Alessandro Di Battista (foto LaPresse)

Per Dibba le "regole interne" del M5s valgono più della Costituzione

David Allegranti

La carta a progetto di Casaleggio e Grillo

Roma. Il M5s ha inventato la Costituzione co.co.pro, a progetto: si difende o si riscrive a seconda della convenienza. A illustrarla è stato Alessandro Di Battista a “DiMartedì”, su La7, parlando della multa da centomila euro che sarà comminata ai futuri parlamentari del M5s che cambieranno casacca. L’articolo 67 della Costituzione però lo vieta: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. “E’ una regola interna”, ha ribattuto Dibba, “anche in questo caso trasparente. I cittadini che votano valuteranno il fatto che per noi conta il programma. Se tu entri dentro e dici mi taglio lo stipendio – e con questi soldi ci finanzio la piccola e media impresa, cosa che io ho fatto in cinque anni – e poi non lo fai ti cacciamo e ti applichiamo una multa”.

  

Ma che vuol dire? Le regole interne superano la Costituzione, strenuamente difesa il 4 dicembre 2016? “Noi la vogliamo cambiare questa parte della Costituzione”, ha aggiunto il frontman del M5s. Nel frattempo però urge spiegare a Di Battista che esiste una gerarchia delle fonti del diritto. Ed essendo la Costituzione la norma fondamentale del nostro ordinamento, insieme alle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, le “regole interne” del M5s, con buona pace dei padri costituenti Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio non valgono un tubo. Sono al massimo un deterrente per chi accetta di firmare un pezzo di carta, dal valore nullo, senza conoscere le leggi. Anche perché le multe in passato non sono arrivate. All’europarlamentare Marco Affronte, ex M5s, doveva essere comminata una multa da 250 mila euro per aver abbandonato il gruppo, ma al Corriere di Bologna ha spiegato di non aver mai ricevuto niente. “Con quei soldi – disse Grillo – aiuteremo i terremotati delle Marche e dell’Umbria”. Dalla minaccia è passato un anno e i post sul Sacro Blog non fanno giurisprudenza. Non ancora, quantomeno.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.