Scalfari ha riabilitato Berlusconi, ora aspettiamo gli altri
Dopo il fondatore di Repubblica che voterebbe Cav. nel salotto vorremmo anche Serra, Mauro, de Bortoli e Borrelli
Scalfari va riammesso in società. Nei salotti berlusconiani e renziani che frequentiamo con alterne fortune da oltre vent’anni. Un’augusta vecchiaia razionale, illuminata, gli ha consigliato la risposta giusta: “Voterei il Cav., senza esitazione”. Ma vogliamo anche Serra, che invece resiste. Vogliamo Mauro, passato felicemente da un set a luci rosse alla bella ricostruzione stilistica della splendida San Pietroburgo. Di Mieli siamo quasi sicuri, ma vorremmo anche de Bortoli, che invece rilutta, e non solo per la sua “d” minuscola. Non ci dispiacerebbe nemmeno Borrelli, in verità, un salotto è un salotto e un magistrato borghese ci sta bene. Poi basta, però.
Perché? Ma perché il Cav. non ha rovinato l’Italia, chiaro, l’ha trasformata. E ci ha offerto la più imprevedibile delle successioni, ora vanamente intralciata dai Mediocri, andando a pescare Renzi al Nazareno, quel Renzi che non lo ha mai odiato, eletto tra i suoi figliocci, a sinistra o nel centrosinistra, d’accordo, ma non si può volere tutto dalla vita, e Berlusconi è smisurato, invincibile, ma sa anche accontentarsi.
E di cosa parleremo, nel salottone di una ritrovata concordia aristocratica? Parleremo di Occhetto, che non era maturo per governare nel 1994. Dei magistrati di Milano, troppo vogliosi di trasformare le inchieste sulla corruzione in una crociata politica e sopra tutto in una missione morale contraria a ogni principio di giustizia, con triste finale dipietrista. Dei partiti e di Craxi e Andreotti, che furono impiccati senza riguardi per il loro essere stati pilastri di una democrazia liberale solida. Di stampa e tv e circuito culturale, che non furono mai così liberi e palpitanti come durante il ventennio, e oltre. Del linguaggio politico e istituzionale, che doveva pur cambiare, una volta eliminato il protocollo della Repubblica del 1948, anno di varo della Costituzione. Della polarizzazione virtuosa, che ha portato la Lega nord di Bossi e Maroni nel partito della nazione e i fascisti del Msi nella sinistra benpensante, anche troppo a sinistra, anche troppo benpensanti. Dell’alternanza alla guida del governo, che ha dato i suoi frutti a destra e a sinistra, e restituito all’elettorato per una lunga stagione, poi vedremo, il potere dell’autogoverno. Dell’anticomunismo, che ha per sé ragioni sempre forti, ha un senso, come sanno i comunisti e gli ex comunisti. Di Mediaset e di Rai, che sono sempre la stessa cosa da tanto tempo, ma si è aggiunta tanta roba, in regime di perfetta concorrenza. Di Mondadori, ben gestita, e di Repubblica, quotidiano restituito alla sua anima in un batter d’occhio del Ciarra e oggi illustrato da una bella riforma grafica. E di tante altre cosette.
Il tappo è saltato
Forse limitare tutto al conflitto di interessi, una pagliacciata notoria, e alla lap dance, o al sesso estremo (metà della metà), non fu un modo per rendere omaggio alla ragionevolezza e alla privacy, due complementi di ogni democrazia liberale da salotto buono. Scalfari ha fatto saltare il tappo, come ai tempi di Forattini e dello champagne per il divorzio. Restano fuori gli scugnizzi che cercano di lucrare qualche inutile copia ai danni della corazzata, i fissati, i reduci, i tignosi, gli abbarbicati, e tutti quelli che non si sentono a loro agio in compagnia di un prodigioso fenomeno della storia italiana e mondiale, che ora ha a Washington un banale imitatore, banale ma pericoloso quanto lui si rivelò da subito promettente, mite, caimano solo negli incubi dei narcisi, delfino semmai, che salta e ride. Metteremo un po’ di musica da ascensore, balleremo il ballo del mattone, converseremo del più e del meno, secondo la scaletta provvisoria appena proposta, e alla fine anche Serra si farà vivo, magari in compagnia di Aledibattista, così sincero, così papà, così raffinato e popolare come modello della nuova politica. Così rilevante.