) a Venezia e sull’Adriatico. Le compagnie aderenti alla Cruise Lines International Association ieri hanno dichiarato di essere disposte a spostare le navi davanti la Giudecca e hanno effettuato diverse simulazioni sul passaggio attraverso il canale Vittorio Emanuele che con una minima manutenzione – non è attivo da tempo – sarebbe percorribile. Una soluzione perché si torni ai tassi di crescita precedenti, e non di decrescita. 

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.