Quanto contano i giovani nei programmi dei partiti
Dal reddito di cittadinanza al servizio civile obbligatorio, passando per salario minimo e abolizione della Fornero. Un'analisi delle migliori e delle peggiori proposte delle principali forze politiche
Il 4 marzo sarà la prima volta al voto per i nati nel 1999, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno. Michel Martone, docente di Diritto del Lavoro alla Luiss, ha analizzato per Luiss Open tutte le misure indirizzate ai giovani che sono contenute nei programmi dei principali partiti politici, e ha scelto le peggiori e le migliori per ogni schieramento. Ecco cosa ne è venuto fuori.
Il programma del Movimento 5 Stelle
Le idee più favorevoli ai giovani?
“Oltre 2 miliardi di euro per la riforma dei centri per l’Impiego: facciamo incontrare davvero domanda e offerta di lavoro e garantiamo formazione continua a chi perde l’occupazione”. Favorire una ricerca fruttuosa di occupazione, incrociando domanda e offerta di lavoro per i più giovani in cerca di una prima esperienza e non solo per loro, è positivo. Perciò va salutato positivamente il potenziamento di meccanismi e istituti che accrescono il numero di lavoratori attivi sono benvenuti, specie nel paese col tasso di occupazione più basso d’Europa (58%) dopo la Grecia.
Le idee più dannose per i giovani?
“Il reddito di cittadinanza, cioè un reddito minimo garantito di 812 euro al mese per un single, 1.706 euro al mese per una famiglia di due adulti con due figli sotto i 14 anni”. Su questo fronte c’è sia un problema di principio sia uno di credibilità. Innanzitutto i giovani hanno bisogno di un lavoro, non di un reddito. Quanto alla scarsa credibilità della proposta, mi riferisco alle risorse necessarie a “coprire” questo sussidio, che tra l’altro è chiamato a sproposito “reddito di cittadinanza” in quanto non è universale ma riguarderebbe i soli disoccupati: per il Movimento 5 Stelle sarebbero necessari 15 miliardi di euro l’anno, non un’inezia, per la maggior parte degli economisti di miliardi ne sarebbero necessari circa il doppio. Ma su questo ho già scritto in abbondanza su LUISS Open.
“Università (…) Riformare il meccanismo di reclutamento, dello status giuridico ed economico dei ricercatori universitari, reintroducendo il ruolo del ricercatore a tempo indeterminato”. Non occorrono passi indietro nella direzione dei ricercatori a tempo indeterminato, meglio piuttosto concentrare le maggiori risorse sui dottorandi che stanno scomparendo dagli atenei. Più in generale, a proposito delle idee emerse dal Movimento 5 Stelle sull’università, ci tengo a dire che occorre incentivare le aggregazioni e le eccellenze degli atenei più grandi, senza inseguire a tutti i costi “l’università sotto casa”. Perché ai giovani servono trampolini verso il mondo e non “parcheggi” facilmente raggiungibili.
Il programma del Partito democratico
Le idee più favorevoli ai giovani?
“Il salario minimo garantito”. Utile per creare una rete di protezione soprattutto per quei lavoratori che non sono sindacalizzati e che operano in settori innovativi. Andrà fissato però su una soglia relativamente bassa, altrimenti rischia di mettere fuori gioco molte imprese che non potranno permettersi di assumere a certe condizioni troppo onerose, specialmente nel Sud del Paese dove il costo della vita è più basso che nel Centro-Nord. Il salario minimo garantito non dovrebbe comunque andare a scapito della contrattazione nazionale né di quella aziendale, ma intervenire soltanto dove le stesse non sembrano possibili.
“Affitto 30-30: detrazione fiscale del valore di 150 euro al mese (in grado di raggiungere anche gli incapienti sotto forma di assegno) a beneficio di tutti gli under-30 con un reddito fino a 30 mila euro e un contratto d’affitto sulle spalle”. Una proposta innovativa, da valutare positivamente come tutte quelle che vanno nella direzione di una maggiore emancipazione delle nuove generazioni, senza assistenzialismi controproducenti ma incentivando le scelte di cambiamento e di crescita dei più giovani.
“Una famiglia, un assegno: per tutti. Una misura fiscale unica (in grado di raggiungere anche gli incapienti sotto forma di assegno) che preveda 240 euro di detrazione Irpef mensile per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per i figli fino a 26anni”. In generale ritengo apprezzabile l’attenzione che il Partito democratico ha riservato alla famiglia all’interno del suo programma. Non può che essere un fattore positivo, anche per andare incontro ai piani di tante giovani coppie per il proprio futuro.
Le idee più dannose per i giovani?
“Una pensione di garanzia per i giovani”. Piuttosto che promettere già oggi ai giovani un reddito futuro per quando avranno smesso di lavorare, sarebbe meglio – considerate le carriere lavorative in media sempre più discontinue – concentrare le risorse sulla contribuzione figurativa, allungando per esempio l’impegno assunto per concedere sgravi fiscali a chi assume giovani con contratti a tempo indeterminato.
“Il servizio civile obbligatorio”. E’ meglio che rimanga volontario, come è attualmente, ragionando piuttosto su come agevolare al massimo chi vuole sbrigarsi a entrare nel mercato del lavoro, senza attardarsi in esperienze che non ritenga necessarie, insistendo dunque su decontribuzione e centri per l’impiego.
Il programma del Centrodestra
Le idee più favorevoli ai giovani?
“Le aziende che assumono a tempo indeterminato un giovane avranno la detassazione e decontribuzione completa per sei anni”. Anche se avremmo bisogno di maggiori dettagli per valutare l’impatto e il costo di questa misura – per esempio la soglia d’età sotto la quale un neoassunto sarebbe considerato giovane e dunque meritevole dello sgravio – tutte quelle mosse che tendono ad alleviare l’imponente carico fiscale che un’impresa deve sobbarcarsi prima di assumere un nuovo lavoratore sono sacrosante.
Le idee più dannose per i giovani?
“Azzeramento della legge Fornero e nuova riforma previdenziale economicamente e socialmente sostenibile”. Come ho già scritto su LUISS Open, tutti ne parlano ma nessuno la abolisce: questo è il destino della riforma Fornero delle pensioni. Perché se tutte le forze politiche sono d’accordo, non si è riusciti a fare di più? Purtroppo la risposta è molto semplice. Perché non ce lo possiamo permettere, per ragioni economiche e demografiche. L’abolizione della Riforma Fornero costerebbe, infatti, tra gli 80 e i 90 miliardi di euro, ovvero una somma troppo elevata per un paese che già oggi presenta il terzo debito pubblico del mondo e nel quale il numero dei pensionati aumenta ogni giorno mentre si riduce drasticamente la popolazione attiva che paga i contributi.
Un importante “nota bene” per tutti i giovani in ascolto
Da anni la condizione giovanile in Italia è tanto spesso evocata nel dibattito pubblico e politico in particolare, quanto poi ignorata nei fatti. Tutte le promesse dei partiti che abbiamo qui analizzato andranno valutate all’atto pratico nel momento in cui un eventuale governo dovesse reperire le risorse fiscali per attuarle: il vero pericolo infatti è che si finisca, come spesso accaduto, per dare con una mano ai giovani mentre con l’altra si toglie agli stessi giovani. E’ quanto avverrebbe nei fatti se una qualsiasi di queste misure fosse finanziata aumentando la spesa pubblica totale e quindi il debito pubblico italiano che già oggi supera la soglia del 130% gravando sulle presenti e future generazioni. Quel che è vitale, invece, è una redistribuzione e un riequilibrio – questo sì in chiave generazionale – della spesa pubblica e in particolare di quella sociale.
*Professore ordinario di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali. È stato Vice Ministro del Lavoro nel Governo Monti, nonché Visiting Fellow presso la School of Industrial and Labor Relations dell’Università di Cornell (New York)
Questo saggio è pubblicato anche su LUISS Open, research magazine dell’Università LUISS