Lo storico Vacca ci spiega perché Maria Elena Boschi deve stare al suo posto
Ora la campagna elettorale s’avvicina e ognuno fa il proprio gioco. E anche il Pd, dice Vacca, deve fare il suo: giocare in attacco
Roma. La commissione d’inchiesta sulle banche, dice al Foglio lo storico Giuseppe Vacca, non è stato un autogol per il Pd. “La decisione di chiederla rispondeva alla linea che questo governo e il Pd hanno seguito sulla crisi del sistema bancario. La riforma che è stata varata ha cercato di ridare al parlamento e al governo le funzioni di controllo e valutazione del modo di funzionare delle authorities a cui il sistema bancario risponde, in prima luogo le funzioni di vigilanza, rispettivamente di Banca d’Italia e Consob. Dunque se si vuole indagare, per poi arrivare a una maggiore trasparenza, qual è la sede migliore se non quella parlamentare?”. Non tutti gli effetti di questa commissione potevano essere previsti. Alcuni però sì, dice il professor Vacca.
Come la “personalizzazione di alcune delle vicende bancarie attorno a una parte nucleare del governo e del Pd, cioè il suo segretario e la sottosegretaria Maria Elena Boschi. Personalizzazione che è andata avanti attraverso la ricerca di occasioni e documenti a vantaggio delle proprie tesi e delle proprie accuse. Non è però emerso nulla che potesse aggravare la posizione politica di governo della sottosegretaria Boschi e del segretario del Pd”. Ciononostante, Vacca vede crescere “disorientamento e disagio fra militanti ed elettori del Pd e del centrosinistra. Per esempio più di un amico mi domanda se Maria Elena Boschi non debba fare un passo indietro. Io lo invito a riflettere che questo tema e questa domanda vengono posti da avversari e media ostili al Pd, il cui scopo è di indebolirlo il più possibile e magari di colpire la sua leadership. Ma colpire la leadership vuol dire colpire il partito”.
Giuseppe Vacca (a destra) con Ugo Intini (foto LaPresse)
In questi mesi più volte si è cercato di danneggiare Renzi. Prima dell’approvazione del Rosatellum – “legge elettorale che rinvia al prossimo Parlamento la scelta del capo del governo e della coalizione, cosa che Renzi sa perfettamente” – si è attraversata una fase di incertezza che “aveva fatto crescere le posizioni di chi pensava che in vista delle elezioni sarebbe stato meglio togliere il Pd dalle mani di Renzi, affidandone le sorti magari a un papa straniero”. Gli avversari di Renzi hanno atteso le elezioni siciliane del 4 novembre che però “non hanno dato un risultato tale per cui il Pd potesse mettere sotto accusa Renzi, visto che come partito non era andato peggio di 5 anni prima quando il segretario era un altro”. Lo scontro di oggi sulle banche, sottolinea Vacca, si inserisce insomma in un contesto sfavorevole al Pd. E bisogna anche ricordare che l’ostilità è cresciuta quando il Pd ha scelto “non solo di votare contro la mozione dei 5 stelle sulle banche ma anche di avere una propria mozione che, collocandosi alla vigilia del rinnovo del governatore, è ostile alla conferma di Visco. Ma poteva il Pd non presentare una propria mozione e rimanere schiacciato fra la mozione 5 stelle che era rivolta contro il governatore e la difesa delle istituzioni come che sia, avendo reclamato già da luglio una commissione d’inchiesta?”.
Insomma, dice Vacca, “queste sono le condizioni ambientali in cui si svolge il lavoro della commissione d’inchiesta che sta concludendo il suo percorso”. Ora la campagna elettorale s’avvicina e ognuno fa il proprio gioco. E anche il Pd, dice Vacca, deve fare il suo, riconoscendo “la musica che con varie dissonanze giunge da una parte dei media. Mi riferisco a quelli che si denominano come indipendenti e che evidentemente fanno un uso discutibile delle vicende politiche passate per la commissione sulle banche, con l’obiettivo di rafforzare Forza Italia. Questa parte, a cominciare dal Corriere della Sera, sa benissimo che quando avremo finito di votare in Italia dovremo esprimere un governo pro Europa. La linea del Corriere è far sì che si arrivi a un Pd molto più indebolito e a una Forza Italia molto più forte. Poi c’è un’altra parte che suona un’altra musica, già sentita nel 2013, che è quella di favorire i partiti antieuropei”. Il Pd dunque “non può che giocare in attacco”. Perché “non possono essere forze ostili o avversari politici del Pd a decidere il modo in cui il Pd dovrà comporre le sue liste ed elaborare la propria proposta politica per la prossima legislatura”.