Fabio Fazio e Silvio Berlusconi

Sim-sala-Cav

Salvatore Merlo

Il gen. Gallitelli e l’arte di Berlusconi di rilanciare se stesso (e pure Fazio) e mettere in agitazione gli altri

Roma. Va da Fabio Fazio e gli fa risalire la china degli ascolti, quasi cinque milioni di spettatori, un milione in più di quelli che si sono sorbiti Luigi Di Maio, duecentomila in più di quelli di “Rosy Abate”, la fiction del momento su Canale 5, e oltre tre milioni in più degli spettatori intrattenuti dal circo di Massimo Giletti, che aveva ospiti Cateno De Luca e un ceffo della famiglia Spada di Ostia (a proposito: è la terza volta che un famigliare del clan romano si siede in un salotto televisivo di La7, forse c’è un problema). “E’ in ottima forma e di buon umore, un po’ meno quando parliamo di questioni di natura giudiziaria”, dice il suo avvocato, Federico Cecconi, che lo difende nel Ruby-ter. E dev’essere proprio vero, che è di buon umore, perché sono almeno due settimane che Silvio Berlusconi, gran presenza oscura e vivace che guida il suo partito con una mano sola, tiene allegramente prigioniera l’Italia politica facendo parlare tutti di sé e per cose che evidentemente nemmeno esistono, ma che lui, creatore non profondo ma sorgivo di marketing applicato alla politica, fa esistere. Prima con l’impossibile ballottaggio tra lui e Di Maio, periodo ipotetico dell’irrealtà non esistendo ballottaggi in questa legge elettorale, e adesso con l’ultima invenzione, cinica e ludica insieme, la prestidigitazione del mago di Arcore – sim-sala-bim! – lui che domenica sera ha fatto svenire l’intero quartier generale di Forza Italia dichiarando che “il candidato premier ideale del centrodestra è il generale Leonardo Gallitelli”, l’ex comandante dell’Arma dei carabinieri. 

  

“Gallitelli chi?”, si sono chiesti tutti, a cominciare dall’alleato ormai oscurato Matteo Salvini, “questa non l’avevo ancora sentita”. E solo l’intrepido Renato Brunetta, mentre gli altri cercavano il nome di Gallitelli su Wikipedia (“ma chi è?”), ieri ha spinto la propria generosa dissipazione al punto di dichiarare che il nome del generale è “un esempio dello standard di qualità della società civile che noi pensiamo di coinvolgere nell’attività del prossimo governo”. D’altra parte Berlusconi diceva Mario Monti, e tutti mettevano il loden, lui tirava fuori Marchionne e tutti mettevano il maglione, lui lanciava Montezemolo e tutti s’aggiustavano il ciuffo. Persino Angelino Alfano in un tempo ormai remoto è stato suo successore per circa una settimana. Come non ricordare il lancio in pompa magna delle primarie del Pdl? C’era il povero Alfano, in maniche di camicia, che sorrideva ignaro di quello che sarebbe poi successo: “Finalmente si parte! Sono molto contento perché a queste primarie ho tanto creduto”. Solo negli ultimi sei mesi, per tacere dei tempi di Samorì e della Brambilla, il Cavaliere ha candidato a Palazzo Chigi Antonio Tajani, Mario Draghi, Mara Carfagna… e ora Gallitelli (che fa sapere: “Sono sette anni che non lo sento”). Dicono che Berlusconi abbia un cervello pieno di lampadine rosse, verdi e gialle, che si accendono e si spengono come un semaforo. “Le sue sono uscite dadaiste”, dice Maurizio Gasparri. “Però credibili”, aggiunge l’ex ministro, nel tentativo di definire questo garbuglio di fantasie e d’imprudenze, di calcoli regolati col tic tac d’una bomba a tempo, il carattere e la potenza d’un uomo babele che nel 2017, a ottantun anni, ha dato innumerevoli volte per sconfitto, è incredibilmente in testa ai sondaggi e agli indici d’ascolto, mattatore di una campagna elettorale che senza le sue invenzioni sprigionerebbe il gelo d’un ufficio contabile, una noia da cancelleria provinciale infestata dalle mosche.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.