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La vera fake news elettorale è che il partito da battere sia il M5s

Claudio Cerasa

Guardare i numeri di centrodestra e centrosinistra per capire il clamoroso imbroglio di questa campagna elettorale

Il centrodestra esiste, ma non esiste. Il centrosinistra non esiste, ma esiste. Gira tutto attorno a questo apparente paradosso un clamoroso imbroglio di questa campagna elettorale che ha portato molti osservatori a dare credito a una tesi che non sta in piedi: la possibilità concreta e inevitabile che il Movimento 5 stelle sia il vero nemico da battere da qui al 4 marzo e la progressiva e autolesionista convinzione che ogni programma elettorale debba essere tarato per evitare questa minaccia. Aprite gli occhi: trattasi di una clamorosa fake news.

 

Proviamo a spiegarvi perché incrociando un sondaggio uscito ieri e un meccanismo banale della legge elettorale. La legge elettorale è un pasticcio ma prevede un principio elementare: tutti i partiti vanno alle elezioni con il proprio simbolo, chi non vuole farsi troppo male può allearsi prima delle elezioni, ma non essendoci nessun premio di maggioranza esplicito le alleanze che conteranno saranno quelle che emergeranno dopo il voto. Ed è anche per questo che la legge prevede che non ci sia un candidato premier ma che ci sia solo un capo politico per ogni partito.

 

Se questo principio è chiaro, non sarà difficile capirne le conseguenze: sulla carta, come si dice, non esiste solo il centrodestra ma esiste anche il centrosinistra. E per quanto possano sembrare molto differenti i rapporti di forza tra Pd e Liberi e uguali e tra Forza Italia e la Lega in realtà la legge elettorale impone a tutti i partiti di aspettare il 4 marzo prima di capire se quella coalizione si può fare oppure no. Se Forza Italia e la Lega supereranno il 42 per cento, il centrodestra governerà. Se il Pd e Liberi e uguali supereranno il 42 per cento, il centrosinistra governerà. Se nessuna di queste due opzioni sarà possibile il presidente della Repubblica sceglierà altre strade, partendo però dal presupposto che l’incarico non verrà dato genericamente al primo gruppo parlamentare ma verrà dato più concretamente al primo gruppo che dimostrerà di avere accordi per poter governare. Per capire chi sarà in grado di fare accordi basterà aspettare il 23 marzo: 19 giorni dopo le elezioni è fissata la prima riunione delle nuove Camere, e quando si dovrà decidere chi scegliere alla presidenza di Camera e Senato tutto sarà già chiaro e ogni gruppo è probabile che faccia storia a sé.

 

Questo ragionamento ci permette di arrivare a una conclusione semplice: quando si guardano i sondaggi, per quanto possa sembrare una forzatura, accanto al raggruppamento potenziale del centrodestra va aggiunto anche quello del centrosinistra. E se vogliamo prendere i sondaggi Swg pubblicati ieri dal Messaggero le cose stanno più o meno così: il centrodestra ha un potenziale del 37,2 per cento (Lega 13, FI 16, FdI 5,7, quarta gamba 2,3), il centrosinistra ha un potenziale del 34,1 per cento (la coalizione del Pd vale il 27,3, LeU il 6,8), il M5s il 27,3.

 

In altre parole: la vera sfida per vincere le elezioni, oggi, non è tra il centrodestra e il 5 stelle ma è, come in tutte le democrazie europee, tra un centrodestra che beneficia dei suoi cinque anni all’opposizione e un centrosinistra che paga pegno per aver governato cinque anni.

 

Il M5s gode di sondaggi buoni ma nulla in più rispetto a quanto aveva cinque anni fa. Con la sola differenza che in questi cinque anni in tutte le elezioni i sondaggisti hanno sempre attribuito al 5 stelle più di quello che effettivamente hanno poi raccolto. Un osservatore attento non potrà non notare in questo ragionamento un punto di debolezza: come possiamo considerare il centrosinistra una coalizione potenziale se sui principali punti del programma Renzi dice una cosa e Grasso un’altra? La differenza con il centrodestra c’è ma in fondo è minima. Il partito di Berlusconi e il partito di Salvini non sono d’accordo su nulla, ma prima di litigare aspettano di vedere come andranno le elezioni (il programma del centrodestra è un delizioso esercizio di diplomazia grammaticale). Il partito di Renzi e quello di Grasso non sono d’accordo su nulla ma prima di non litigare aspettano di vedere come andranno le elezioni (lo ha capito anche D’Alema che due giorni fa al Corriere è arrivato a dire al Pd “non facciamoci del male, creiamo le condizioni per un dialogo futuro”). La storia del Movimento 5 stelle come nemico da battere è una storia che piace molto ai talk e ad alcuni giornali ma è una storia che semplicemente non esiste e forse andrebbe ricordato, prima di farla diventare vera.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.