Marco Travaglio (foto LaPresse)

L'intervista con svista del Fatto è nulla rispetto a un altro gioco di Travaglio

Rocco Todero

ll quotidiano ha pubblicato in grande evidenza un’intervista attribuita a Calogero Mannino, in realtà si trattava di Nino Mannino. Ma quello che il direttore ha scritto sul Rosatellum bis è peggio

Il Fatto Quotidiano ieri ha pubblicato in grande evidenza un’intervista attribuita all’ex plenipotenziario della Democrazia cristiana siciliana Calogero Mannino, ma si è scoperto dopo poche ore che in realtà il Mannino non era Calogero, ma Nino, non era il democristiano ma il comunista, non era quello di Carini ma quello di Palermo città. Pazienza, errori veniali, dettati probabilmente dalla fregola di strillare nel titolo dell’articolo che secondo Mannino il candidato del centro destra in Sicilia, Nello Musumeci, i presunti impresentabili che si annidano nelle sue liste li conoscerebbe tutti e dunque non poteva non sapere. La svista del Fatto di ieri non è però neppure lontanamente comparabile a un’altra svista importante commessa dal giornale diretto da Marco Travaglio, sulla quale vale la pena spendere due parole.

 

Nel tentativo di picchiare duro e con ogni mezzo contro la nuova legge elettorale, il direttore, il 26 ottobre, ha inveito contro l’intero Parlamento che ha approvato il Rosatellum bis. Il nuovo sistema elettorale rappresenterebbe un atto gravissimo, un attentato alla democrazia. Sarebbe stata violata, secondo Travaglio, tanto una raccomandazione della Commissione di Venezia, che impedirebbe l’adozione delle leggi elettorali entro un lasso di tempo inferiore a un anno dalla scadenza della legislatura, quanto una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che nel 2012 avrebbe già condannato la Bulgaria perché il suo Parlamento avrebbe alterato le regole del gioco elettorale a tutto svantaggio dei partiti dell’opposizione.

 

Nel caso di cui si è occupata la Corte europea dei diritti dell’uomo, però, il direttore del Fatto ha dimenticato di spiegare che le forze politiche di maggioranza presenti nel Parlamento bulgaro introdussero nel 2005, a soli due mesi dalle elezioni, non già regole del sistema elettorale diverse da quelle sino a quel momento vigenti, ma veri e propri requisiti di partecipazione alla competizione mai adottati in precedenza. In particolare, si inserirono con legge sia l’obbligo per ciascun partito politico di presentare un deposito cauzionale, sia la necessità di accompagnare la presentazione della lista elettorale con un numero minimo di firme di cittadini-elettori. Non è stata, pertanto, la natura del meccanismo di traduzione dei voti in seggi (il vero sistema elettorale) a essere oggetto dell’accertamento d’illegittimità da parte della Corte europea, ma l’introduzione di “requisiti di partecipazione” ritenuti del tutto legittimi e che tuttavia se introdotti a poca distanza di tempo dalle lezioni non consentono ai piccoli partiti di organizzare adeguatamente la loro struttura in vista della competizione elettorale.

 

A questo punto della narrazione alcune domande sorgono spontanee: che c’azzecca il Rosatellum con la questione decisa della sentenza citata da Travaglio? Forse la nuova legge elettorale introduce requisiti di partecipazione alla competizione che rendono più difficoltoso per il Movimento 5 stelle presentarsi alle elezioni nazionali? L’annunciata volontà dei penta stellati di non volere stringere alleanze per la formazione di una coalizione governativa, deve essere considerata alla stregua di una limitazione imposta dalla nuova legge elettorale o per quello che in realtà rappresenta e cioè una prospettiva politica discutibile, inconcludente, populisticamente radicale e tuttavia assunta del tutto liberamente? Non è forse vero che il Parlamento è stato costretto dalle sentenze della Corte costituzionale a intervenire comunque sulla disciplina elettorale anche a una minore distanza di un anno dallo svolgimento delle elezioni?

Ma sopratutto, una volta chiarito il reale contenuto della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sbandierata da Travaglio come un capo d’accusa irrefutabile contro la violenza anti democratica dei due terzi del Parlamento, chi vuole fottere chi in realtà?