Perché Fi e Pd ci penseranno bene prima di dare le Camere a Di Maio e Salvini
Prendere Palazzo Chigi è importante, ma per qualche colpo di propaganda piazzato bene non è necessario. Basta fare maggioranza negli uffici di governo del Parlamento
L’assalto all’Ufficio di presidenza della Camera. Avvenne il 22 marzo 2017, fu uno degli episodi più drammatici della diciassettesima legislatura, se non di tutte le legislature passate: non si ricordano precedenti di deputati che tentano di irrompere fisicamente in una sala di Montecitorio dove è riunito il massimo organismo collegiale di governo interno. Andò in scena la plateale rivolta di un manipolo di deputati grillini contro la misura con la quale la Camera, su proposta del Pd, cercava di ridurre l’entità dei vitalizi dei quali usufruiscono gli ex parlamentari (solo quelli più anziani ormai, perché già dal 2012 l’istituto stesso del vitalizio è stato sostituito da normali pensioni). Ci andò di mezzo qualche commesso, rimasto contuso, gli autori del blitz ricevettero innocue sanzioni di sospensione dai lavori d’aula.
Un anno dopo, l’assalto sta per ripetersi. Con altri sistemi, con altre conseguenze, con effetto propagandistico centuplicato e soprattutto con una convergenza politica che potrebbe dar corpo a una nuova maggioranza Lega-M5s intanto ai vertici di Camera e Senato, ben prima che si sciolga la matassa del governo. Anzi, anche senza che la matassa del governo si sciolga affatto.
Già, perché prendere Palazzo Chigi è ovviamente importante, decisivo. Ma raggiungere il complicato accordo per fare un governo non è necessario per molte delle cose che premono maggiormente a Di Maio e a Salvini (perfino oltre redditi di cittadinanza e flat tax), che hanno portato loro voti e che (nelle loro speranze) gliene porteranno presto di più. Basta fare maggioranza negli uffici di governo delle due Camere, possibilmente avendo rispettivamente un presidente grillino e uno leghista che possano orientare le manovre e poi offrire al paese il risultato. Ovvero lo scalpo tanto atteso dei “costi della politica”: non solo i vitalizi per gli ex deputati, ma le pensioni per gli attuali, i loro stipendi, i rimborsi spese (ahi), gli stipendi e le pensioni dei dipendenti delle camere, i trasferimenti ai gruppi parlamentari, le spese di funzionamento delle istituzioni. Tutte voci di spesa delle quali nel tempo anche Lega e Cinque stelle hanno usufruito, ma che si prestano ora a operazioni propagandisticamente efficaci, per paradosso proprio grazie all’istituto tanto contestato dell’autodichia, ovvero la piena autonomia decisionale degli organi costituzionali sulla propria vita interna.
Gli adempimenti parlamentari sono slegati da quelli per il governo, comunque li precedono. Dunque in teoria l’assalto (stavolta nonviolento) agli uffici di presidenza di Montecitorio e palazzo Madama potrebbe partire anche presto, anzi subito, nelle prossime settimane. Non è uso all’interno di quegli organismi collegiali di compiere forzature, cioè imporre decisioni di stretta maggioranza. Ma l’uso fa parte di prassi e bonton istituzionale che sia Lega che grillini dichiarano di voler infrangere. E poi Pd e Forza Italia sarebbero in grado di opporre resistenza a quello che sarebbe venduto all’esterno come l’attacco finale ai privilegi della casta? Il Pd renziano è stato abbondantemente accondiscendente su questo argomento, sul quale anzi Renzi si era messo esplicitamente e vanamente in competizione coi Cinque stelle: tipico esempio di una sbandata del passato recente che rende più difficile il presente dei democratici. Più tosta appare la faccenda nel centrodestra, perché in molte occasioni Forza Italia ha mostrato contro gli assalti anticasta una tenuta molto superiore di quella del Pd, fino a bollare come incostituzionale la famosa legge Richetti sui vitalizi che venne approvata alla Camera per poi arenarsi al Senato. In ogni caso, Forza Italia e Pd dovranno stare molto attenti nei prossimi giorni a fare generose concessioni sulle presidenze delle Camere (tentazione soprattutto dell’ultimo Pd arroccato): stavolta quelle postazioni “di garanzia” potrebbero essere utilizzate come oggetti contundenti, soprattutto se l’obiettivo grosso del governo dovesse rivelarsi irraggiungibile per Lega o M5s.
E’ chiaro che, come è già successo per molte misure di questo tipo in passato, il risultato ottenuto con una delibera di un Ufficio di presidenza può risultare nel tempo del tutto inconsistente: fanno scuola i ricorsi vincenti dei dipendenti di Camera e Senato, sempre molto efficaci nel recuperare i diritti acquisiti negati. Ma per questo tipo di ricorsi ci vuole tempo. E a Di Maio e Salvini interessa poco ciò che accadrà fra anni: se davvero pensano che l’orizzonte della legislatura si misuri in mesi e non in anni, qualche colpo di propaganda piazzato bene adesso può essere più che sufficiente. Anche per mostrare al popolo quali meraviglie anticasta sarebbero capaci di realizzare, se addirittura arrivassero fin dentro la stanza dei bottoni di Palazzo Chigi.