Anche in Italia l'ondata antisistema smitizza i dogmi del liberalismo, dice Edward Luce
Secondo l'opinionista liberal già la vittoria di Macron rischiava di essere l'entusiasmo di un momento, ma se il bicchiere di champagne era mezzo vuoto, quello di Chianti è rotto
Roma. All’indomani della vittoria tonda di Emmanuel Macron in Francia, sintesi di tutte le speranze democratiche e liberali di un occidente segnato dai movimenti antisistema, Edward Luce, opinionista liberal del Financial Times di stanza a Washington, aveva detto al Foglio che il bicchiere di champagne non era mezzo pieno: l’affermazione del candidato in marcia era accompagnata da undici milioni di voti per Marine Le Pen e dalla scomparsa istantanea dei partiti tradizionali, la vittoria di un moderato di specchiata fede europeista rischiava di essere l’entusiasmo di un momento.
Il risultato delle elezioni in Italia, spiega Luce al Foglio, mostra che quella previsione era azzeccata: “Il bicchiere di champagne era mezzo vuoto, quello di Chianti è rotto”, dice l’analista britannico. “Mettendo fra parentesi un attimo la vittoria di Trump, in Italia stiamo assistendo alla sconfitta più completa e scioccante dell’establishment centrista e democratico. In Francia ha vinto Macron, ma i partiti sono stati spazzati via, in Inghilterra abbiamo avuto la distruzione dell’élite tecnocratica e la costruzione di una sinistra di tipo antagonista che per sopravvivere ha dovuto abbracciare la retorica nazionalista e la Brexit. Ora molto dipende dal tipo di coalizione che si riuscirà a creare a Roma, se mai ci riusciranno, ma la situazione ha il potenziale per mettere in crisi l’intero assetto europeo. E’ un segnale pessimo per tutte le forze europeiste e moderate. La riforma dell’Ue che propone Macron, ad esempio, si basa su uno scambio: la Germania cambia le regole della convivenza fra i membri e gli altri stati s’impegnano a controllare i conti. Mi pare evidente che l’ Italia che ha votato il M5s e la Lega non è disposta ad accettare alcun accordo di questo genere”.
Nel suo Il tramonto del liberalismo occidentale (Einaudi), Luce è stato fra i primi saggisti di marca liberale a osservare che la crescita dei movimenti populisti è da imputare, almeno in parte, alla cecità di un establishment che non ha saputo cogliere i segni dei tempi, riproponendo in modo automatico ricette politiche, parole d’ordine e modelli di governance un tempo efficaci ma che hanno perso, nel tempo, la loro carica persuasiva. E sono diventati infine i totem polemici del demos inferocito, frustrato oppure forgotten, a seconda delle circostanze. Dopo la caduta dell’Unione sovietica, spiega Luce, “il liberalismo è diventato una fede religiosa nei circoli della classe dirigente occidentale”, un credo basato sulla progressione inevitabile verso un futuro di benessere e democrazia, di società aperta e globalizzazione. “Per cambiare una linea politica – prosegue Luce – bastano degli aggiustamenti negli indicatori economici e sociali, per cambiare una fede occorre molto di più: servono shock ripetuti, sconfitte brucianti una dopo l’altra. E’ per questo che Renzi e il Partito democratico ha continuato a fare gli stessi errori già visti in altri paesi, a partire dagli Stati Uniti. Questo dogmatismo ha alimentato un narcisismo cieco delle élite, ma finché l’economia andava bene e i partiti tradizionali erano al governo era relativamente semplice mantenere lo status quo. Mentre l’establishment andava per la sua strada, le persone soffrivano e questo ha generato una rabbia diffusa, spronando l’elettorato a votare qualunque cosa avesse l’aria, anche vaga, di un’alternativa. Il risultato del M5s dice che il movimento è diventato un collettore vasto e generico delle frustrazioni degli italiani”.
Ci sono stati Trump e la Brexit, sommovimenti e risultati ambigui in tanti paese europei. Come hanno fatto i leader dei partiti moderati a non rendersi conto del cambio di vento? “Scoprire che il mondo è diverso da come lo pensiamo è molto difficile da accettare, in certi casi è impossibile in assenza di un trauma che viene dall’esterno. In Italia la situazione è aggravata dalla presenza di almeno due indicatori che avrebbero dovuto suscitare una riflessione profonda dei centristi: l’assenza di crescita e la disoccupazione giovanile altissima, una combinazione tossica che non poteva essere sottovalutata”. Il tema che ha messo vento nelle vele sovraniste di Matteo Salvini è invece l’immigrazione, e il dato che Luce trae dalla sua vittoria è che “l’opposizione all’immigrazione è tornata a essere una posizione rispettabile ovunque, anche in Germania”. In Italia però la questione ha un connotato particolare: “L’Italia è un raro esempio della confluenza fra due tendenze: per la sua posizione è più esposta all’immigrazione, ovviamente, ma è anche più esposta alle inadeguatezze e, francamente, alle ipocrisie dell’Unione europea, la cui politica ha penalizzato gli stati sul Mediterraneo. La Lega ha capitalizzato questa convergenza”.