Da Siena la sfida di Padoan a "demolitori" e "fate turchine"
Euro, debito e scenari post-elezioni. "E' chiaro che la proposta di Fi è molto più ragionevole di quella della Lega". Intervista al ministro dell'Economia
Roma. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, candidato per il Pd nel collegio uninominale di Siena (che vuol dire banche e in particolare Mps), nonostante la campagna elettorale infuocata non pare intenzionato a cambiare i suoi toni da tecnico e accademico. Parla di contenuti e non di alleanze, dice che la competizione tripolare è tra “costruttori, distruttori e fate turchine”. Ma per il postelezioni lascia intendere che se con alcuni avversari la discussione è impossibile, con altri (indovinate quali?) ci sono vedute comuni sugli obiettivi di finanza pubblica.
Ministro Padoan, visto che lei è un appassionato di calcio e un tifoso giallorosso, ha più possibilità la Roma di vincere lo scudetto o il Pd di vincere le elezioni? “E’ una domanda cattivissima, temo di dover dire che ha più probabilità il Pd di vincere le elezioni. La mia fiducia nella Roma, purtroppo, è venuta meno nelle ultime settimane”. Quella di candidato è una nuova veste per la sua carriera, in tanti si sfilano dal confronto diretto nei collegi complicati come Siena, chi gliel’ha fatto fare? “La ragione per cui ho accettato l’offerta, è perché ritengo che il lavoro fatto negli ultimi quattro anni sia stato fruttuoso. E sono molto preoccupato della possibilità che quel lavoro fruttuoso possa essere smantellato. Entrare in Parlamento è una componente di un’attività orientata a difendere il lavoro svolto e a portarlo avanti”. Qual è il risultato migliore di questa legislatura? “E’ il risultato che si racchiude nell’espressione del ‘sentiero stretto’ – quello tra aggiustamento dei conti e crescita – è il frutto di un lavoro che via via è andato migliorando, partendo da una situazione difficile”.
Il paese è migliorato? “Non dimentichiamo qual è il punto di partenza di un lavoro per valutare il punto di arrivo – dice al Foglio il ministro Padoan – L’Italia era un paese in recessione, con una finanza pubblica difficile e un sistema bancario infragilito dalla crisi, il tenore di vita era diminuito. C’era molto da fare e c’è ancora molto da fare. Ma ora stiamo decisamente meglio. Nella mia esperienza non conosco casi di bacchette magiche, ma casi di successo che sono il frutto di strategie complesse in cui l’impegno principale del politico è mettere insieme i pezzi, capire il funzionamento dell’economia e usare gli strumenti a disposizione in modo coordinato”.
Ora però dovrà fare la campagna elettorale e ammetterà che, rispetto a proposte come la “flat tax” e il “reddito di cittadinanza”, il “sentiero stretto” è meno affascinante. “Non è affascinante ma è una proposta seria. La flat tax dice che si può semplificare il sistema fiscale e abbattere le tasse. E’ giusto, bisogna lavorare per fare entrambe le cose, ma tenendo conto di quello che chi propone la flat tax non dice: la sua regressività e quali sono le coperture. Tra le proposte più serie di flat tax c’è quella dell’Istituto Bruno Leoni, dove si fanno vedere anche i costi, si dice che l’Iva aumenta al 25 per cento, che si taglia la spesa sanitaria, si mostrano le implicazioni distributive e si ammette che ci vogliono anni per arrivare a regime”. Come si risponde alla flat tax? “Ricordando che noi abbiamo abbassato le tasse di più di 20 miliardi, e che la riduzione delle tasse resta un impegno per la prossima legislatura, all’interno di un quadro in cui si possono ridurre ulteriormente trovando le coperture adeguate”. E il reddito di cittadinanza? “Rispondiamo con il reddito d’inclusione, che tiene conto di vincoli di bilancio e impegna i beneficiari a seguire un programma di reimpiego. Anche il reddito di cittadinanza nasce da esigenze valide, da problemi come l’inclusione e la disuguaglianza, ma la risposta non può essere quella di spendere decine di miliardi, bisogna accompagnare le risorse ad incentivi giusti per non rendere le persone dipendenti dai sussidi”. La campagna elettorale a Siena sarà vivace. Il centrodestra schiera Claudio Borghi, il campione antieuro della Lega. Si confronterà sull’uscita dall’euro? “Vogliamo parlare dell’euro? Avanti il primo. Intanto mi piacerebbe capire a che punto siamo sulla retorica antieuro, stiamo passando da un deciso rifiuto dell’euro come qualche tempo fa a un rifiuto condizionato? Qual è la posizione del fronte anti-euro? E’ la prima cosa che dovrebbero chiarire, spiegando ai cittadini come funziona l’uscita e quali sono le implicazioni”.
Nei giorni scorsi il Foglio ha pubblicato i piani sul debito pubblico dei principali partiti. Ha notato che il programma del Pd somiglia a quello di Forza Italia, mentre quello del M5s somiglia a quello della Lega? “La risposta immediata a questa osservazione è che vedo un problema nel centrodestra. Riunisce un partito come FI che si pone il problema della riduzione del debito e un altro partito come la Lega che per bocca del responsabile economico Borghi (l’avversario di Padoan a Siena, ndr) dice che invece il debito non è un problema, si spenderà di più e tutto si risolve”. E quella meno immediata? “E’ chiaro che la proposta di FI è molto più ragionevole di quella della Lega”. Dallo sforamento del 3 per cento di deficit alla critica all’euro, c’è una convergenza tra Lega e M5s. Teme che possa diventare la base di un programma di governo? “Questo non lo so, sicuramente per i mercati e le istituzioni internazionali è una fonte di preoccupazione. Ma il messaggio da inviare è che l’Italia ha raggiunto una solidità di crescita che si sta rafforzando. E che da parte di più di un partito c’è la convinzione che si debba continuare su sostenibilità della finanza pubblica e abbattimento del debito a una velocità regolare”. Anche questo è un programma di governo? “Se sulla base di questo ci saranno coalizioni che romperanno gli schemi dei tre poli non sono in grado di dirlo. Ma bisogna ribadire che dall’Italia arriverà un segnale di stabilità”. Lei ha distinto il quadro politico in tre categorie: costruttori, demolitori e fate turchine. Ma pare che lo spazio per i costruttori sia un sentiero stretto. “Il lavoro dei costruttori è il più difficile da spiegare. Tra le opposizioni c’è chi dice che è tutto sbagliato, sono i demolitori che vogliono abolire la Fornero, il Jobs Act e le tasse universitarie. Oppure c’è chi vuole risolvere tutto con la bacchetta magica, sono le fate turchine che propongono la flat tax senza coperture. I costruttori lavorano pazientemente e hanno bisogno di tempo per mettere in moto le riforme e aspettare che producano effetti riconoscibili”. Tra le cose costruite ce n’è qualcuna fatta male, o che rifarebbe meglio? “Ciò che farei diversamente è introdurre incentivi fiscali sul lavoro magari meno generosi ma strutturali anziché temporanei. Come i benefici fiscali per i giovani, che sono permanenti. Il problema è che costano di più”. E poi? “Avrei dato più impulso a riforme che sono state impostate, tipo quella della Pubblica amministrazione. Se avessimo una riforma della Pa pienamente operante, a parità di risorse, l’economia andrebbe meglio”.
Un mese dopo le elezioni ci sarà il Def, lo scriverà lei? “I tempi sono quelli, quindi credo che una prima valutazione del quadro tendenziale la farò ancora io già ai primi di marzo. Poi il quadro programmatico toccherà al nuovo governo”. Quindi avrà un occhio ai conti e uno alle contrade? “Vorrei ricordare che Siena la conosco molto bene, ho iniziato lì la mia carriera accademica”.