Mdp serve solo a D'Alema
Un ex militante di Mdp chiude la prima sezione del nuovo partito: "E' stata un’illusione pensare che con gente come lui si potesse davvero costruire qualcosa di sano”
Roma. C’aveva creduto, Marcello Rocco. E certo, oggi sarebbe troppo facile rimproverargli una certa ingenuità. Tanto più che è lui il primo, ora, a riconoscerlo: “Sì, è stata un’illusione pensare che con gente come D’Alema si potesse davvero costruire qualcosa di sano”. Era stato perfino tra i più entusiasti, all’epoca. Che poi è un’epoca per nulla remota: “Sono bastati sei mesi, per convincermi che con Mdp era inutile insistere: questo è solo un contenitore creato con l’unica finalità di riportare in auge personalità che hanno contribuito allo sfascio della sinistra”. Detto da lui, fa un certo effetto. Lui che era stato il promotore del primo circolo di Mdp in Italia: quello di Serino, settimila abitanti in provincia di Avellino. “Non circolo: sezione”, corregge subito, in onore a un lessico di un tempo, quello sì, assai lontano. Ma del resto la storia di Marcello Rocco è proprio quella: padre militante nel Pci prima, in Rifondazione poi, figlio iscritto sin da giovanissimo nei Ds, poi confluito nel Pd. “Sempre a sinistra, anche quando ero in minoranza. Il che è accaduto spesso, specie di recente”. Non ha mai apprezzato Matteo Renzi, e non lo nasconde.
“Non è una questione personale: è che reputo le sue riforme neoliberiste, di destra, e non le condivido”. Ma del resto, neppure negli altri cantoni del Pd Rocco ha trovato migliore asilo. “Al congresso del 2013 votai Pippo Civati”, e anche in lui ha creduto. “E invece Civati è un altro che predica bene e razzola male: rimproverava a Renzi di non coinvolgere i territori, di non consultare la base, ma poi a noi non ci considerava neppure, se non per qualche comparsata estemporanea”. E così, “abituato a vivere sempre controcorrente nel partito”, il trentunenne Rocco si è ritrovato a creare un comitato provinciale “Pd No Triv” in occasione del referendum dell’aprile del 2016, poi a scendere in strada insieme alla Cgil per raccogliere le firme contro il Jobs Act, poi a schierarsi, e “apertamente”, per il No nella campagna per il referendum costituzionale del 4 dicembre. E dunque c’è da immaginarselo, il sollievo di Rocco e dei suoi amici, nell’assistere alla nascita della nuova creatura rossa, generatasi dalla scissione del febbraio scorso. “Sollievo mica tanto, in verità. Più che altro rassegnazione: abbandonare il Pd dopo tanti anni di militanza è stata comunque una decisione dolorosa. L’entusiasmo, però, quello sì: ce n’era davvero tanto quel 25 marzo, un sabato, quando trasformammo il ’Circolo Pd Enrico Berlinguer’ in ’Sezione Articolo 1-Mdp Enrico Berlinguer’”. Stessa sede, nel centro di Serino, nel cuore dell’Irpinia. Rocco ricorda ancora “l’arrivo del presidente Enrico Rossi, il video fatto insieme a lui durante l’inaugurazione, le foto con decine di giovani pieni di passione che nel giro di qualche settimane crearono anche un gruppo consiliare autonomo, al comune di Serino”. E’ durato poco. “Ci siamo ritrovati immediatamente a dover far fronte alle stesse logiche che ci avevano nauseato nel Pd: personalismo, derive leaderistiche, mancanza di attenzione per il territorio. Ci è stato chiaro immediatamente che a comandare tutto era D’Alema, il quale controlla le varie realtà locali attraverso i suoi fedelissimi”. In Campania, il fedelissimo è Massimo Paolucci, napoletano, classe ’59, eurodeputato e grande amico del lìder Massimo. “E Paolucci ha un suo fedelissimo ad Avellino: si chiama Francesco Todisco, e fa il consigliere regionale”. Insomma, è tutta una catena di affetti, per dirla col Sassaroli di Amici miei, che nessuno può spezzare. Rocco sorride, e conferma: “L’uomo di D’Alema è Paolucci, l’uomo di Paolucci e Todisco. Con buona pace dei militanti”. Ma anche di Roberto Speranza, che “sarebbe” il coordinatore nazionale di Mdp. “Sarebbe, sì, perché in realtà non ha alcuna libertà d’azione. Così come non ce l’hanno neppure Enrico Rossi e Arturo Scotto. Tutto ruota intorno a D’Alema, che è mosso da arrivismo e da rancore personale, e in seconda battuta a Pier Luigi Bersani”. A Rocco e ai suoi compagni d’avventura di Serino, queste dinamiche si sono rivelate con chiarezza già nelle prime settimane dopo l’adesione al nuovo partito: “Per mesi ci siamo tappati la bocca, per rispetto verso i nostri militanti e per una forma di disciplina interna. Speravamo, in ogni caso, di ottenere ascolto da parte dei nostri vertici”. E invece? “E invece io personalmente ho scritto due lettere a Rossi, per denunciare il nostro disagio. E lui non ha mai risposto, ma anzi ha inoltrato quei miei messaggi di lamentela a Todisco, il responsabile irpino di Mdp”. E poi richieste d’incontri, telefonate: “Tutto lasciato cadere nel vuoto. Rossi replicava sempre e soltanto con risposte vaghe, promesse fumose”. E così, “di nuovo con grande dolore, alla fine ci siamo arresi. Il 19 ottobre scorso abbiamo chiuso la nostra sezione”. I primi ad aderire, i primi a desistere. Ma non è detto che resteranno i soli. “In questi giorni – racconta Rocco – mi hanno scritto parecchi iscritti a Mdp, campani e non solo, per dirmi che anche loro purtroppo soffrono lo stesso malcontento”. E del resto, dietro il proliferare convulso di circoli e sezioni bianche e rosse in giro per l’Italia, spesso anche nelle vie dei centri storici, non c’è affatto partecipazione reale.
“In tanti casi, soprattutto nel Meridione, sono solo dei comitati elettorali che si attivano a comando del capobastone di turno in prossimità delle elezioni”. Quanto a Rocco, il suo impegno ha deciso di dirottarlo, insieme a una manciata di amici, “in una nuova associazione che stavolta però non ha nessun legame coi partiti della sinistra e con la politica in generale. Ci ho creduto a lungo, ora non più”.