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La repubblica giudiziaria rinasce grazie a un alleato: la politica

David Allegranti

Dalla commissione d'inchiesta sulle banche a quella, annunciata, sulle fake news, fino ai querelatori professionisti. Il dibattito pubblico è sempre di più ostaggio della magistratura

Roma. E’ tutto un querelare, affidare alla magistratura la decisione ultima su controversie – altrimenti dette “scazzi” – parlamentari, invocare risoluzioni giudiziarie per fronteggiare problemi politici. Il dibattito pubblico è insomma ostaggio della magistratura, ma stavolta non sono le ingerenze dei giudici a preoccupare; è la stessa politica che si rivolge ai tribunali perché incapace di affrontare una discussione senza avvocati. E senza magistrati, a quanto pare, visto che il Pd, dopo aver chiesto e ottenuto la commissione d’inchiesta sulle banche adesso ne vorrebbe una sulle fake news. Matteo Renzi non vuole una legge, come invece si apprestava a fare il Pd al Senato ma, ha spiegato domenica alla Stampa, “nella prossima legislatura voglio continuare la battaglia contro le operazioni di disinformazione che l’Italia, non solo io o il Pd, ha subito in questi anni”. Comunque, “chiederò l’istituzione di una Commissione d’inchiesta parlamentare, con i poteri della magistratura, sulle operazioni di disinformazione, meglio chiamarle così piuttosto che fake news, perché in Italia è accaduto qualcosa di organizzato, e ci andremo fino in fondo, chiamando testimoni, guardando i dati, interrogando le persone in una commissione. Vedremo le centrali”. E perché non chiedere direttamente alla procura di Trani, nota alle cronache per aver messo sotto indagine le agenzie internazionali di rating? In Italia quando non si sa che fare si aprono “tavoli di concertazione” o “commissioni d’inchiesta”, l’ultima delle quali è appunto quella sulle banche, il famoso impasto di “demagogia e pressappochismo” di cui parlò Pier Ferdinando Casini, poco prima di presiederla.

 

Ci sono poi i querelatori professionisti (anche se magari si limitano agli annunci, quindi alle minacce, il che è un po’ diverso). Solo nelle ultime due settimane, Alessandro Di Battista ha detto di voler querelare Silvio Berlusconi, che da mesi ha i Cinque Stelle come bersaglio principale della sua campagna elettorale: “Li conosco bene: sono gente senza arte né parte, senza professione, senza competenze o esperienze. L’87 per cento dei loro parlamentari non ha mai fatto una dichiarazione dei redditi e quindi non ha mai lavorato”. Insomma, i grillini sono degli ignoranti, dice il Cav., facendo adontare Di Battista, che gli risponde chiedendogli centomila euro (forse serviranno per i viaggi in America Latina?): “Io ho quasi due lauree ed un master in tutela internazionale dei diritti umani e l’ho querelato”. Lo stesso Di Battista è stato querelato per diffamazione dal partito di Alfano, dopo l’intervista rilasciata a Zoro venerdì scorso. “Io - ha detto Dibba - non sono mai stato contro le istituzioni. Vorrei che lavorassero per il bene collettivo e per l’interesse generale. Ci sono anche persone oneste in tutti i partiti politici: nel Pd, Forza Italia, Lega Nord… Nel partito di Alfano, invece, devi cercarli con il microscopio”. Segue comunicato del partito alfaniano: “In questi casi l’unica risposta è la querela che ogni singolo deputato e senatore di Alternativa popolare sporgerà nei confronti dell’onorevole Di Battista e di chi diffonde queste sue gratuite diffamazioni”. E poteva mancare la sinistra, in questo giro di carte bollate? Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, ha dato mandato all’avvocatura regionale di querelare Matteo Renzi dopo le parole del segretario su Issad Rebrab, l’imprenditore algerino che nel 2014 rilevò le acciaierie di Piombino battendo l’indiano Jindal. “Rebrab? Furono Rossi e Landini a volerlo. Io penso che l’operazione con Jindal, che avevo conosciuto a Firenze, andasse fatta 3 anni fa”, ha detto Renzi sul treno del Pd, parlando con alcuni operai. Insomma, ha aggiunto l’ex sindaco di Firenze, “abbiamo fatto una cazzata a fidarci di Rebrab”. Segue dichiarazione di guerra di Rossi: “Il progetto industriale presentato dall'imprenditore Issad Rebrab è stato scelto attraverso una regolare procedura di gara del ministero dello Sviluppo economico, sulla quale non ho avuto alcuna influenza. Le affermazioni su Piombino, così come riportate dai giornali, meritano una sola risposta: la querela. Ne sono dispiaciuto ma su questa materia non si scherza, e non sono ammessi equivoci”.

 

Sottogenere letterario della querela annunciata sono invece la pre-querele, stile pre-crimine di Minority Report, una specializzazione del Pd, su Banca Etruria e dintorni: si attivano prima che si conosca l’esito di un’indagine. “La Boschi ha parlato in Parlamento – ha detto Renzi – ora deciderà lei come difendersi in via legale con le querele. Sulle banche continuate a guardare il dito e non la luna. Il Pd esce a testa alta”. Alta almeno quanto la parcella dell’avvocato. E giusto ieri Maria Elena Boschi ha firmato il mandato per l’azione civile di risarcimento danni nei confronti di Ferruccio de Bortoli (non la querela per diffamazione annunciata mesi fa). “Mi spiace dover adire le vie legali contro alcuni giornalisti”. E’ plurale, attente a voi jene dattilografe.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.