Il centrodestra per stare unito deve parlare il meno possibile
Due passi a un convegno con tutte le anime della destra per capire qual è il vero miracolo dell'unione. Romani: "Borghi chi?"
Roma. Toti. Rampelli. Fitto. Fedriga. Brunetta. Costa. Matteoli. Quagliariello. Romani. Tutti insieme a Palazzo Wedekind, post vittoria in Sicilia (un caso, dicono gli organizzatori di “Magna Carta” e “Libertà per il bene comune”, ma un caso molto fortunato, quantomeno). E’ il prossimo governo d’Italia? Può essere, ma come facciano a stare serenamente insieme Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia è ancora un mistero non risolto. Non bastano due ore di convegno, in cui tutti sembrano pesare le parole per mantenere intatta l’armonia, per capire quale sia il collante del centrodestra di oggi, che rischia di essere come l’Unione di un tempo. “Le differenze sono una ricchezza all’interno di una coalizione”, garantisce Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, convinto, dice al Foglio, “che le nostre differenze sono minori rispetto a quelle del centrosinistra”. Sì, ma Salvini e Meloni avanzano pretese, pare. Chi lo fa il capo della coalizione? “La questione è stata risolta: non ci saranno primarie e il leader lo farà chi prenderà più voti”. E l’euro e l’Europa? “Salvini ora è più cauto”. Ma Claudio Borghi dice che bisogna uscire dall’euro. “Borghi?”. Il responsabile economico della Lega. “Guardi, io non so chi cazzo sia Borghi”. Molto bene.
E’ dunque chiara una cosa: le differenze saranno pure una ricchezza, ma per non farle emergere troppo meglio sorvolare su alcuni argomenti. Salvini a CorriereTv dice che vuole la flat tax al 15 per cento e lo stop all’aumento dell’età pensionabile? Brunetta, interpellato, un po’ glissa e un po’ sminuisce le proposte dell’alleato: “I programmi dei partiti e della coalizione normalmente sono elencazioni di cose da fare, di sogni, di utopie e di parole d’ordine: flat tax, sicurezza, poliziotto di quartiere, la famiglia. Io vorrei, e ci stiamo lavorando, innovare da questo punto di vista e fare quello che i filosofi chiamano compressione semantica, cioè semplificare. Dobbiamo dar due risposte, una di crescita nel sistema paese dentro l’Europa e una di sicurezza per le famiglie e per le imprese”.
E, appunto, di libro dei sogni e libro dei sogni, ognuno dice la sua. Rampelli (Fratelli d’Italia) dice “aiutiamoli a casa loro” e dice che c’è un business dell’accoglienza da colpire, Fedriga (Lega) è d’accordo e quindi il fronte sovranista intanto introduce i propri argomenti nella costruzione del programma. Dice Rampelli che questa è una fase “decisiva, perché dobbiamo capirci sulle regole d’ingaggio”, senza che nessuno “faccia il furbo e senza prove muscolari. Le prove tecniche di governo vanno fatte da subito”. Rampelli per esempio ricorda che il partito della Meloni non ha votato la legge elettorale, “una legge che non offre alcuna garanzia”. Romani invece dice che è un’ottima legge, ma anche lì tanto ormai è andata, la legge c’è. Il problema sarà, per esempio, decidere la spartizione dei collegi uninominali. “Sono decisi insieme”, sottolinea Brunetta, ma non spiega come avverrà la trattativa (ed esserci sarebbe senza dubbio uno spasso). Le asperità insomma ci sono, ma nessuno pare esserne preoccupato, perché, dice Quagliariello, “le differenti sensibilità, se bene gestite, possono diventare una ricchezza. Certo è che l’atteggiamento della sinistra, il Pd di Renzi soprattutto, ci ha agevolato il compito”. Stai a vedere che alla fine il collante Forza Italia, Lega e soci ce l’hanno a disposizione: è l’antirenzismo.