Parlamentari sudditi di una società privata. La truffa politica del M5s
Com’è possibile che un’associazione controlli la vita democratica e le attività di un partito senza che questo partito possa controllare questa associazione? E i soldi? Domande utili per capire il mistero Casaleggio
Bisogna essere onesti (onestà, onestà, onestà!) e dire la verità: nelle ultime settimane diversi giornali hanno cambiato un tratto del loro atteggiamento nei confronti del Movimento 5 stelle e persino alcuni editorialisti finora molto accondiscendenti con il candidato premier grillino hanno dovuto riconoscere che in una partita elettorale in cui c’è in ballo l’Europa non si può far finta di niente e considerare un leader anti europeista come se fosse un leader come gli altri e in modo sorprendente sia il Corriere della Sera sia Repubblica hanno offerto spunti di riflessioni utili per spiegare perché almeno su questo fronte sul grillismo non si può fischiettare. E’ un piccolo passo in avanti. Ma ci permettiamo di far notare che per mettere a fuoco con decisione l’orrore del grillismo c’è un tema che non può essere trattato ancora come se fosse puro folclore ma che merita di essere trattato con un pizzico di serietà in più: la minacciosa opacità che governa il Movimento 5 stelle e la figura sospetta rappresentata da un soggetto che ha trasformato gli eletti di un partito in dipendenti indiretti di una srl privata. Nel corso di questo fine settimana, come è noto, Davide Casaleggio, uno dei molti uomini sola al comando del grillismo, ha organizzato a Pescara una kermesse dedicata all’illustrazione della piattaforma Rousseau.
Ma anche in questa occasione Davide Casaleggio non è riuscito a spiegare come sia possibile che ci sia un’associazione privata che controlla la vita democratica e le attività di un partito (Casaleggio è il presidente e il tesoriere di Rousseau) senza che questo partito possa controllare in nessun modo questa associazione (l’europarlamentare David Borrelli, uno dei tre soci di Rousseau, rispetto a come funziona l’associazione ha detto al Foglio: “Non ne so nulla, gestisce tutto David Casaleggio. Di Rousseau meno ne so e meglio è”). Rousseau può decidere cosa deve fare il Movimento 5 stelle ma il Movimento 5 stelle di Rousseau non può indicare i vertici, non può influenzare le decisioni, non può avere contezza di quali siano le regole interne, la gestione delle risorse finanziarie, né conoscere fino in fondo quali sono i meccanismi per entrare in Rousseau (nello statuto c’è una procedura per revocare Di Maio e Grillo, capo politico e garante, del movimento, ma nessuna per revocare i rapporti con l’Associazione Rousseau, ovvero con Casaleggio).
Come ha ricordato la scorsa settimana Luciano Capone sul Foglio, Rousseau non controlla solo i dati degli iscritti e le procedure di votazione dei candidati ma avrà il controllo anche sui milioni di euro che i parlamentari grillini saranno costretti a versare nella prossima legislatura proprio a Rousseau: 300 euro al mese a testa. Per farvi capire: è come se ai tempi della nascita di Forza Italia i parlamentari di Berlusconi fossero stati costretti a versare un obolo a un’associazione privata guidata da Fedele Confalonieri. Niente male, no? Già.
Il conflitto di interessi, come è noto, non è un tema che ci fa impazzire ma la novità che ha portato alla luce il Movimento 5 stelle grazie alla famiglia Casaleggio meriterebbe di essere messa a fuoco in modo netto e senza più sfumature: a quale titolo il capo di una srl impone a dei parlamentari eletti senza vincolo di mandato l’obbligo di essere sudditi di un’associazione privata?
Un bel libro uscito la scorsa settimana firmato dal giornalista della Stampa Jacopo Iacoboni, “L’Esperimento”, ricorda che il vero conflitto di interessi da inquadrare quando si parla di Davide Casaleggio non riguarda solo la piattaforma Rousseau ma riguarda il vero altare sacro sul quale regna da anni l’opacità del grillismo: il blog di Beppe Grillo.
Venerdì scorso il Movimento 5 stelle ha scelto di inserire nel simbolo che presenterà alle elezioni un sito diverso rispetto a quello offerto nel 2013 (ilblogdellestelle.it al posto di beppegrillo.it) e probabilmente la scelta si è manifestata anche per provare a distogliere l’attenzione da un fatto clamoroso che in pochi negli ultimi anni hanno scelto di denunciare: dove vanno a finire i soldi che ogni mese vengono incassati dal blog di Beppe Grillo? La questione non è così semplice come si potrebbe credere. Il 27 ottobre del 2017, rispondendo a una polemica sollevata dal Pd, Grillo ha affermato quanto segue relativamente al suo blog: “Il blog citato dall’attore, e secondo quanto dichiarato da controparte, è gestito dalla Casaleggio Associati s.r.l. e il Sig. Giuseppe Grillo non è socio, non riveste alcuna carica sociale e non fa parte in alcun modo della Casaleggio Associati s.r.l., non è responsabile, né gestore né moderatore né direttore né provider né titolare del dominio, del blog né degli account twitter né dei tweet, e non ha alcun potere di direzione né di controllo sul blog né sugli account twitter né sui tweet e tantomeno su ciò che ivi viene postato”; e “[Grillo] non è responsabile, quindi non è autore (suo sinonimo), né gestore né moderatore né direttore né provider né titolare del dominio, del blog né degli account twitter, né dei tweet e facebook, non ha alcun potere di direzione né di controllo sul blog né sugli account twitter, né sui tweet e tanto meno su ciò che ivi viene postato”. E se è vero come risulta dai “credits” del blog di Grillo che il canale scelto dal comico genovese per raccogliere pubblicità sul suo blog è gestito dalla Casaleggio Associati (la normativa sulla privacy presente nella pagina dedicata dal blog di Grillo alla raccolta pubblicitaria ricorda che è “Titolare del trattamento la Casaleggio Associati s.r.l., con sede in Milano, via Morone 6). Se è vero tutto questo – e se a tutto questo si aggiunge il fatto che per contratto gli eletti del Movimento 5 stelle devono considerare il blog di Grillo come “lo strumento ufficiale per la divulgazione delle informazioni” (il contratto fatto firmare a Virginia Raggi lo prevede esplicitamente al punto numero 4) – il tema da affrontare diventa gustoso: è possibile far finta di nulla di fronte al fatto che la piattaforma utilizzata dal capo popolo di un partito per le comunicazioni del suo partito contribuisce a portare soldi a un’azienda privata? E in subordine: è possibile far finta di nulla di fronte al fatto che un’azienda privata gestisca una certa quantità di denaro generata da pubblicità il cui valore è legato al numero di clic prodotti dai post scritti dagli eletti del movimento?
Senza volerla fare troppo lunga: in Italia il capo di una srl privata gestisce da anni attraverso il blog di Grillo una certa quantità di denaro ricavata grazie al lavoro fatto dagli eletti del Movimento 5 stelle per il blog di Grillo (le comunicazioni oggi non sono solo sul blog delle stelle, ma sono anche sul blog delle stelle) e attraverso un’associazione privata (Rousseau) continuerà a farlo in modo sempre più cospicuo nell’indifferenza generale – abbiamo chiamato la Casaleggio Associati per avere chiarimenti sul gioco di scatole cinesi tra la srl e il blog di Grillo, una signora gentile ci ha invitato a scrivere su [email protected], abbiamo mandato una mail, abbiamo chiesto “se è la Casaleggio Associati a incassare i proventi della pubblicità del sito www.beppegrillo.it, se la Casaleggio Associati è in funzione di concessionaria, e nel caso che percentuale di trattenuta ha, e se la Casaleggio Associati non incassa nulla e tutto viene fatturato direttamente dal blog di Grillo”, ma in nome della trasparenza non abbiamo ancora ricevuto risposta.
Tutto questo si dirà per dire cosa? Per dire che alla base dell’ideologia del Movimento 5 stelle c’è una truffa culturale in base alla quale si offre l’illusione all’elettore di contare come gli altri senza ricordare che la democrazia diretta è diretta solo perché viene diretta da qualcun altro. Il grillismo non è solo incostituzionale. Non è solo pericoloso per l’Europa. Non solo un danno potenziale per l’economia. E’ una truffa politica: forse vale la pena parlarne un po’.