Chi è Paolo Bernini, il complottista 5 stelle ossessionato dai microchip
Le perle dell’onorevole M5s che inguatta lo stipendio per non pagare i debiti
Il Movimento 5 stelle ultimamente ha problemi con i tribunali. Tra richieste di rinvio a giudizio, obblighi di firma, firme false e reintegri degli espulsi, ogni controversia finisce davanti ai giudici. Ma la storia dell’onorevole Paolo Bernini è diversa e forse esemplifica più di tutte la metamorfosi del “cittadino” anticasta che finisce per usare tutti i privilegi della casta per sfuggire ai debitori, in questo caso un suo ex collaboratore parlamentare licenziato senza giusta causa.
Ma prima è necessario inquadrare il personaggio. Bernini è quel tipo che, all’inizio della sua avventura politica, si faceva intervistare da “Ballarò” in tuta da ginnastica per dire “ci controllano, ho visto un documentario, mettono i microchip sotto pelle, ma con internet e il M5s stiamo prendendo coscienza di questa cosa”. Oggi Bernini che è anche un militante vegano sbattezzato continua a dire scomode verità, anche se lo fa vestito di tutto punto anziché in pigiama: l’11 settembre è un complotto, Bin Laden forse è vivo, il Bilderberg controlla il mondo, l’Isis stampa moneta senza consenso del Fmi. Ma c’è un mistero che ancora non è riuscito a svelare: che fine fanno i suoi soldi e quando pagherà i suoi debiti con Lorenzo Andraghetti.
Si tratta di un ex collaboratore di Paolo “microchip” Bernini che a un certo punto è stato licenziato senza un preciso motivo. Inizialmente gli era stato detto che la ragione era il fatto che non fosse vegano, poi è emerso da alcune chat pubblicate da Repubblica che alcuni pezzi grossi del M5s come Roberta Lombardi avevano chiesto la sua testa. Fatto sta che l’ex assistente parlamentare fa causa a Bernini e la vince: ad aprile il tribunale di Roma ha condannato l’onorevole a un risarcimento di 70 mila euro per licenziamento senza giusta causa. Il problema però è che da allora Bernini non ha scucito un centesimo. Il pagamento doveva essere effettuato entro 10 giorni, ma a distanza di mesi il deputato si è dato alla macchia. E il creditore, per recuperare quanto gli spetta, ha iniziato una caccia al tesoro dagli esiti finora infausti.
Andraghetti ha spiegato su Lettera43.it di aver cercato di afferrare i conti correnti del suo ex datore di lavoro, ma Bernini è un’anguilla, ha chiuso un conto e ha svuotato l’altro, quello su cui riceve lo stipendio dalla Camera dei deputati: l’onorevole incassa 12 mila euro al mese, eppure il suo conto è sempre in rosso. A quel punto Andraghetti è andato a vedere sul sito “ti rendi conto” per capire da quale conto corrente Bernini effettua il periodico bonifico con cui, secondo le regole del M5s, restituisce una parte dello stipendio. Ebbene, se prima della condanna il conto su cui la Camera accreditava lo stipendio e quello da cui partiva il bonifico era lo stesso, ora non è più così. O almeno non si sa. Perché adesso Bernini negli screenshot delle restituzioni oscura nome della banca e ordinante, in modo da non farsi beccare dal creditore. A questo punto le ipotesi sono due: o Bernini è davvero in bolletta – ma allora chi restituisce i soldi al posto suo? – oppure i denari li ha, ma li inguatta per evitare il pignoramento.
Il povero Andraghetti non si è dato per vinto e ha pensato così di bypassare il problema aggredendo direttamente il sostanzioso stipendio parlamentare. E qui c’è un altro colpo di scena: a differenza dello stipendio dei comuni “cittadini”, quello della “casta” è impignorabile (un insopportabile privilegio che il M5s ha chiesto di abolire, ma che ora torna comodo). Intanto il tempo passa e la legislatura sta per finire. Adesso Bernini guadagna circa 100 mila euro l’anno, prima di entrare in Parlamento era a reddito zero. Se finita la legislatura Bernini ritorna a guardare documentari su internet vestito in tuta blu, Andraghetti i suoi 70 mila euro se li sogna. Deve solo sperare che Paolo “microchip” Bernini venga rieletto. E poi chiedere aiuto al Bilderberg per trovare il conto corrente giusto.