Agenda colpo di Stato
M5s, forconi e celere in piazza. Fritto misto contro la legge elettorale ma anche la mafia e i partiti nella Rai
Roma. Agenda Colpo di Stato: verso la una, davanti a Montecitorio, tre gruppi s’affastellano in difesa più o meno della democrazia. Italia Celere, i forconi del generale Pappalardo e il M5s, che poi sarebbe quello che ha indetto la manifestazione. Si canta, si bercia, si inneggia, ci si scazza fra coinquilini di piazza, a un certo punto ci va di mezzo pure il generale Pappalardo, che vuole la “liberazione Italia”. Un forcone ben vestito se la prende con gli attivisti cinque stelle. Forcone: “Io sono per la rivoluzione vera, voi siete per mantenere un governo illegittimo”. Primo grillino: “Ah scemo hai sbagliato manifestazione”. Secondo grillino: “Senza offendere però!”. Primo grillino “Ma guarda che scemo non è un’offesa eh”. Danilo Toninelli prende un megafono gracchiante e saluta la gggente che aspetta un cenno, un saluto, un comizio della triade, Di Battista, Di Maio, Fico. “Li terremo in Aula fino a venerdì” (urla: “Grandeeee”). “Quello che vi chiediamo da una certa ora in poi è di far tremare il palazzo” (urla: “Aprite le porte che entriamooooooo”). Canti sulle note di Bella ciao: “Caro piddino / vattene via / e ridacci la libertà”. Poi arriva un altro con il megafono e bercia anche lui: “Io sono uno perseguitato dalla politica e dalla magistratura collusa”. “Fuori i partiti dalla Rai!”, s’alza un altro coro. “Via la mafia dallo stato!”.
Ma non era una manifestazione contro la legge elettorale, il Rosatellum bis? Dopo mezz’ora dall’inizio la manifestazione è una macedonia, con le rivendicazioni sindacali di Italia Celere, Pappalardo contro il Parlamento illegittimo (“Ho appena saputo che un gruppo di cittadini ha arrestato Ettore Rosato e ha consegnato il verbale alle forze di polizia”) e il M5s contro la mafia parlamentare, le istituzioni puzzone e il colpo di stato elettorale. Fin da subito, in questa guerricciola da maschi alfa del democraticamente corretto, s’afferma il M5s. Rocco Casalino, che sovrintende, s’affaccia sulla piazza per chiedere “ma c’è tanta gente o no?”, ed è roba da attori in attesa dell’inizio dello spettacolo in camerino. Deputati e senatori del M5s escono dal Palazzo che gli fa tanto schifo ma dove comodamente seggono dal 2013. Dopo quasi cinque anni in Parlamento sono tutti molto ripuliti, trasudano figaggine; ci sono quelli che sono andati da Dario Tamburrano, l’europarlamentare-odontoiatra, per sbiancarsi i denti. E gli effetti della cura parlamentare si vedono: Paola Taverna ha i capelli freschissimi di parrucchiere, il vestito elegante, Carlo Sibilia pare un po’ meno impiegato Tecnocasa, Roberta Lombardi, più casual, è cordiale e parla con tutti i giornalisti che la fermano per un commento – si vede che è in campagna elettorale – si rivede Marta Grande, che sparì dalle scene dopo la vicenda della laurea, c’è pure Paolo Bernini, quello dei microchip.
Passa Umberto Bossi, volano “traditore!”, “ladro!”, “hai rubato i soldi dei cittadini!”. Spunta un palco in mezzo alla piazzetta, nel primo pomeriggio arrivano Dibba, Di Maio e Fico. Dibba è senza voce ma parla un sacco, deve rifarsi dopo la figuretta del giorno prima, quando è sceso in piazza con un megafono e ha arringato la folla sbagliata, quella dei forconi: “Mi meraviglia Salvini, che per 5 anni ci ha rotto i coglioni con le ruspe, con le felpe, con l’Antisistema... E fa vergogna che si sia venduto per qualche posto in più come seggio, di fatto concedendo lo scettro di comando al pregiudicato Berlusconi, il quale ha già l’accordo col Partito democratico”. Di Maio dopo aver convocato via Facebook la manifestazione convoca pure una “veglia democratica”, in fondo spuntano le bandiere di Rifondazione, c’è pure un camioncino con quelle dell’Altra Europa con Tsipras. Devono essere quelli del turno dopo. Al Pantheon, infatti, c’è la sinistra che s’è data appuntamento per le cinque e mezza. Rifondazione, Sinistra Italiana, Mdp, Possibile, c’è pure la sinistra montanariana di Tomaso Montanari e Anna Falcone. Altra piazza, altra rivoluzione.