Antonio Tajani (foto LaPresse)

Cosa deve fare una destra di governo. Parla Antonio Tajani

Maurizio Crippa

Economia sociale di mercato, sicurezza, presidenzialismo. Ecco il programma del non-candidato preferito del Cav

Milano. “Parliamo di come deve essere una destra di governo, responsabile. Di una politica che sia all’altezza dell’Italia, e perciò dell’Europa. Parliamo ad esempio di un grande piano per il Sud”. Non parliamo, invece, di candidature. Si è già non-candidato, poche ore prima, dalle colonne tedesche della Welt (“io vorrei restare alla guida dell’Europarlamento, è importante per l’Italia”) smarcandosi per l’ennesima volta dall’ennesimo endorsement di Berlusconi, piovuto praticamente in contemporanea: “Sono vincolato da lui, per l’altissima carica che ricopre, a fare il suo nome soltanto quando lui me ne darà l’autorizzazione. Sarebbe un candidato eccellente”.

 

Del resto i destini italiani si capiranno soltanto il 5 marzo, inutile girarci intorno, discutere di premier o di larghe intese. Anche sulla tenuta delle coalizioni, la destra europeista del Cavaliere e la destra sovranista di Salvini, non c’è altro da aggiungere. Intelligenti pauca. “Una cura da cavallo per il Meridione, perché è da lì che devono partire la ripresa e la coesione sociale, ovvero le condizioni per stare in Europa”.

 

Con Antonio Tajani, padre fondatore di Forza Italia nel 1994, mai un tentennamento, mai una defezione, mai un allontanamento da quel popolarismo europeo che è il suo faro politico, il tema non sono le alchimie per un governo, ma un programma per il governo. Vista dal seggio più alto del Parlamento europeo, la questione ha innanzitutto un nome, che non si è detto spesso, in campagna elettorale: il Sud. Anzi, un nome storpiato da molti populismi, di questi tempi. “Invece non possiamo lasciare che il Sud sia gestito così male, alla Masaniello. Il Sud non ha bisogno di elemosina, ma di un grande piano di investimento, innovazione e riforme. Senza il Sud non riparte l’Italia, non si sconfigge la disoccupazione, non si affronta la questione giovanile”.

 

Bene, da dove comincerebbe? “La leva da cui partire sono i fondi strutturali dell’Europa. Finora non è stato fatto, o molto male, le mancanze sono note”. Ne fa una questione di orgoglio nazionale e anche personale, Tajani. Cita le radici famigliari e gli ideali del Risorgimento, la grande classe dirigente prodotta dal Mezzogiorno: “Non possiamo lasciare il Sud in mano a chi calpesta questa storia”. Poi passa al concreto. Ad esempio l’idea del Fondo unico di investimenti per il Sud: “Serve un grande piano di investimenti in infrastrutture, banda larga, reti elettriche, logistica, alta velocità, porti e acquedotti. E poi accesso al credito per le pmi. Ma questi investimenti si possono alimentare utilizzando i fondi regionali europei”. Parla da tecnico. Sono stati usati male: “Nella programmazione 2014-2020 il Sud ha avuto 22,7 miliardi di fondi europei, ma solo il 4,7 per cento è stato impegnato o speso. Le regole europee consentono di riallocare la parte non impegnata. Riallocando il 50 per cento dei fondi europei disponibili, circa 11,5 miliardi, si può alimentare il Fondo unico per il Sud di almeno 20 miliardi di euro, capace di mobilitare investimenti per oltre 250 miliardi. È anche l’unico modo per battere la criminalità organizzata, sottrargli il territorio: non è pensabile che un cittadino debba chiedere il lavoro alla criminalità”. Fatti e non populismi: “Che cos’è invece il reddito di cittadinanza? Un’elemosina di stato, che tiene nella disoccupazione le persone. Governare bene è un’altra cosa”.

 

Ma non c’è solo il Sud da far crescere. Ci son le aree più produttive che hanno bisogno di più Europa e meno tasse, e magari di un po’ più di liberismo. Una destra responsabile al governo che fa? “Primo, all’Italia, e non solo al nord, l’euro serve. E serve che ci sia un abbassamento netto delle imposte, perché le imprese devono continuare a crescere. Poi ci vuole un’economia sociale di mercato, cioè uno sviluppo che sia per il bene di tutto il popolo italiano, di ogni classe sociale. L’obiettivo di una destra popolare, come la vedo io, è la crescita per tutti”. Economia sociale di mercato è un marchio storico della politica tedesca. 

 

È la Merkel il modello? “È la dottrina sociale della chiesa, senza scomodare la Merkel. Per me il faro è la dottrina sociale di Giovanni Paolo II”. Anzi, per dirla tutta, non serve nemmeno il turbo-macronismo nel profilo della buona destra di governo per l’Italia: “Né Macron né Merkel. Dobbiamo imparare, ma non copiare. Perché la nostra situazione e il paese in sé sono completamente diversi, più complessi e stratificati, non può valere un’unica ricetta. Certo ci sono cose che dobbiamo fare, come diminuire la burocrazia e aumentare la sicurezza dei cittadini. Ma con modalità nostre”. Il sì all’euro, le politiche fiscali positive, le riforme: i temi dell’appello del Foglio scorrono sottotraccia. Evidenti.

 

Antonio Tajani, nel suo profiling della buona destra, aggiunge la sicurezza: un tema che è stato (mal)trattato negli ultimi tempi e in campagna elettorale. Un governo che ha fatto poco rispetto alla microcriminalità, una percezione dei cittadini persino più negativa della realtà dei fatti, i rischi e gli scoppi di violenza.

Ci vuole una destra law and order (la definizione non gli spiace), secondo Tajani. Perché, anche senza drammatizzarlo, il problema della sicurezza c’è e la risposta responsabile deve partire dai fatti. È il primo mattone per costruire il resto. “C’è un controllo del territorio che manca, ed è questo che genera la paura dei cittadini. Bisogna fare di più, investire sulle forze dell’ordine ma anche su una cultura dell’ordine e del rispetto delle Forze dell’ordine. I fatti recenti che conosciamo non possono essere tollerati. Il prestigio delle forze dell’ordine è il primo presidio della sicurezza”. Poi c’è la criminalità organizzata, che è uno dei “tappi” che bloccano il Sud. “Ci sono intere zone del paese in cui lo stato ha abdicato, sono fuori controllo. Zone in cui un cittadino deve chiedere protezione alle mafie, Non può essere tollerato”.

 

E poi servirebbero anche le riforme, no? Berlusconi ha rilanciato l’idea del referendum per introdurre l’elezione diretta del capo dello stato: “È un tema da sempre nel patrimonio politico del centrodestra. Il prossimo governo dovrà impegnarsi anche sul fronte delle riforme istituzionali e il modello presidenziale, è un nostro obiettivo storico. Ma la prima grande riforma è mettere la politica al centro, nel ruolo della decisione. Serve anche in Europa, ed è per questo che è importante esserci e contare, in Europa”.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"