Un arcigno Gotor ci spiega perché non c'è dialogo con il Pd
Il senatore-ideologo di Mdp: "Il voto su Rosatellum è uno strappo. Questi sono tentativi fra il patetico e l'opportunista"
Roma. Il Pd ora apre al dialogo con Mdp, cerca alleanze, lancia messaggi distensivi? “Sono tentativi tra il patetico e l’opportunista”, dice al Foglio Miguel Gotor, senatore e ideologo dei bersaniani. “Il Rosatellum e il voto del Rosatellum sono stati un macigno su questi abbozzi di dialogo. Tre-quattro giorni prima che la legge arrivasse in Aula abbiamo chiesto tre cose, attraverso Roberto Speranza. La prima, una questione di metodo: non porre la fiducia; in risposta ne hanno messe cinque. La seconda: ridurre il numero dei nominati, attraverso un aumento dei collegi uninominali. La terza: inserire il voto disgiunto. Non si trattava di costruire castelli ma di mettere due emendamenti. Ci è stato risposto picche, a tutto”. Le leggi elettorali e le relative convergenze che si realizzano tra forze politiche “configurano sempre un’idea di democrazia. Ed è su questo che si è consumato uno strappo”. Gotor respinge dunque i tentativi, “tra il patetico e l’opportunista”, del Pd. “Abbiamo posto dei punti prima del voto sulla legge elettorale, quando eravamo in tempo. La risposta di Rosato prima e di Renzi dopo è stata ‘va benissimo il dialogo però votate la legge, e con la fiducia’. Questo è un atteggiamento comico, non politico. Siamo alla commedia”. C'è poi un punto, aggiunge il senatore di Mdp: “Questo dibattito sulle alleanze senza politica, senza contenuti, non è solo controproducente, ma è assurdo. Le alleanze si costruiscono sulla base dei contenuti”.
E quali sono questi contenuti? “Abbiamo proposto la reintroduzione dell’articolo 18 almeno per i licenziamenti collettivi e disciplinari. Non è una roba bolscevica. Su questo, che è un contenuto, che cosa pensa il Pd? Altro esempio, la buona scuola. Dopo un anno e mezzo di applicazione, fa acqua non da tutte le parti ma da tante parti. Vogliamo intervenire per cambiarla o invece il Pd farà campagna elettorale per rivendicarla?”. Insomma, per Gotor i macigni sono almeno due: l’approvazione della legge elettorale a colpi di fiducia e il programma politico. Per questo, prima delle elezioni è difficile, secondo il senatore, che Pd e Mdp facciano qualcosa insieme. Altro discorso, casomai, dopo. “Dopo le elezioni, a partire da rapporti di forza che io auspico mutati, si può aprire un confronto con il Pd renziano sui contenuti. Intanto siamo noi a lanciare il voto utile, per cambiare i rapporti di forza ed evitare un governicchio Renzi-Berlusconi. D’altronde, io non ho mai creduto alla santa alleanza da Bersani a Verdini contro i barbari. Non esiste in natura, se ne facciano una ragione i sacerdoti del frontismo, del bene contro il male. Questa è una mentalità da guerra fredda e non basta l’appello ai barbari. Non c’è il comunismo alle porte e quello schema schmittiano dell’amico-nemico era giustificato dal contesto internazionale”.
Ma allora cosa vuol fare Mdp, un’alleanza fra nostalgici post comunisti e magari i Cinque stelle? Perché pensate sempre al dialogo con Di Battista o Di Maio? “Noi abbiamo il dovere di dialogare con tutte le forze che rappresentano realtà popolari vere e autentiche. La rimozione e la demonizzazione sarebbero due errori capitali per il centrosinistra, presente e futuro”. Non è questione di Di Maio o Di Battista: Gotor dice che il centrosinistra deve recuperare l’astensionismo “nel nostro elettorato, un elettorato molto critico e molto esigente. Non è un astensionismo superficiale e noi dobbiamo riconquistare quel voto per evitare che continui a scivolare verso i Cinque Stelle. Lo vede quanto siamo distanti da Di Battista, Di Maio o Di Nonno? Ciò che non funziona è semmai un Pd che in questi anni ha inseguito i Cinque stelle sull’antipolitica, vedi campagna per il referendum, la Lega sull’immigrazione (aiutiamoli a casa loro), e Forza Italia sulle politiche fiscali. E tra il Pd che insegue e l’originale, gli italiani preferiranno sempre l’originale”.