Giamaica, Italia
I burocrati tedeschi, fatti i compiti a casa, hanno deciso che era meglio non governare che governare male. E qui da noi, invece, a sbellicarci parlando del niente in un circo politico fatto di gigioni, comici e affaristi
Giamaica, Italia. Adesso tutti contenti faremo la ruota del pavone. L’alleanza nero giallo verde a Berlino non è nata. In Germania forse si rivota. Forse un governo di minoranza. Forse la Spd accetta un appello del presidente. Forse forse forse. Instabilità. La cara Angela in declino. La Francia unica nazione seriamente governata in Europa. I mercati tremano (quotazione euro ieri meno 0,1 per cento). Noi ci sbellichiamo. Altro che lezioni morali su debito pubblico e governabilità, ma quanto sono latini questi tedeschi. Bisognerà dar loro una mano perché non sanno badare a sé stessi?
C’è però una differenza a ben vedere, tra due stili di conduzione politica delle cose, tra due sistemi e strutturazioni di partiti e di classi dirigenti. La futura Giamaica Renzi-Berlusconi o Grillo-Salvini-D’Alema-Bersani si giocherà su definizioni come zombie, insulti da trivio veramente fantastici, su streaming con un elegante “esci dal tuo blog” scambiato con un “e tu vaffanculo”, canti di vittoria anche se si sia perso, smisurate ambizioni tipo cambiare l’Italia, attacchi ai traditori, cosa sia di destra e di sinistra, Europa kaputt e viva l’Europa, affondiamo i barconi, accogliamo tutti, ius soli e poi eutanasia per tutti, ma con tasse basse e spese alte, da destra e da sinistra, e un ministero per la vecchiaia e misure per il mantenimento delle canuzze di casa, soldi per pensioni, per dentiere, salari per casalinghe, sciopero generale della Camusso, due quasi lauree ad Austerlitz per Aledibattista, tutte cose che non ci sono ma s’inventano.
In Germania popolari di due specie, verdi, liberali hanno discusso per cinque settimane di energia, tipo carbone, tipo nucleare, di lavoro, orari, mini-job, di investimenti, finanza, fiscalità, tecnologia, automazione, agricoltura, trasporti e infrastrutture, scuola, politica estera, Europa, immigrazione, il passato e il futuro dei ricongiungimenti, quanti, come, quando, le cifre al millimetro dei sì e dei no, le quote, capitolo per capitolo, Land per Land. Hanno preso appunti su quadernini a quadretti, si sono segnati i problemi da ogni diverso punto di vista, se li sono scambiati, ne hanno discusso a casa, i famosi compiti a casa, li hanno poi esaminati in comune, trattative lunghe, meticolose, piene di umile acribia, poi hanno deciso che non c’era da aver fiducia gli uni negli altri, fiducia duratura, e che come ha detto il liberale Lindner “meglio non governare che governare male”. Non è che non abbiano fatto calcoli politici, ma appunto si tratta di calcoli, addizioni, sottrazioni, divisioni, moltiplicazioni, tutta la tabella pitagorica.
E noi, Brancaccio, gigioni da circo improvvisati civici, comici improvvisati guru, affaristi privati che reinventano la politica improvvisata in nome di Rousseau, fenomeni come Ostia, poi Fregene e Santa Margherita Ligure o Bibbona, trattative sì ma rigorosamente incentrate sul nulla, tende piantate di giorno e spiantate di notte, un rincorrersi di diciamo, diciamo, diciamo senza nemmeno raccogliere la cacca di Lulu, terze camere illuminate a camere spente, carriere costruite alla “Zanzara” di Cruciani&Parenzo (benemerita vaccata), e se non ci fossero i noiosi come Gentiloni e Padoan l’unico italiano serio risulterebbe quel povero generale della Forestale che ha sentito su di sé, Dio lo benedica, la colpa di una valanga. Noi la politica come passione, fantasia, anema e core, loro la passione politica come chiamata, Beruf, professione. Da loro è andato per adesso tutto a puttane, ma dov’è la festa? La festa è qui, il bordello è qui, tra i pavoni.
Equilibri istituzionali