Palermo, palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea regionale siciliana (LaPresse)

Il panico tra i grillini (e non solo). Ecco perché in Sicilia i risultati delle elezioni potrebbero cambiare

Valerio Valentini

Molti candidati, di vari schieramenti, non hanno presentato l'autocertificazione di candidabilità prevista dalla legge Severino. Pronti i ricorsi. I più terrorizzati sono i cinque stelle: proprio loro che quella legge hanno voluto e osannato

Per alcuni è "solo un polverone alzato ad arte da chi non accetta la sconfitta"; altri dicono che "sarà lo tsunami che travolgerà ogni cosa". Sta di fatto che le segreterie di tutti i partiti siciliani, da qualche ora, sono in fibrillazione. Il problema? Alcuni neo eletti all’Ars, nelle ultime regionali del 5 novembre scorso, non hanno presentato la dichiarazione richiesta dalle legge Severino: una sorta di autocertificazione in cui gli aspiranti onorevoli isolani avrebbero dovuto garantire di non avere a proprio carico pene per quei reati che, secondo la norma che prende il nome dell'ex ministro, comportano l'incandidabilità. In tanti, però, non l'avrebbero fatto: e perciò ora esponenti del Movimento 5 stelle, del centrodestra e del Pd, rischierebbero la decadenza immediata: o meglio, la mancata proclamazione.

  

Il che potrebbe innescare ulteriori ripercussioni: i voti andati ai candidati "sbadati" potrebbero essere a quel punto anche sottratti alle liste connesse. Cioè, di fatto, tolti ai partiti o alle coalizioni con cui quei candidati si presentavano. E insomma ci sarebbe da ricalcolare tutti i risultati. In questo sperano soprattutto gli alfaniani, che un po' si strofinano le mani, un po' si impongono a vicenda un contegno, "ché non vorremmo che questa speranza si trasformi in una doppia, ancor più cocente delusione". Nel frattempo, però, già hanno elaborato nuove proiezioni. Lo spiega Vincenzo Vinciullo, uomo di fiducia del ministro degli Esteri a Siracusa: "Bisogna essere prudenti, ma le cose stanno così: se almeno 324.000 voti risultassero nulli, il nostro 4,1 per cento lieviterebbe automaticamente oltre lo sbarramento, e a quel punto otterremo cinque seggi".

  

Da Forza Italia ostentano invece tranquillità. Nell'entourage di Gianfranco Micciché, il plenipotenizario di Silvio Berlusconi in Siclia, non hanno dubbi: "Gli uffici elettorali dei tribunali avevano già acquisito dalle procure i casellari giudiziali dei candidati, assolvendo a quel ruolo di controllo richiesto dalla Severino. E tanto basta". Ma due precedenti pronunciamenti del Consiglio di stato (nel 2013 e nel 2016) tenderebbero, al contrario, a dare consistenza all’allarmismo. Che è condiviso anche dai grillini. "Non ne so niente, ma da avvocato sono abituato a giudicare solo sulla base di dati certi", nicchia Ignazio Corrao, eurodeputato pentastellato, punto di riferimento per Davide Casaleggio a Palermo e dintorni. Se lo si incalza, replica: "Credo che la Sicilia, in virtù del suo statuto speciale, sia esente da alcuni aspetti della Severino". Sicuro? "Abbastanza. Ma ripeto: non sono io che me ne sto occupando".

 

Lo sta facendo, invece, Michele Giarrusso, esuberante senatore a cinque stelle catanese. E' lui, confidano gli esponenti isolani del Movimento, che sta seguendo la pratica, consultando gli esperti per capirci qualcosa. Ma purtroppo il cellulare di Giarrusso non lo assiste: "Volete parlare delle elezioni siciliane? Guardate, purtroppo ho la batteria scarica e vado di fretta. Risentiamoci nei prossimi giorni".  Grandi fautori della Severino, sono proprio i cinque stelle quelli che, più di tutti, hanno omesso le dichiarazioni richieste: è successo un po' dovunque, nelle varie province siciliane. E ora, a vederla con un occhio un po' critico, si potrebbe dire che è per una giusta nemesi manettara, se proprio loro rischiano di vedersi ridimensionati da un eventuale ricalcolo. Come a dire che a volte il giustizialismo si ritorce contro a chi lo fomenta. 

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