L'unico governo che potrebbe nascere
Fiction ma non troppo: Giovanni Maria Flick premier, Matteo Salvini all'Interno e Luigi Di Maio all'Economia
(Fiction). Mattarella darà l’incarico a Giovanni Maria Flick, giurista ed ex presidente della Corte costituzionale, ex ministro della Giustizia. Salvini vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno (immigrati e sicurezza). Di Maio vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Economia (reddito di cittadinanza e tasse). Le Comunicazioni e la Giustizia a Romani (berlusconiano) e a Brunetta (berlusconiano). Gli Esteri a Giorgia Meloni. Seguono altri incarichi di conferma dell’equilibrio nella maggioranza dei vincitori, per il governo dei vincitori.
Di un simile governo presidente non può essere né Salvini né Di Maio, ovvio. Flick è del 1940, età giusta, ha un profilo di garante, Mattarella non sarebbe imbarazzato più di tanto, e l’anziano giurista riceverebbe un sacco di complimenti misti a preoccupazioni da autorità varie, anche europee, potrebbe rivendicare una sorta di tutela istituzionale dell’esecutivo “anomalo” ma inevitabile visto il risultato elettorale, ma non fa ombra, non ha truppe, non è un tecnocrate che si debba giocare la reputazione, ha modi felpati di chi sa esserci e non esserci, si muove sul filo del diritto che è il nostro modo storto di essere governabili in regime di proporzionale. Si è avvicinato discretamente, senza poi impegnarsi, ai grillini, quando fu in ballo per un incarico nella giunta Raggi.
Il programma sarebbe adattato a un governo della vittoria che nessuno dei due conquistatori può presiedere, e la chiusura antimmigrazionista e sicuritaria e l’assistenzialismo di stato generalizzato potrebbero avere una patina di accettabilità, più le solite balle sulla legge elettorale e demagogie sfrenate anticasta, gradite o subite da tutti. Il Quirinale esibirebbe una capacità di controllo a distanza, ma nel rispetto del voto.
All’opposizione non resterebbe che prendere atto della svolta e attrezzarsi senza particolare eccitazione. I presidenti delle Camere sarebbero ulteriori garanti del quadro istituzionale democratico così definito. La maggioranza sarebbe colossale, ma abbastanza frastagliata (Berlusconi, la Meloni, la sinistra grillina e balle varie) da dare l’impressione di una dialettica interna. Per arrivare a questo risultato basta che Salvini e Di Maio propongano il nome di Flick o altro nome equivalente, il resto è come detto e Mattarella non può che procedere alla cerimonia del giuramento. I tempi potrebbero anche non essere estenuanti. Poi si vede.
Ma che cosa farebbe decidere ai due nuovi colossi della politica italiana (oops) questa linea? Salvini non può governare, malgrado sia il leader della coalizione che ha più voti e seggi, contro le opposizioni di grillini e Pd. Deve cercare quel genere di compromesso che gli consenta di governare i suoi temi maggiori (per lui ci sono anche le Attività produttive) nel rapporto con la sua base. Di Maio, malgrado sia il leader del partito più votato, non può formare una maggioranza con il Pd, sarebbe troppo condizionante per lui e per il Pd. E’ troppo tardi, e le cose sono messe malamente per l’altro progetto fictional di un governo Cantone, per dire. Tutto il centrodestra all’opposizione sarebbe un affare troppo serio e ingombrante, e nella dialettica conseguente i 5 stelle sarebbero snaturati, per non dire dei portatori d’acqua del Pd.
Insomma, quello qui esposto è un teorema matematico, per quanto fictional, non una previsione. In un certo senso, non può andare che così.
Avvertenza: in questi casi la politica smentisce i teoremi con la fantasia, e quanto giudicato necessario si scontra con una infinità di sfumature, forze in gioco che si vedono e non si vedono, e alla fine il teorema è smentito. Speriamo, forse, ma allo stato è l’unica soluzione credibile. Berlusconi non ha la forza di condizionare Salvini e impedire, in nome di quanto detto sull’argine alla “setta” dei grillini, la formazione di un governo di cui alla fine egli farebbe parte e sul quale potrebbe esercitare un’influenza, che è il suo problema. I vincitori non possono sottrarsi, e i leader non possono pretendere l’uno di scavalcare il problema per cui l’altro ha un titolo importante alla condivisione (l’uno la coalizione arrivata prima, l’altro il partito arrivato primo). Nessuno dei due può permettersi il rinculo di uno scioglimento delle Camere per mancanza di una maggioranza, i sondaggisti dicono che farebbero a pezzi quanto resta fuori del loro perimetro, ma sarebbe un gioco pericoloso perché i rinculi espongono le vittorie mutilate a tremendi contrappassi. Dunque, è fatta.