La politica è chirurgia
Ragione, fede, voto. Incontro con Giulio Maira, medico pro-vax che ha curato presidenti e prelati, oggi candidato
Roma. Il vaccino – che resta vaccino per i più ma è diventato potenziale nemico per una minoranza – è entrato in campagna elettorale. C’è chi, sul web, lo descrive come pozione malefica; chi dubita sia dei pro-vax sia dei no-vax; chi lotta contro “il neo-oscurantismo” e chi contro “l’ideologia scientista”. C’è Beppe Grillo che sul suo nuovo blog scrive: “Oggi si allude alla possibilità che ci sia un mondo di cose esatte davanti alle quali bisogna inginocchiare la democrazia… ecco perché sembrano non esserci dubbi sul vaccinare obbligatoriamente tutta l’Italia”. E c’è Roberta Lombardi, candidata presidente per i Cinque stelle alla Regione Lazio, che in una nota, sotto al titolo “sulla pelle dei nostri figli non si scherza”, specifica la linea: “Siamo contro l’obbligatorietà e a favore del principio di raccomandazione”, dicendosi però “a favore della scienza” in nome del “buonsenso” e del contrasto a ogni “posizione ideologica”. Intanto si candida alla Camera, nel collegio proporzionale di Roma 1 per Civica Popolare, la lista centrista del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il professor Giulio Maira, neurochirurgo di fama internazionale con lunga carriera a Roma, a Milano e in Vaticano e con pazienti noti (tra gli altri: Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro) che si aggiungono ai tantissimi non noti di cui il professore ha scritto nel libro “Ti regalo le stelle” (ed. Sedizioni), in cui il malato è visto come “un parente stretto” con cui condividere “gioie e dolori”. Dopo aver accettato la candidatura “per spirito di servizio”, Maira si è trovato nel mezzo della querelle sui vaccini, ormai uscita dalle autostrade della Rete per riversarsi nei volantini, nei talk-show, nelle piazze, sulle prime pagine dei giornali. “Senza la campagna vaccinale degli ultimi decenni saremmo ancora esposti a malattie come poliomielite, morbillo, vaiolo”, dice il neurochirurgo. “I risultati raggiunti sono il frutto di un programma rigoroso e serio delle nostre istituzioni scientifiche e di quelle di tutto il mondo. Screditarle, non dando fiducia ai loro risultati, significa screditare le istituzioni e rinforzare nella popolazione la percezione falsa di un presunto pericolo al quale si espongono i loro figli. Serve collaborazione e fiducia nelle istituzioni perché le famiglie percepiscano la rilevanza della validità sociale e personale del programma di vaccinazioni. La storia della scienza ci parla di gravi malattie debellate grazie ai vaccini, non facciamo l’errore di tornare a epoche buie”.
E insomma Maira, che “non sentiva il desiderio di fare carriera parlamentare-politica”, ma che di fronte alla proposta di scendere in campo si è detto “se posso dare un contributo, perché non farlo?”, sente oggi come “responsabilità morale” non soltanto il “non rifugiarsi dietro ai propri egoismi e l’impegnarsi per la comunità”, ma anche il ricordare che “ci sono progressi della medicina, raggiunti seguendo un rigoroso metodo scientifico, che non possono essere negati, e che le linee guida tengono conto di questi risultati”. Vorrebbe dare, Maira, “un contributo di competenza: ho passato anni tra sale operatorie, reparti di degenza, aule universitarie, laboratori di ricerca e penso sia mio dovere mettere l’esperienza accumulata in questo campo al servizio della politica e del paese. E vorrei dare un segnale ai giovani che passano le proprie giornate a prepararsi e a studiare: non è vero che la competenza e la cultura non valgono nulla. Se penso al significato, per me, del fare politica, rispondo che per me è interessarsi del bene degli altri nell’interesse del paese. E allora forse l’ho sempre fatta. Quando dirigevo un reparto, quando con la Fondazione Atena onlus siamo andati nelle borgate per parlare di prevenzione con donne provenienti da famiglie disagiate, quando, con il ministro della Salute, abbiamo chiesto l’istituzione di una Giornata nazionale per la salute delle donne. Quando opero e quando vado nelle scuole a parlare agli studenti dei danni che alcol e droghe provocano al loro cervello. Infine, sono stato per 11 anni membro del Consiglio Superiore di Sanità. Allora forse questa candidatura è un ampliamento delle attività svolte, nell’ottica di quello che sento come un dovere morale e civile”.
Maira entra in scena in un momento di tensione sulla Sanità (non soltanto sui vaccini), nel quadro di un generale dilagare del pregiudizio antiscientifico. “Penso si debba cercare invece di rinforzare il patto tra scienza e politica, rivalutando il significato del metodo scientifico. I progressi della medicina non sono certo basati sull’opinione di qualcuno, ma sul rigore. Sulla verifica, sulla sperimentazione, sul confronto tra ricercatori, sulla pubblicazione su riviste scientifiche. Le cosiddette linee guida sono sempre il risultato di un processo scientifico che non sarà perfetto, ma che è il massimo di certezza che possiamo ottenere oggi. Poi magari la ricerca arriverà ad altre conclusioni e saremo pronti a discuterne”. C’è chi non si capacita dell’avvitamento sui vaccini. “Il pregiudizio si può contrastare facendo capire appunto che c’è un metodo scientifico e ci sono istituzioni che si pronunciano su argomenti che richiedono una competenza approfondita, e quando emettono un parere andrebbero rispettate proprio perché il parere è emesso dopo un lungo processo di studio ed elaborazione”.
Come primi punti in agenda, Maira mette, intanto, “il tentativo di uniformare le diseguaglianze tra Nord e Sud. La Sanità italiana è una delle migliori al mondo, ma ci sono forti differenze. Il trasferimento alle Regioni della responsabilità sulla Sanità forse va riconsiderato, ci vuole maggiore controllo centrale. Secondo: l’informazione presso i giovani sui danni delle droghe e dell’alcol. Lo sviluppo del cervello si completa verso i 22-23 anni: durante l’adolescenza si è molto fragili di fronte a sostanze che agiscono sul cervello in formazione e lo danneggiano. Prima ancora di affrontare il discorso sulla liberalizzazione delle droghe, si combatta la ‘malattia’ di base, cioè l’idea che per divertirsi si debba per forza sballare. Terzo: gli anziani. Sappiamo che la nostra società invecchia e che questo comporta un aumento dei pazienti con malattie neurodegenerative, come demenze e Alzheimer. Dobbiamo prepararci investendo di più, per poter alleviare il peso delle famiglie dei malati, per adeguare le strutture pubbliche, per ragionare su assicurazioni sanitarie che permettano di coprire anche l’Alzheimer. Abbiamo poco tempo. Quarto: la prevenzione dei tumori, specie di quelli al polmone, patologia per cui si rende urgente una campagna contro il tabagismo. Campagna vera: rendiamo l’accesso al fumo più difficile. Facciamo in modo che le tasse sul fumo vadano a implementare la ricerca sulle malattie prodotte dal fumo. Un paese senza ricerca non può crescere: è l’unica assicurazione che abbiamo sul benessere dei nostri figli”.
Nel passato e nel presente di Maira, oltre alla ricerca, c’è la lunga consuetudine di chirurgo: i politici che ha conosciuto, dice, non vivevano nel mondo “incattivito” di oggi: “Erano ovviamente in disaccordo feroce gli uni con gli altri, com’è normale che sia, ma con più rispetto. La politica richiedeva formazione, esperienza, competenza, appunto. Non abbiamo mai avuto una scuola di politica e amministrazione sul modello francese, ma si faceva scuola nelle sedi dei partiti. Oggi si arriva alla politica anche dal web, con poche decine di clic. Certo, le cose si possono imparare. Ma non credo si possa essere utili al paese senza vera preparazione. Poi c’è un dato strutturale: lo stato si è impoverito, e l’impoverimento comporta una modifica della progettualità politica”. Tra gli uomini politici conosciuti da Maira come pazienti, il neurochirurgo parla di “personaggi di spessore, al di là dell’orientamento, insospettabilmente empatici e cordiali: Francesco Cossiga voleva addirittura essere testimone al mio matrimonio, ma purtroppo è scomparso prima che io mi sposassi. Oscar Luigi Scalfaro, che sembrava così freddo, mi ha dato dimostrazioni di stima al limite dell’incredibile. Magari scappava dall’ospedale per andare a seguire i lavori del Parlamento. Poi però il giorno in cui è arrivato l’avviso di garanzia a Berlusconi, mentre fuori dal suo studio si raggruppavano le principali cariche dello Stato, decise di non rimandare l’appuntamento che aveva con me. Andreotti, con il suo proverbiale umorismo, un giorno mi disse: ‘Professore, ma lo sa che lei è l’unico uomo al mondo a poter dire che io ho un cervello?’”.
A un certo punto della sua carriera, Maira è andato a Calcutta. Ma tornando a Roma ha pensato: “Calcutta è in ogni casa in cui c’è una malattia grave. Nella sofferenza siamo tutti uguali, cadono le maschere, le sovrastrutture. Il malato dà molto al medico, ma bisogna capirne la psicologia. Non con tutti si può emettere la sentenza ineluttabile in modo crudo, come pensano molti medici. Alcuni vogliono la speranza che libera energie per affrontare malattia. Nessuno di noi può avere certezze: ci sono malati a cui vengono dati sei mesi di vita e che dopo due anni sono ancora lì. La malattia si manifesta in modo diverso da paziente a paziente, e infatti la ricerca si sta avviando verso lo studio di cure diverse a seconda della diversa alterazione molecolare che produce la malattia”. Per fare questo, dice Maira, “bisogna aumentare i finanziamenti, detassare su quello che viene comprato per la ricerca pubblica e no profit e defiscalizzare i finanziamenti che i privati possono dare alla ricerca e non demonizzare l’intervento del privato in sé”.
Maira è credente. Ma sul rapporto tra fede e medicina dice: “Tutto ciò che il medico fa deve essere basato sulla scienza: è l’unica certezza che abbiamo. Dopodiché ritengo che un medico cattolico possa portare un grande contributo a una ricerca fatta su dati obiettivi ma attenta alle finalità. Non tutto quello che viene scoperto è positivo per l’uomo”. E però Maira – particolare che può sembrare in contraddizione con la sua fiducia nella scienza – fa anche parte della Congregazione per la Causa dei Santi: si occupa cioè, da medico, dei cosiddetti miracoli. Come funziona? “Non è che definiamo un fatto ‘miracolo’. Valutiamo, da medici, se una determinata guarigione è spiegabile o meno con le conoscenze che abbiamo. In uno dei processi in cui mi sono trovato coinvolto, quella relativo alla santificazione di Giovanni Paolo II, ci siamo trovati di fronte a una guarigione non spiegabile scientificamente. Magari un giorno la scienza progredendo potrà spiegarla, e allora diremo che le nostre conoscenze erano limitate. O fino ad allora possiamo pensare che nella nostra realtà esistano possibili interventi esterni. Ma questo non vuol dire che io da medico debba stare lì ad aspettare il miracolo”.
Più prosaicamente, per migliorare “il patto di collaborazione tra scienza e politica”, Maira ha suggerito al ministro Lorenzin “che il Consiglio Superiore di Sanità diventi un organismo scientifico anche disponibile all’ascolto di esponenti politici in casi di problematiche sanitarie e dubbi da cui possano nascere controversie”. Il neurochirurgo non sa come sarà il suo futuro di candidato. Intanto si rifà a una massima del “Giulio Cesare” di William Shakespeare: “Bello sarebbe se l’uomo potesse sapere in anticipo come finirà la sua giornata. Ma basterà aspettare che il giorno finisca e lo saprà”.