Ops, i grillini nel ventilatore
M5s (Appendino) “sotto attacco giustizialista”. La comica è chiara, o tragica
La notizia dell’avviso di garanzia ricevuto ieri dal sindaco di Torino Chiara Appendino (falso in atto pubblico come la sua collega romana Virginia Raggi) dimostra che il Movimento cinque stelle è entrato in una fase spassosa perfettamente sintetizzata dal volto dell’ex generale dei carabinieri Antonio Pappalardo. Se ci si pensa bene, la scena di Alessandro Di Battista che si ritrova autorevolmente ad arringare una piazza sbagliata che si rivolta contro il parlamentare abusivo (Dibba) adottando con successo scenico la stessa grammatica utilizzata dai grillini per portare avanti le proprie battaglie anti casta è la fotografia più che genuina di una crisi forse irreversibile con cui dovranno fare presto i conti i grillozzi e associati. Pietro Nenni diceva che “a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura” e la cornice in cui oggi si muovono i movimenti anti sistema è proprio questa.
Da una parte ci sono le sorgenti dell’anti politica che hanno smesso di pompare acqua (euro, Europa, migranti, economia). Dall’altra parte ci sono le battaglie tradizionali dell’anti casta (politici, vaffanculo; garantisti, andate al diavolo) che hanno creato un mostro che rischia di inghiottire le stesse forze che lo hanno alimentato. Con tempi comici perfetti, e in perfetto stile Pappalardo, ieri Luigi Di Maio ha denunciato un’aggressione senza precedenti, e un’onda di vergognoso giustizialismo, contro il sindaco di Torino (“Siamo sotto attacco, il Movimento è sotto attacco”) ma la verità che Di Maio non può ammettere è che il ventilatore della gogna giudiziaria e della melma mediatica una volta che viene acceso è come un diamante: dura per sempre. E una volta legittimata l’idea che un politico indagato è un furfante fino a prova contraria, e una volta convalidata la teoria che se sei un politico e sei indagato significa che qualcosa sotto ci deve comunque essere, l’unico modo che hai per uscire dal buco nero che hai creato è dire quello che un grillino non avrà mai il coraggio di dire: nessun politico (neppure se ha un cognome che finisce per -rillo) e nessun giornalista (neppure se ha un cognome che finisce per -ravaglio) può considerare colpevole fino a prova contraria una persona indagata per il semplice motivo che a stabilire il perimetro della presunzione di innocenza (di tutti, non solo dei sindaci che si chiamano Chiara o Virginia) è un articolo della Costituzione (27) che vale persino più del codice Rousseau.
La ragione per cui non può esistere alcuna svolta garantista dei Cinque stelle oggi è più forte che mai, perché nell’epoca in cui le sorgenti anti sistema vengono a mancare, se togli ai populisti gli strumenti del giustizialismo non resta più nulla a suffragare la presunta tesi della propria superiorità morale. Non sappiamo se le accuse di falso a carico di Raggi e Appendino reggeranno (crediamo di no, speriamo di no) ma sappiamo che nella fase Pappalardo l’unico modo che avrebbe un populista per salvare la faccia sarebbe prendere un volumetto di Benedetto Croce (“Etica e politica”) e imparare a memoria cosa vuol dire essere onesti in politica. L’onestà politica, scriveva, è la capacità politica e chi si limita a richiedere più onestà senza offrire prove di capacità mostra inettitudine, inintelligenza e, dice Croce, persino imbecillità. Di Maio ha ragione quando dice che il Cinque stelle è sotto attacco ma dimentica di dire che il mandante dell’attacco non è un sicario anti grillino, ma il peggior nemico possibile per un populista: il terribile e famigerato principio di realtà. Di fronte al quale, come si sarebbe detto un tempo a Torino, l’inadeguatezza dei grillini è decisamente chiara.
Equilibri istituzionali