Andrea Augello (foto LaPresse)

Così il centrodestra ha deciso di complicarsi la vita nel Lazio

Salvatore Merlo

Dopo aver creato il “caso Pirozzi” la coalizione guidata da Silvio Berlusconi ha deciso di non ricandidare il senatore Augello. Ma in questo modo perde voti e costruisce la strada verso la sconfitta

Si sono occupati di Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice autocandidatosi presidente della regione Lazio, con un ritardo spaventevole. E solo dopo tre mesi, quando ormai Pirozzi era immerso nella sua cavalcata personale, hanno cercato un accomodamento con lui. Troppo tardi. Pirozzi non si ritira, non accetta compensazioni, e il centrodestra che avrebbe potuto vincere si avvia a non giocare la partita contro Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi, i candidati del Pd e del M5s. Adesso, è notizia di pochi minuti fa, il centrodestra nel Lazio ha deciso che non ricandiderà in Parlamento Andrea Augello, senatore ex An, uno degli uomini più significativi e riconoscibili della destra romana. Ed è così che viene componendosi un’immagine caotica della coalizione guidata da Silvio Berlusconi nel Lazio: invidie, lotte interne, pigrizie, assenza di coordinamento, tutte cose che di solito in politica sono la strada sicura per una pernacchia elettorale.

 

Intelligente, colto e spiritoso, dotato di una levità dialettica ormai fuori tempo nell’epoca del vaffa, Augello, in questa sua ultima legislatura, è stato l’animatore della commissione sulle banche, l’uomo che ha ribaltato la sceneggiatura, che ha fatto litigare Bankitalia e Consob, portato a contraddirsi il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, rivelato infine che sotto la nube gassosa delle strumentalizzazioni politiche, in Italia esiste sul serio un problema di vigilanza sul sistema bancario. In un universo parlamentare di marionette caricate a molla, nel cosmo in cui deputati e senatori assomigliano sempre più a degli impiegati senza qualità né carisma, nel tempo vano di Rousseau e dell’uno vale uno, nella trasformazione dei parlamentari in “figurine”, a lungo Augello è stato una delle poche eccezioni: consenso personale, fiuto politico, abilità tecnica. Vecchia scuola di partito, e di sezione.

 

Finisce così. E per una vicenda che si dipana tutta per linee interne a Forza Italia e al centrodestra laziale, che accetta di perdere un candidato capace di vincere all’uninominale pur di far conquistare a qualche piccolo ras locale altre microscopiche posizioni di potere dentro la compagine di partito. In un mondo però, quello del centrodestra, che a Roma si candida, dopo il pasticcio suicidale delle comunali vinte da Virginia Raggi, a un’altra sconfitta: ormai quasi certa alle regionali. Ma così anche le politiche, nel Lazio, non saranno una passeggiata.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.