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Ragioni semplici per capire perché la Sicilia non è come l'Ohio

Claudio Cerasa

Da Musumeci a Cancelleri, da Fava a Micari cu’? Domenica si vota nell'isola e da lunedì succederà di tutto. In realtà non succederà nulla

Succederà qualsiasi cosa ma alla fine non succederà niente e anche se nelle prossime ore i giornali tenteranno di dimostrare che il voto delle regionali siciliane non è solo su Nello Musumeci (centrodestra), Giancarlo Cancelleri (M5s), Claudio Fava (sinistra sinistra) e Fabrizio Micari (Micari cu’? cominciano già a dire nel suo Pd) ma è in realtà un voto su Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Massimo D’Alema e Matteo Renzi, la verità è che nulla di quello che accadrà in Sicilia meriterebbe di essere letto con una lente di ingrandimento diversa da quella siciliana.

 

Nei prossimi giorni succederà qualsiasi cosa ma alla fine non succederà nulla perché nessuna sconfitta e nessuna vittoria di nessun candidato potrà avere un impatto reale sul percorso che accompagnerà i partiti da qui alle elezioni nazionali. Una vittoria del centrodestra permetterà a Berlusconi di essere sì considerato un argine al populismo grillino, ma una vittoria del centrodestra in Sicilia può far notizia fino a un certo punto, dato che dal 1996 a oggi la somma dei partiti di centrodestra, alle regionali siciliane, è sempre stata maggioritaria e mai inferiore al 44,6 per cento del 2012 (51,4 per cento nel 1996, 68,2 per cento nel 2001, 63,9 per cento nel 2006, 57,2 per cento nel 2007, e nel 2012 il centrodestra ha perso le elezioni solo perché si presentò diviso).

 

Domanda: ma una vittoria del centrodestra in Sicilia renderebbe automaticamente vincente il centrodestra a livello nazionale o il centrodestra nazionale potrebbe trovare nei mesi qualche piccolo problema a dover mettere insieme un partito che vuole uscire dall’euro con uno che non vuole uscire dall’euro? Rispondete voi. Allo stesso modo, una sconfitta del centrosinistra sarebbe un duro colpo per Matteo Renzi (martedì, quando il segretario del Pd incontrerà Di Maio a La7, non sappiamo ancora se intervistato da Giovanni Floris o direttamente da Piercamillo Davigo, ci sarà un’intervista già prenotata a Walter Veltroni di Bianca Berlinguer, e l’ex segretario del Pd difficilmente non ricorderà che nel 2010 dopo la sconfitta subita dal Pd in Sardegna lui scelse di dimettersi) ma in realtà il Pd in Sicilia è da anni che non tocca palla e già nel 2012 ai tempi della vittoria di Crocetta il Pd di Bersani venne votato dal 13,4 per cento degli elettori. Domanda: ma una clamorosa sconfitta del Pd in Sicilia non potrebbe far nascere un fronte ampio nel Pd disposto a chiedere a Renzi un passo indietro da candidato premier? Il fronte sicuramente nascerà (e sarà un fronte che proverà, senza riuscirci, a mettere contro Matteo Renzi e Paolo Gentiloni e che alla fine proverà ad accontentarsi di ridisegnare la geografia delle liste, sempre che Renzi glielo conceda) ma sarà un fronte che alla fine dovrà fare i conti con una realtà difficile da negare: il candidato premier che si presenterà alle elezioni è una figura immaginaria (la nuova legge elettorale non prevede neppure il dovere di indicare un capo della coalizione) e il vero candidato premier che guiderà il governo nella prossima legislatura sarà figlio non dei voti delle elezioni ma dei veti del post elezioni.

 

Rimane il Movimento 5 stelle, che in realtà è l’unico partito che ha qualcosa da perdere dalle elezioni siciliane. Non vincere in Sicilia dopo un mandato del governo Crocetta sarebbe come non essere riusciti a vincere a Roma dopo un mandato del governo Marino (sarebbe incredibile, praticamente impossibile) ma una vittoria in Sicilia non cambierebbe nulla a livello nazionale non solo perché negli ultimi quattro anni l’Italia non è stata governata da Crocetta (e i risultati si vedono) ma anche perché il sistema elettorale che esiste fuori dalla Sicilia è un sistema che non rende possibile quello che potrebbe accadere in Sicilia: un partito che a prescindere dai voti presi arrivando primo può vincere le elezioni. Quel sistema, in un certo senso, sarebbe stato possibile con il combinato disposto tra riforma costituzionale e riforma elettorale ma anche grazie al Movimento 5 stelle (che ha detto no a quella riforma) quello che potrebbe accadere in Sicilia non accadrà a livello nazionale. Nei prossimi giorni succederà dunque qualsiasi cosa ma in realtà non succederà niente (e anche un buon risultato della sinistra a sinistra del Pd dimostrerà che l’unica ambizione della sinistra a sinistra del Pd è non far vincere il Pd). La Sicilia forse potrà essere la fine di qualcosa (dell’egemonia di Renzi sul Pd, della forza del grilismo, del peso del leghismo) ma non sarà l’inizio di un bel nulla. L’Ohio è un’altra cosa. Lunedì conviene ricordarselo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.