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La fiducia sul Rosatellum mostra che il vero travaglio è quello dell'opposizione

David Allegranti

Il percorso parallelo del M5s e di Mdp e la prova di forza della maggioranza mattarelliana (anche in vista del dopo)

Roma. E’ martedì, il pomeriggio procede sonnacchioso al Senato, non del tutto abituato a certe sortite. All’improvviso, si fa per dire, il lampo: Mdp saluta la curva e la maggioranza. “Oggi Gentiloni è passato alla storia per aver battuto un triste primato: essere il primo presidente del Consiglio dall’Unità d’Italia a porre la fiducia sulla legge elettorale sia alla Camera sia al Senato. Nel 1923, infatti, Mussolini, pose la fiducia su di un ordine del giorno e su di un emendamento della legge Acerbo”. Firmato, i senatori di Mdp Cecilia Guerra, Federico Fornaro e Carlo Pegorer: “Nel 1953 – aggiungono – De Gasperi si limitò a chiederla al Senato sulla ‘legge truffa’ nell’ultimo giorno utile della legislatura in presenza dell’ostruzionismo delle opposizioni; mentre nel 2015 il governo Renzi la mise solo nel passaggio dell’Italicum alla Camera”. Segue dichiarazione di Guerra (nomen omen): “Noi votiamo contro queste fiducie e quindi come Mdp usciamo anche formalmente da questa maggioranza”. Gentiloni insomma batte Mussolini? “Ormai”, dice Roberto Giachetti al Foglio, “Mdp e M5s usano il medesimo linguaggio”. 

 

Bersani e Grillo, insomma, “fanno anche guerra di manifestazioni in piazza tra di loro”. Alla Camera, infatti, grillini e bersaniani si erano divisi le piazze (i primi davanti a Montecitorio, i secondi al Pantheon). Questa corrispondenza d’amorosi sensi fra Mdp e M5s, entrambi fermamente contrari al Rosatellum 2.0, s’era già vista nel 2013, quando l’allora segretario del Pd tentò di fare l’accordo con il partito di Grillo. Speranza poi plaudì pure, quando era ancora nel Pd, alla piroetta del M5s con l’Alde (che poi fallì): “Il Movimento 5 stelle è la seconda forza politica italiana. Pur se con le solite ambiguità, ha deciso di rompere con gli anti europeisti di Nigel Farage, spesso portatori di posizioni razziste e xenofobe, ed è una buona notizia”. Sappiamo com’è andata a finire.

  
“Le dichiarazioni dei senatori di Mdp che accostano Mussolini a Gentiloni sono pericolose”, dice il senatore del Pd Stefano Esposito. “La verità è che ormai, in vista delle elezioni politiche, tutto è diventato sacrificabile sull’altare della propaganda e del populismo e in questa nuova fase anche le frasi più indecenti rischiano di passare sotto silenzio. Ancora una volta, ci saremmo aspettati toni simili dal Movimento 5 stelle”. Mdp, si chiede Andrea Marcucci, “vuole fare un’alleanza con il partito di Mussolini? Il paragone fatto dai senatori bersaniani non è solo offensivo, è vergognoso”. Tanti saluti, insomma, alla “apertura” fatta da Speranza, che pochi giorni fa aveva chiesto un dialogo con il Pd sulla legge elettorale. Ma se a sinistra di spazio per il dialogo ce n’è poco, figurarsi quanto può essercene col M5s, che convoca per oggi una manifestazione per “abbracciare” il Senato e protestare contro la legge elettorale. Fuori dal Palazzo, bandiere di Rifondazione, Pci, Mdp e sinistre varie e unite sono assiepate contro le fiducie di Gentiloni (e contro la maggioranza mattarelliana, che tiene insieme Pd, FI, Lega e Ap).

 

C’è anche Marco Travaglio, direttore del Fatto quotidiano, che interviene alla manifestazione dei Comitati del No (“Questa idea di riabituarsi ad andare in piazza non è male”). Per tutta la giornata, dentro, i grillini intervengono in Aula, protestano, occupano i banchi del governo, berciano: “Il governo Gentiloni ha chiesto 5 voti di fiducia sulla legge elettorale: di fatto ha blindato un testo incostituzionale per portarlo a casa il prima possibile, mentre la legge che abolisce i vitalizi la fanno marcire in commissione. Il governo ha mostrato da che parte sta: non dalla parte dei cittadini, né delle istituzioni, ma solo dalla parte dei partiti e della casta” (Vito Crimi). “Voi vi prostituite a Renzi per essere rieletti” (Andrea Cioffi, rivolto ai colleghi del Pd). “La prego di usare un linguaggio consono a questa Aula” (Il presidente del Senato Grasso rivolto a Cioffi). “E’ il linguaggio adeguato a questa schifosa maggioranza” (Cioffi rivolto a Grasso, e via detestandosi).

 

Ma il chiasso dei 5 stelle, tra Morra che filosofeggia con Kant e l’emergenziale Crimi è materia per fomentare il proprio elettorato. “Ho ascoltato volare una serie di improperi politici – dice il senatore di Ala Riccardo Mazzoni – nei confronti di chi sostiene questa legge, secondo i quali saremmo dei burattini e vorremmo elettori ciechi. Mi chiedo allora come siano definibili gli elettori del 5 stelle che hanno votato alle elezioni di Genova, che hanno visto stravolgere l’esito delle consultazioni per volere del leader, Grillo”. Insomma, dice Mazzoni, “la loro democrazia formale prevede consultazioni online, quella materiale si traduce in un’unica legge elettorale: il Beppegrillum!”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.