Nella caccia al dicembre rosso manca persino il nome "sinistra"
Sabato le manifestazioni della Cgil, domenica all'Eur l'assemblea di Mdp-Sinistra italiana-Possibile dove, al momento, si dibatte attorno all’effettiva discesa in campo di Piero Grasso
Roma. Sono passati tre anni dal giorno in cui Susanna Camusso, leader Cgil, usciva da un incontro tra l’allora premier Matteo Renzi e i sindacati con aria amareggiata. Renzi ci ha ricevuti “soltanto per un’ora”, diceva, “è come la Thatcher”. Ma l’aria attorno, allora, nonostante il consueto fiorire di cortei autunnali, non era propizia a una ripresa della lotta di piazza (per non dire di classe): era infatti l’autunno successivo alla vittoria “landslide” del Pd alle Europee e anche il sindacato si adattava a una navigazione sottotraccia. Ma dal dicembre 2016, con la vittoria del “no” al referendum, la crisi del Pd renziano, il cambio di premier e la moltiplicazione delle “sinistre-a-sinistra-del Pd”, anche la Cgil può ben dare la caccia al suo dicembre rosso.
Ecco infatti che Susanna Camusso, alla vigilia del D-day di sabato, giorno di manifestazioni Cgil contemporanee al nord, al centro, al sud e nelle isole, appare agguerrita come non mai, e da Torino spende parole addirittura terzomondiste: “Contrastare la crisi si poteva, ma le occasioni perse sono state tante. E a pagare sono stati sempre gli stessi. Oggi in tutto il mondo c’è chi possiede enormi ricchezze, mentre tanti, sempre di più hanno sempre meno… i giovani in questo paese fanno le valigie, oppure stanno a casa con mamma e papà. Siamo un paese che non ha saputo dare risposte ai giovani. E poi ha cominciato a dire che i nemici erano i pensionati, i pensionandi e chi lavorava”.
Ma non c’è soltanto la rinvigorita Camusso, in campo (sulle pensioni – “#pensioni, i conti non tornano”, è lo slogan del 2 dicembre – e sulla manovra economica). Il fine settimana prossimo venturo, infatti, è quello in cui si riunirà in assemblea la sinistra non pisapiana “a sinistra del Pd”, dove, al momento, ci si dibatte attorno all’effettiva discesa in campo del presidente del Senato Piero Grasso, che deve ancora sciogliere la riserva sul suo impegno in prima linea alla testa di Mdp-Sinistra italiana-Possibile. “Penso sarebbe un grande valore aggiunto”, ha detto ieri Massimo D’Alema. E anche se molti dicono che Grasso non farà lo sdegnoso domenica 3, nel palazzetto per concerti dell’Eur, luogo prescelto per il lancio della cosiddetta “lista rossa”, la sensazione è che le magnifiche sorti e progressive della sinistra siano per così dire meno magnifiche di quel che Pierluigi Bersani, ieri, cercava di tratteggiare: “Il 3 dicembre”, ha detto l’ex segretario pd a Canale 5, “mettiamo in moto un percorso nuovo. Una sinistra plurale e civica che proporrà al paese di ridurre le diseguaglianze… non ci sono i presupposti di un’alleanza con il Pd, ci rivolgiamo a un popolo che si sente deluso, tradito… gli elettori non sceglieranno un governo ma un partito. Sceglieranno dove li porta il cuore e poi deciderà il Parlamento. La nostra etica della responsabilità è portare a votare chi è ora nel bosco”. Obiettivo: avere la forza, dopo il voto, per “poter parlare con le forze di centrosinistra sulla base di una piattaforma nuova”, sempre che, dice Bersani, non tocchi rivotare per colpa “di questa legge elettorale balorda”. Ma il tranquillo weekend di lotta, nell’anticamera del quale già si litiga sul simbolo del nuovo rassemblement che vorrebbe chiamarsi “Liberi e uguali” (presentare pure il simbolo? Meglio aspettare, si è deciso ieri), rischia l’effetto “involucro”: tutti pronti con la scatola, ma che cosa metterci dentro per farsi votare è tutta un’altra storia (non per niente si è restii a mettere nel nome della nuova formazione persino il nome “sinistra”).