Il Pd ammette la sconfitta. Ora tutti aspettano Renzi
Il segretario non commenta i risultati. A notte fonda tocca a Maurizio Martina farlo: “Si profila chiaramente un dato per noi al di sotto delle aspettative”
Roma. Le due e mezzo di lunedì notte, in sala stampa al Nazareno ci sono solo giornalisti. Ogni tanto s’affaccia qualche portavoce, ma di dirigenti del Pd neanche l’ombra. “Qualcuno arriverà”. Chissà chi, chissà quando. Da Matteo Renzi in giù sono tutti barricati nei loro uffici. Francesco Bonifazi, Luca Lotti, Matteo Richetti, Maurizio Martina, Lorenzo Guerini, Matteo Orfini. Non si vedono i ministri Graziano Delrio e Dario Franceschini, non ci sono neanche i leader della minoranza, Andrea Orlando e Michele Emiliano. “A viso aperto”, diceva un tempo Renzi. Fino alle tre di notte (le 2.55 per la precisione) - quando finalmente parla il vicesegretario Martina, accompagnato da Orfini e Guerini - il viso però non ce lo mette nessuno. Sembra la festa di compleanno delle medie, quando il festeggiato è sgradito a tutta la classe e, come direbbero Elio e le storie tese, non c'è nemmeno “il mio amico panino”.
Inizialmente il segretario avrebbe dovuto seguire lo spoglio da Firenze (con tanto di annullamento della sala stampa allestita nella sede toscana del Pd a Firenze), poi in serata è partito alla volta di Roma. E per tutta la serata, poi diventata notte, il Pd sposta la “soglia psicologica”, prima fra 20 e 22 per cento poi sopra e sotto il 20. Il perché è evidente e lo spiega Martina. Le voci di dimissioni di Renzi si rincorrono, ma alcune variabili d’altronde ancora sono ignote; dalla percentuale finale del Pd (sopra o sotto il 20?) e dal risultato definitivo della lista della Bonino. Con +Europa al 3 per cento, il Pd perderebbe almeno 19 seggi, sotto invece i voti vanno ripartiti anche al Pd. “Si profila chiaramente un dato per noi al di sotto delle aspettative”, dice il vicesegretario del Pd Martina. “Le valutazioni più compiute su questa situazione, sull’esito del voto alla luce dei dati che matureranno definitivamente nelle prossime ore e in mattinata le farà poi il segretario”. Appunto.
A Ettore Rosato è stato affidato invece il compito televisivo che altrove un tempo fu di Sandro Bondi. A Porta a Porta ammette la sconfitta prima degli altri rinchiusi al Nazareno - la linea è naturalmente concordata con la segreteria - e apre d’un colpo il dibattito dei prossimi giorni interno al partito: Renzi si dimetterà? “Deciderà lui”, dice il capogruppo del Pd, che peraltro dà il nome alla legge elettorale. “Si è rotto qualche filo con un pezzo dell’elettorato - aggiunge - e ovviamente non è colpa dell'elettorato. Sta a noi ripartire dall'opposizione e ricostruire quel filo. Secondo me il tema dell'immigrazione e il reddito di cittadinanza sono stati centrali”. Gli elettori “hanno parlato in modo chiaro ed incontrovertibile”, spiega Andrea Marcucci, senatore uscente del Pd e prima di stanotte dato come possibile capogruppo al Senato. “Hanno vinto i populisti ed il Pd ha perso. Ne consegue che anche la mia corsa nel collegio Lucca Massa-Carrara si ferma qui. Spero che il nuovo senatore eletto dal territorio possa assicurare risultati e rappresentatività degli enti locali. Il Pd lascia all’Italia risultati molto migliori di chi ci ha preceduto. Ripartiremo dall’opposizione”. Le brutte notizie però non sembrano essere finite. Dalle sfide dei collegi non arrivano risultati incoraggianti. Vedi Siena, dove il leghista Claudio Borghi è in vantaggio sul ministro dell’economia Pier Carlo Padoan.