Tre Fondatori, e tre libri, in cerca di un centrosinistra da rifondare
Veltroni, Rutelli e Fassino in libreria in contemporanea mentre all’ex sindaco di Torino toccano le “consultazioni”
Roma. Manco a farlo apposta sono in tre: tre fondatori del Pd con un libro ciascuno appena uscito, e tre colori per le copertine (una rossa, una verde, una blu). Tre indizi fanno una prova? Forse sì, anche no. Eppure non si può smettere di domandarsi: ma sarà casuale, la tripla circostanza? Nelle sacche della trattativa tra Pd e “chi ci sta”, infatti, condotta con il miglior ottimismo della volontà dall’ex sindaco di Torino ed ex segretario dei Ds Piero Fassino, fresco destinatario di un primo “no” bersanian-dalemiano (Roberto Speranza seguirà), accade che il mondo della saggistica politica debba salutare l’uscita quasi contemporanea dei volumi dello stesso Fassino (“Pd davvero”, edito da La Nave di Teseo), di Francesco Rutelli (“Contro gli immediati”, sempre La Nave di Teseo) e di Walter Veltroni (“Quando”, edito da Rizzoli e presentato ieri all’Auditorium di Roma, come ai bei tempi delle “lezioni di politica” dell’ex sindaco di Roma, nel frattempo anche regista di documentari che sempre all’Auditorium hanno avuto battesimo, al cospetto di ministri, segretari di partito, ex presidenti della Repubblica, al punto che allora si immaginava una staffetta: Walter sarà per caso “quirinabile”?). Ma a questo punto, con tre libri in campo e un Fassino in azione in prima persona, sono troppe le coincidenze per non vederci un messaggio a triangolo per la futuribile coalizione in cerca di autori (al plurale, dopo l’approvazione del Rosatellum).
E dunque a chi staranno parlando, i tre Fondatori, ci si domanda cercando di trovare, nelle analogie e differenze tra i volumi? Pure le tracce di un messaggio cifrato a questi e a quelli, premessa che il cerchio comunque non si chiude: se il segretario pd Matteo Renzi, infatti, ha fatto da apripista con il suo “Avanti”, uscito d’estate per Feltrinelli, il deus ex machina della scissione e rifondazione in Mpd, Massimo D’Alema, al momento non è in libreria. Tuttavia i destinatari ignoti paiono sempre meno tali, nei giorni dell’incessante scouting di Fassino, l’uomo cui toccano sette fatiche in quattro giorni: constatato il (provvisorio?) muro innalzato dalla presidente della Camera e faro di Campo progressista Laura Boldrini, l’ex sindaco di Torino si è recato a Bologna a parlare con Prodi, ricavandone l’impressione che Prodi “incoraggi” la prosecuzione del cammino (motivo per cui tutti ieri già gridavano, forse troppo precipitosamente, al miracoloso “recupero” del Fondatore numero uno). Ma lo si doveva capire un mese fa, all’uscita del libro “Pd davvero” (a Roma soprannominato dai dem più burloni “ma che davvero?”) che Fassino parlava già a chi se n’era andato dalla casa madre: che cosa deve fare una sinistra che non si rassegni a una condizione di minorità?, chiede l’ex segretario ds, che a pagina 31 racconta l’altro momento difficile in cui si mise a disposizione della causa: era il 2001, Francesco Rutelli era candidato premier e Fassino lo affiancava, ma il ticket, scrive l’ex sindaco di Torino ed ex ministro della Giustizia, ottenne un 43,6 per cento “non sufficiente a vincere” ma sufficiente ad aprire “una fase di riflessione sul se e come rilanciare l’Ulivo”. Sedici anni dopo rieccoci qui, a parlare prima di tutto con il demiurgo dell’Ulivo Romano Prodi, mentre Rutelli, ex sindaco di Roma non ricandidatosi alle politiche 2013, presidente dell’Anica impegnato in molte iniziative internazionali, dà alle stampe “Contro gli immediati - per la scuola, il lavoro, la politica”. Gli immediati cioè “gli effimeri vincitori di oggi, coloro che rifuggono la mediazione… assertivi… compulsivi”, capaci di diventare “guru” attraverso “slogan rilanciati sulla rete” (chi sono?, si domandano in questi giorni gli osservatori, oscillando tra la risposta “Cinque stelle” e quella “Matteo Renzi”). Torniamo a “scommettere sul tempo medio”, dice Rutelli, “non cancelliamo al memoria dei perdenti” in nome del “far sparire i problemi”. E c’è chi ha visto nell’uscita del libro un riavvicinamento alla prima linea politica di uno dei due “gemelli del gol”, come venivano chiamati gli allora sindaci di Roma (a staffetta) Rutelli e Veltroni. Ma Rutelli dice che no, non si candida, sta solo lanciando l’allarme contro “la politica del tweet” e delle “bolle informative” in cui “ci si abbevera solo da punti di vista che ci assomiglino”.
Poi arriva il giorno della presentazione romana di “Quando”, romanzo di Veltroni che ha per protagonista un uomo che entra in coma nel 1984, poco dopo la morte di Enrico Berlinguer, e si risveglia nel 2017. E ovviamente si attende una parola dall’autore, che nei giorni scorsi si è detto “preoccupato” dalla prospettiva del voto imminente in un quadro di “tatticismi”, e del premier Paolo Gentiloni – che, presentando il libro, sentendosi forse anche un po’ destinatario del messaggio dell’ex segretario del Pd, dice che anche Veltroni “continua a sconsigliare” di rifugiarsi nel passato e a consigliare al centrosinistra di farsi “largo e unito”. E a quel punto il paragone e la domanda risalgono spontanee: sì, in “Quando” sarà pure come in “Goodbye Lenin”, film tedesco in cui la mamma del protagonista si sveglia dopo il crollo del Muro di Berlino, ma quale sarà il crollo a cui Walter metaforicamente allude? Crollo di ideologie, valori, leadership (compresa la sua, nell’annus horribilis 2009)? E chi sarà il bambino di mezza età che, come Giovanni, il protagonista di “Quando”, deve re-imparare a camminare nel mondo spaventoso di Twitter e degli “immediati” di Rutelli? E alla domanda di Giovanni – “non è finita la voglia di cambiare le cose, vero?” – non può rispondere oggi l’infaticabile Fassino, alle prese con il grande interrogativo “Pisapia che fa?” e con un’agenda in cui campeggia minaccioso il secondo giro di consultazioni presso Mdp.