Fassino non si rassegna al no di Bersani. Ma un accordo Pd-Mdp è impossibile
L'ex portavoce di Bersani ci spiega che la sinistra insegue i voti di Grillo. Ma non si può essere alternativa al grillismo senza denunciarne la carica eversiva
[Oggi Piero Fassino, incaricato da Matteo Renzi di ricostruire il rapporto tra il Pd e le forze che si trovano a sinistra del Pd, incontrerà alcuni esponenti di Sinistra Italia e Mdp. Rispondendo a Pier Luigi Bersani, l'ex sindaco di Torino lo ha invitato ad incontrarsi non dopo il voto, ma prima delle elezioni, aggiungendo: “Non mi rassegno al no di Bersani”. Pubblichiamo qui sotto la lettera dell'ex portavoce di Bersani, Stefano Di Traglia e la risposta del direttore che spiega perché, a queste condizioni, un accordo Pd-Mdp è impossibile].
Al direttore - Il giornale da lei diretto ha voluto dedicarmi un po’ del suo spazio soffermandosi sui contenuti di un mio post pubblicato sul blog dell’Huffpost. Il vostro articolo pubblicato la scorsa settimana, dal titolo “La sindrome di Stoccolma di Mdp”, riprendeva i classici argomenti, ormai un po’ datati per la verità, di chi fin dal 2013 ha contestato tutto ciò che potesse somigliare a una apertura di credito del Pd di Bersani prima e di Articolo 1 – Mdp oggi, verso il Movimento 5 stelle. Nel mio articolo non c’è nessuna apertura di credito verso il M5s, tanto meno una “rincorsa” o uno “stalkeraggio” nei loro confronti. I miei ragionamenti, mi creda, nascono da alcune semplici considerazioni. Dalle elezioni politiche del 2013 a oggi (vedi le recenti elezioni in Sicilia e il ballottaggio di Ostia), milioni di persone di provenienza progressista e di sinistra sono stati attratti, in vario modo, dai messaggi politici di Grillo & company. E’ questo il punto! Mi piacerebbe che i partiti che si rifanno alla sinistra, a partire dal nuovo soggetto che sta nascendo, affrontassero seriamente, come ancora poco hanno fatto sinora, le ragioni di questa attrazione. Non solo per capirne le cause, ma soprattutto per cercare di conquistare quella fetta importante di elettori, che pur dichiarandosi di sinistra hanno in questi anni premiato i Cinque stelle o pensano di premiarli ancora. Non nego che uno degli argomenti utilizzati da questi elettori per motivare la loro scelta sia, ad esempio, quello dell’antipolitica. La richiesta, cioè, di una politica più sobria (di politici più sobri direi!), più vicina ai cittadini, capace davvero di dare attuazione a quel bell’articolo della Costituzione che dice: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. A questo sentimento antipolitico si aggiunge la rabbia di molti cittadini che trova terreno fecondo nella vita vissuta dalle persone normali. Ogni giorno milioni di italiani, spesso delle periferie urbane, che vivono al di sotto della soglia della povertà o che temono di entrarci, sono messi davanti a scelte drammatiche, talvolta umilianti: decidere, ad esempio, se spendere le insufficienti risorse economiche a disposizione per curarsi o per pagare le ripetizioni ai propri figli. Una situazione, come tante altre, che un recente rapporto Caritas definisce una sommatoria di ambiti problematici. E’ compito di una sinistra che ambisce a costruire un paese migliore rappresentare questi problemi e queste persone, offrendo loro una via di uscita dall’angolo in cui si trovano, diventando argine contro le varie diseguaglianze. Perché l’antipolitica, che è tutt’oggi la mission del M5s, è nemica dei soggetti più deboli, più in difficoltà. Per imporsi, infatti, ha bisogno di una politica che non funzioni, screditata. Non vedo interesse da parte loro per trasformarsi in medici della politica, per farla uscire dalla crisi in cui, da troppo tempo ormai, sembra caduta. Ecco, non saranno di certo le guerre a colpi di tweet o di campagne di comunicazione demagogiche, a sottrarre energia ai Cinque stelle. Questo sì che si tratterebbe di inutile inseguimento, come hanno dimostrato del resto gli esiti elettorali o referendari degli ultimi tempi. E’ con la buona politica e con i fatti concreti che la sinistra potrà riconquistare la fiducia che troppi le hanno tolto negli ultimi tempi. Ha ragione Direttore, siamo all’inseguimento. Non di Grillo, come ho letto sul suo giornale, ma dei suoi elettori.
Stefano Di Traglia
Caro Di Traglia, il suo ragionamento è lineare ma presenta un piccolo difetto, diciamo così. Nella sua impostazione, il Movimento 5 stelle, come ha detto più volte anche Pier Luigi Bersani, è “una forza di centro e un argine alla deriva populista” e questa impostazione, se mi permette, è la spia di un problema importante che porta non a inseguire Grillo ma porta a qualcosa ancora di più grave: sottovalutare ciò che rappresenta il Movimento 5 stelle, con la sua carica eversiva, anticostituzionale, antidemocratica, antisistema, antieuropeista, antigarantista, per non delegittimare i grillini e per cercare punti di contatti con gli elettori del movimento. Capisco la strategia – che poi è simile a quella che ha guidato nel 2013 il Pd, ai tempi del tentato governo di cambiamento con il Movimento 5 stelle – ma non posso non farle notare che la strategia mi sembra pericolosa: non denunciare la carica eversiva del grillismo, sperando di conquistare qualche voto grillino, non è un modo per essere alternativi al grillismo ma è un modo per essere sottomessi all’egemonia delle forze che più delle altre rappresentano lo sfascio del paese. Prima che sia troppo tardi, forse conviene pensarci su. Grazie.