Sandro Gozi (LaPresse)

Per superare il Pd serve una En Marche europea. Parla Gozi

David Allegranti

Secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio il movimento di Macron potrebbe essere una buona base di partenza per la rinascita del progressismo italiano e la rifondazione di quello europeo

Roma. Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli affari europei, è appena tornato dalla Francia, dove ha buoni amici nel governo e nel partito di Emmanuel Macron, En Marche. Non ci gira attorno e al Foglio dice chiaro che è arrivato il momento di superare il Pd, un partito ormai “insufficiente”, come dimostra il 18 per cento ottenuto alle elezioni del quattro marzo, e che il movimento macroniano potrebbe essere una buona base di partenza per la rinascita del progressismo italiano e la rifondazione del progressismo europeo.

 

Di questo parlerà domenica prossima all’iniziativa “Democratici e liberali per un nuovo riformismo europeo nella stagione della contraddizione populista” (dalle 10 in poi al centro congressi Cavour a Roma). “A Parigi c’è grande delusione, ma anche ovviamente rispetto, per le nostre vicende. Speravano in un risultato migliore del Pd e nel mantenimento della leadership di Renzi. Speravano che gli italiani non dessero la maggioranza assoluta ai lepenisti – quale è Matteo Salvini, che lo rivendica – e ai qualunquisti pentastellati, le cui opinioni su tutto, anche sull’Europa, cambiano a seconda del fuso orario e della parte dell’Europa in cui si trovano. Dicono ‘Viva la City’ a Londra, ‘viva il Parlamento europeo’ a Strasburgo, ‘usciamo dall’euro’ a Pomigliano d’Arco”.

  

Ma il problema vero, dice Gozi, è il Pd. “Mi sembra evidente che questo Pd è insufficiente. Gli italiani ci hanno detto che non arriva neanche al 20 per cento. Quindi possiamo pensare di cambiarlo guardando al passato e dicendo che bisogna essere più di sinistra; così però non consideriamo che alla nostra sinistra hanno fatto fatica ad arrivare al tre per cento. Oppure possiamo dire di ripartire dai seimila circoli; ora, io ho rispetto dei circoli, ma il punto è che bisognava coltivarli in questi anni, evitando che chiudessero”. Ma la proposta di Gozi è un’altra: si deve invece pensare a “quale era la proposta originaria del Pd e a quale può essere il ruolo del Pd in una società che è fortemente cambiata, che è preda della paura e dell’insicurezza. Nell’Italia della paura, delle fake news, in cui c’è uno spaccio di successo di demagogia a buon mercato di lepenisti e pentastellati, c’è un 48 per cento di italiani che non hanno acquistato da questi spacciatori. Per me il Pd o il rilancio del progressismo italiano – quindi oltre il Pd – dovrebbero rivolgersi a questo 48 per cento”. Per rilanciare il Pd, dice Gozi, “dobbiamo essere radicalmente alternativi alle proposte irrealizzabili dei lepenisti e dei pentastellati. Per questo credo che il Pd debba assolutamente stare all’opposizione e non capisco perché dovrebbe permettere la nascita di un governo per attuare cose irrealizzabili e sbagliate per l’Italia, che noi abbiamo contrastato con forza in campagna elettorale. Questo sarebbe un atteggiamento irresponsabile”.

    

Il Pd e non solo il Pd intanto deve prendere atto che “queste elezioni sono state un terremoto per l’intero sistema italiano. C’è un nuovo sistema politico in cui il grosso rischio è l’assestarsi di un nuovo bipolarismo tra lepenisti e qualunquisti, tra Salvini e Di Maio. C’è però la possibilità di una grande proposta progressista, europeista, riformatrice, che è quella noi dovremmo costruire. Io non vedo un grande futuro nell’estrema destra oltre l’egemonia salviniana. Ci sono tanti elettori di centrodestra che non vogliono cadere sotto quell'egemonia. Sono moderati, europeisti. Credo che il filo rosso dell’europeismo, dell’Europa sovrana contro il sovranismo italico, le riforme e la lotta contro la disuguaglianza siano cose importanti”.

   

Non bisogna negare, per esempio, “il merito delle riforme, magari bisogna fare correzioni sul metodo. Alcune sono state percepite come calate dall’alto, non ci sono stati processi partecipativi. Le persone le hanno subite come imposizioni, pensiamo alla riforma del mercato del lavoro e della scuola; non sono stati fatti degli errori di merito, ma oltre all’algoritmo si è sbagliato nel porsi”. Da una parte c’è “l’Europa che viene proposta dai lepenisti di Salvini, ed è quella di Visegrád. Noi ci richiamiamo a Ventotene e in maniera diversa vogliamo riformare l’Europa in marcia con Macron e i nuovi progressisti, come Albert Rivera in Spagna”. Ma il Pd può diventare come En Marche? “Di fronte a una socialdemocrazia classica che è sempre più in difficoltà e deve reinventarsi, il progressismo di En Marche! deve essere un riferimento per la ripresa del cammino del Pd”.

   

Solo un riferimento o qualcosa di più? “Dobbiamo utilizzare le elezioni europee per costruire nuove alleanze europee, andando oltre il campo del Pse. Il Pd dovrebbe essere uno dei dei federatori di questa nuova alleanza. Anche perché se non si costruisce un progressismo europeo alla Macron, rischiamo di avere un parlamento europeo in cui c’è la maggioranza di un Ppe che di popolare non ha più nulla e di avere come secondo grande movimento europeo gli estremismi anti europei di vario tipo e genere. Di fronte a questo rischio, una En Marche europea, una nuova alleanza tra tutti gli europeisti riformatori è indispensabile. E il Pd dovrebbe esserne protagonista”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.