Beppe Grillo e Davide Casaleggio (foto LaPresse)

Ecco come Casaleggio identifica gli elettori grillini. Le carte segrete

Luciano Capone

La possibilità di identificare gli elettori grillini non è solo potenziale. Le carte del Foglio

Roma. I dubbi sulla trasparenza e sul controllo del voto del M5s ci sono sempre stati e la mancata pubblicazione dei risultati delle parlamentarie, a distanza di una decina di giorni dalla chiusura delle urne, aumenta le perplessità. “Il dettaglio dei risultati sarà pubblicato nei prossimi giorni”, si leggeva sul “Blog delle Stelle” il 21 gennaio. Si conosceva l’elenco dei vincitori, opportunamente sbianchettato prima e dopo, dal capo politico e dallo “staff”, ma senza sapere né il numero dei votanti né il numero di preferenze prese dai candidati. Qualche giorno dopo a “Porta a Porta”, incalzato dal direttore del Mattino Alessandro Barbano sull’inspiegabile ritardo dei risultati, Luigi Di Maio diceva che sarebbero arrivati  “entro sette giorni. Stiamo riorganizzando i dati e li facciamo uscire”. Ma Barbano aveva insistito: “Perché ci vogliono sette giorni per sapere quanti voti hanno preso i singoli candidati? Ma neanche in Uganda accade una cosa del genere”. E’ passata un’altra settimana e i dati del voto ancora non sono pubblici.

 

Per capire come funziona la “democrazia diretta” nel mondo di Rousseau, come i voti possono essere tracciati e gli elettori profilati, sono molto utili le carte dell’indagine del Garante della privacy sulla Casaleggio Associati che il Foglio ha ottenuto dopo una richiesta di accesso agli atti ai sensi del Foia. Come scriveva ieri il direttore Claudio Cerasa, è lo stesso Davide Casaleggio – dominus assoluto dell’Associazione Rousseau e della cassaforte dei dati del M5s – ad ammettere che non esistono garanzie sulla trasparenza e regolarità del voto. “A specifica domanda – c’è scritto nel verbale del 5 ottobre del Garante – Casaleggio ha fatto presente che sussiste la possibilità teorica di ricondurre, tramite altre informazioni disponibili nel sistema, il voto espresso all’identità del votante, possibilità che tuttavia non è mai stata utilizzata”. Sempre Casaleggio, assistito dai suoi legali, dice che “la piattaforma Rousseau conserva in tabelle del database i voti espressi associati a un ID-voto univoco unitamente ad una utenza telefonica”, ma nella tabella “non vengono conservate informazioni idonee ad identificare il votante”.

   

 

Clicca sull'immagine per leggere i documenti autografi in cui Casaleggio elenca le votazioni a cui ha partecipato un iscritto


 

Casaleggio confessa che per lui le urne e le schede elettorali sono trasparenti, ma dice di non aver mai sbirciato, perché nella tabella “non vengono conservate informazioni idonee ad identificare il votante” e che pertanto, anche potendolo fare, non è mai stato ricondotto “il voto espresso all’identità del votante”. Ma non è così. Nel faldone dell’istruttoria del Garante della privacy c’è un documento che smentisce le affermazioni di Davide Casaleggio. 

 

Tra i vari esposti che hanno dato impulso all’indagine ce n’è uno dell’avvocato Lorenzo Borrè, la bestia nera nelle aule di tribunale di Beppe Grillo e Casaleggio, nel quale viene dimostrato in maniera inequivocabile, grazie agli atti di un altro procedimento, che Davide Casaleggio non solo può tracciare il voto, ma l’ha fatto. E Borrè fornisce i documenti in cui è lo stesso Casaleggio ad ammetterlo. In occasione di due diversi giudizi civili, in cui Borrè ha difeso alcuni militanti grillini dai vari cambi di statuto ed epurazioni, “il Movimento 5 stelle ha prodotto due distinte dichiarazioni autografe del presidente dell’Associazione Rousseau, Davide Casaleggio, con cui si conferma che detta associazione – c’è scritto nell’esposto – è in grado di rilevare se e quali sondaggi siano stati votati dai singoli iscritti”. In pratica lo stesso Davide Casaleggio ha consegnato un documento, da lui controfirmato come legale rappresentante di Rousseau, in cui sono elencate le votazioni a cui ha partecipato il militante difeso da Borrè. Questa dichiarazione autografa di Casaleggio, che include i dati estratti dal database della galassia del M5s, sconfessa le sue affermazioni successive rese al Garante, quando dice che nelle tabelle del database “non vengono conservate informazioni idonee ad identificare il votante”. E anche quando sostiene che la possibilità di ricondurre “il voto espresso all’identità del votante” esiste ma “non è mai stata utilizzata”. Davide Casaleggio, in due distinte dichiarazioni depositate in due giudizi civili, dimostra che ha ricondotto il voto espresso all’identità del votante. Non si sa se ha visionato il contenuto del voto espresso, ma è una questione marginale, visto che a livello informatico è come aprire una porta dopo aver scassinato la serratura (nel caso di Rousseau per Casaleggio l’operazione è ancora più semplice visto che è in possesso di tutte le chiavi).

 

  

Ma questa non è l’unica contraddizione tra quanto Casaleggio mette a verbale e quanto emerge dai documenti. Sempre nel verbale del 5 ottobre, “a specifica domanda dei verbalizzanti” Casaleggio dichiara “che non vi è stato alcun travaso automatico dei dati dal più risalente blog di Beppe Grillo alla piattaforma Rousseau”. Ma in un altro documento, sempre Davide Casaleggio, sembra affermare l’esatto contrario. Nella lettera del 24 aprile del 2016, controfirmata da Beppe Grillo e Davide Casaleggio, con cui Grillo nomina l’associazione Rousseau responsabile del trattamento dei dati c’è scritto: “Viene conferito all’Associazione Rousseau il ruolo di responsabile del trattamento dei dati personali conferiti dagli utenti attraverso la loro registrazione al sito internet www.movimento5stelle.it così come dei dati in esso confluiti dal sito www.beppegrillo.it”.

 

Ma al di là delle tecnicalità, e al netto del mix di scarsa competenza e pressappochismo dimostrato in questa vicenda dagli “esperti” della équipe di Via Morone, sono le testimonianze dirette che spiegano bene come funziona la democrazia diretta da Casaleggio. Nel libro “Supernova” Nicola Biondo e Marco Canestrari, una volta uomini vicinissimi a Casaleggio, sostengono che nel M5s il voto sia controllato da Milano, raccontando, mai smentiti da nessuno dei vertici del M5s, le primarie romane del 2012. All’epoca Filippo Pittarello, ex dipendente di Casaleggio Associati e ora funzionario M5s al Parlamento europeo, chiama uno dei principali attivisti romani durante la votazione per dirgli che il suo candidato, Daniele Frongia, è “nettamente in testa”. “Per tutto il pomeriggio da Milano confermano il trend su Frongia, sarà lui il candidato del MoVimento a Roma”, ma pochi minuti dopo la chiusura delle votazioni il militante riceve un’altra telefonata da Milano: “Al telefono è sempre Pittarello – scrivono Biondo e Canestrari – ‘Mi spiace, Marco, comunica a Daniele che non ce l’ha fatta, ha vinto Marcello…’”.

 

Questo è ciò che succede dietro le quinte della democrazia diretta da Casaleggio e nessuno sa di preciso cosa stia accadendo in queste settimane di attesa per la pubblicazione dei risultati delle parlamentarie. Ciò che è più sorprendente è che tutto questo accade nel partito che getta continuamente dubbi sulla regolarità del voto organizzato dalle istituzioni democratiche, che invita gli elettori a ciucciare le matite prima di barrare le schede e il cui capo politico, Luigi Di Maio, chiede l’intervento dell’Osce per monitorare le elezioni politiche. Sarebbe il caso di inviare qualcuno dell’Osce in Via Morone per fargli vedere come funziona Rousseau.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali