Fabio Mussi ci spiega chi aveva ragione tra lui e D'Alema
“In questo paese c’è la necessità storica di una sinistra politica. Come ho trovato Massimo? Dialogante e particolarmente disteso”
Roma. Fabio Mussi e Massimo D’Alema, insieme. Di nuovo, dopo una vita spesa fra Pci, Pds e Ds. Alla festa di Sinistra italiana di Reggio Emilia, ieri l’altro. Il primo, allo scioglimento dei Ds, pronunciò un assordante “Io mi fermo qui”, l’altro gli disse “extra ecclesiam nulla salus” e proseguì nel Pd. Adesso si sono ritrovati, fuori dal “partito mai nato”, come lo chiama Mussi. Ma per fare cosa? Un duello, un confronto? “Una cosa a mezzo”, dice al Foglio l’ex ministro dell’Università e della Ricerca, che con D’Alema ha da sempre un rapporto intenso, diciamo. Ora devono fare insieme la sinistra; peccato che, spiega Mussi, “la sinistra è un continente, solo che è la Polinesia. Alle prossime elezioni dobbiamo diventare la Nuova Zelanda”. Dice Mussi che “in questo paese c’è la necessità storica – un aggettivo che di solito uso con qualche prudenza – di una sinistra politica”. Anche perché le distinzioni fra destra e sinistra esistono, checché se ne dica. “E’ una sentenza che è stata emessa più volte, ma se devo dire chi è Trump come lo definisco? Dico che è di destra. E Sanders com’è? Di sinistra”. E Renzi com’è? “Renzi è di Rignano – ride – e lo dico con rispetto per i rignanesi…”. Renzi “è un autopromoter, uno che pensa che il problema sia dare a Matteo il giusto spazio. Difficile inquadrarlo, anche se ha fatto cose che sono nitidamente di destra. Cose che ha tentato di realizzare Berlusconi, solo che poi per prudenza ha fatto un passo indietro, penso all’articolo 18”. E D’Alema come l’ha trovato l’altra sera? “D’Alema l’ho trovato favorevole a un quarto polo di sinistra, cosa che mi fa piacere. Era dialogante, disteso, gli avrà fatto bene la festa di Sinistra italiana, oppure il dialogo con un antico amico come me. L’ho trovato particolarmente disteso”. Ma perché di solito D’Alema è così arrabbiato? “D’Alema non è arrabbiato, casomai è sovente sarcastico. E il sarcasmo è una forma di arrabbiatura che passa attraverso un filtro”.
Ai tempi – era dieci anni fa – D’Alema lo salutò dicendogli che fuori dalla Chiesa non c’è salvezza. Oggi aveva ragione lei, Mussi? “Avevo ragione io non si dice mai perché non è elegante. Io comunque non sono mai stato seguace di San Cipriano, il principale attore del concilio di Cartagine. Il Papa non andò e lui mandò una lettera di sintesi, dove c’era scritto, appunto ‘extra ecclesiam nulla salus’. Da allora quella frase è diventato una specie di motto integralista”. “Io – dice Mussi al Foglio – non ci ho mai creduto a questa frase, né per quanto riguarda i partiti né per la chiesa”.
Figurarsi oggi “che i partiti non ci sono più e sono solo dei simulacri”. Nella sua scala gerarchica, ci sono sempre stati in ordine di importanza “l’imperativo morale, che risponde alla coscienza, poi la fedeltà alla costituzione, infine l’appartenenza a un partito. Ma non essendo convinto del Pd, li ho salutati”. E ora lei e D’Alema siete insieme. Avete fatto un giro immenso e poi vi siete ritrovati. “Sì, ora ci si ritrova, per costruire questo quarto polo di sinistra”. Ma con tutti questi generali come fa a nascere una sinistra unita? “Oh ragazzi, il Pd è stato fatto con una cooperativa di trentatré correnti. Noi siamo di meno, ma parecchi di meno. Ora però mi scusi, devo andare ché ho le valigie in mano e la famiglia protesta”.