Giorgio Napolitano (foto LaPresse)

Così Napolitano spiega la sconfitta del Pd (e dei partiti tradizionali)

Giorgio Napolitano

L'ex presidente della Repubblica apre la prima seduta del Senato: “L'auto-esaltazione dei risultati ottenuti negli ultimi anni da governi e da partiti di maggioranza non ha convinto. Lega e M5s sono candidati a governare il paese”

Onorevoli Senatrici e Senatori, il mio saluto e augurio più cordiale a tutti voi che sedete in quest'Aula con pari dignità e responsabilità grazie al consenso e alla fiducia dei cittadini-elettori, qualunque sia la forza politica che ciascuno è stato chiamato a rappresentare.

Questa 18° legislatura nasce da un'ampia e appassionata partecipazione elettorale. Nostro punto di riferimento non possono dunque essere oggi che le espressioni della volontà popolare quali ne sono chiaramente scaturite.

 

Il voto del 4 marzo ha rispecchiato un forte mutamento nel rapporto tra gli italiani e la politica quale si era venuta caratterizzando da non pochi anni a questa parte.

Si è trattato di un voto che non solo ha travolto certezze e aspettative di forze politiche radicate da tempo nell'assetto istituzionale e di governo del Paese. Esso ha messo in questione tradizioni, visioni, sensibilità, che erano a lungo prevalse.
Gli elettori hanno premiato straordinariamente le formazioni politiche che hanno espresso le posizioni di più radicale contestazione, di vera e propria rottura rispetto al passato.

La contestazione è scaturita da forti motivi sociali: disuguaglianze, ingiustizie, impoverimenti e arretramenti nella condizione di vasti ceti, comprendenti famiglie del popolo e della classe media.

E in modo particolare ha pesato il senso di un cronico, intollerabile squilibrio tra Nord e Sud tale da generare una dilagante ribellione nelle regioni meridionali. Sono stati condannati in blocco - anche per i troppi esempi da essi dati di clientelismo e corruzione - i circoli dirigenti e i gruppi da tempo stancamente governanti in quelle Regioni.

Queste reazioni hanno mostrato quanto poco avesse convinto l'auto-esaltazione dei risultati ottenuti negli ultimi anni da governi e da partiti di maggioranza.

 

In termini politici generali, ha contato molto nelle scelte degli elettori il fatto che i cittadini abbiano sentito i partiti tradizionali lontani e chiusi rispetto alle sofferte vicende personali di tanti e a diffusi sentimenti di insicurezza e di allarme.

Tutto ciò va messo in relazione con il tempo che stiamo vivendo. È il tempo della globalizzazione, della instabilità e della crisi generale della politica nei paesi dell'Occidente. È il tempo di incessanti, sconvolgenti cambiamenti negli equilibri mondiali.

 

Cambiamenti sempre più difficili da padroneggiare: di qui l'inquietudine che è dilagata fra gli italiani.

Sulla scena politica nazionale il voto del 4 marzo ha determinato un netto spartiacque, a inequivocabile vantaggio dei movimenti e delle coalizioni che hanno compiuto un balzo in avanti clamoroso nel consenso degli elettori e che quindi di fatto sono oggi candidati a governare il paese. In pari tempo, il partito che nella scorsa legislatura aveva guidato tre esecutivi ha subìto una drastica sconfitta ed è stato respinto all'opposizione.

Difficoltà peraltro nascono dal dato obbiettivo che nessuna delle forze premiate dagli elettori ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi nelle due Camere.

Occorre comunque corrispondere alle scelte del corpo elettorale e delineare la strada per il prossimo futuro del Paese. E alcuni elementi possono concorrere ad allargare l'orizzonte.

 

Si tratta in sostanza di far leva sull'interesse generale dell'Italia. Esso poggia innanzitutto sul senso, che non può mancare, di un comune destino italiano ed europeo. Per quanto anche a questo proposito nulla può più darsi per irreversibile o scontato.
Infatti, a una larga parte degli elettori, l'Europa è apparsa più come un insieme di costrizioni che come un insieme di idealità e opportunità. Ed è apparsa segnata da divisioni e incertezze dinanzi all'ondata dei richiedenti asilo e al tema dell'immigrazione.

Ma tutto ciò non toglie che l'Europa resti il solo ancoraggio per un'Italia che voglia contare nel mondo globale. E con le istituzioni europee le nuove forze di governo e di opposizione italiane avranno da discutere e far valere le loro proposte circa gli indirizzi da seguire già tra breve in Europa. Ma nel quadro imprescindibile di rapporti anche giuridici e di interessi internazionali, rispetto a cui nessuno può pensare di ripartire da zero. Anche perché all'integrazione europea si debbono conquiste che nel nostro sentimento più profondo ci appartengono e che nessuno di noi può, a cuor leggero, lasciare che si dissolvano.

Conquiste di pace, di sviluppo economico e qualità sociale, di diritti civili. Conquiste oggi purtroppo esposte a rischi estremi. Non esclusa la stessa, basilare, conquista della pace.

Fare i conti con queste incognite e complessità è, appunto, interesse generale dell'Italia, condivisibile da quanti rappresentano, pur da opposte sponde, l'Italia nel nuovo Parlamento.

 

Aggiungo che nell'ulteriore sviluppo del confronto politico-istituzionale sulla base del voto del 4 marzo, bene comune da garantire al Paese - chiunque sia chiamato a governare - è la non violenza, lo scongiurare la violenza, in tutte le sue motivazioni e le sue forme.

 

Sappiamo dove possono condurre le spirali di violenza. Non dimentichiamo gli anni '70; abbiamo appena ricordato l'anniversario della strage di Via Fani e quindi del rapimento e della tormentosa prigionia di Aldo Moro fino alla sua barbara uccisione. Ci resta e ci è caro il prezioso lascito della sua riflessione autocritica, del suo messaggio di libertà e di dialogo.

Il confronto politico va tenuto libero anche da qualsiasi nostalgia o indulgenza verso il regime della violenza che col fascismo ha dominato per vent'anni l'Italia.

 

Infine, è da considerarsi meritorio e importante il fatto che le forze pronte a governare il Paese sulla base del consenso degli elettori abbiano dichiarato di volersi assumere le proprie responsabilità nel senso di evitare derive distruttive per il Paese.

Di certo per aprire, nell'attuale scenario, nuove prospettive al Paese sono insieme essenziali il rispetto della volontà popolare e il rispetto delle prerogative del Presidente della Repubblica, al quale rivolgo a nome di voi tutti l'espressione calorosa della nostra stima e fiducia.

 

Onorevoli Senatrici e Senatori, all'ordine del giorno in questa legislatura si pone impegnativamente per tutti il tema del rendere più partecipata ed efficiente, attraverso tutti i canali di riforma percorribili, la nostra democrazia.

Una prima riforma ormai acquisita è quella, davvero rilevante, del regolamento del nostro stesso Senato. Rilevante perché la nostra, non possiamo dimenticarlo, è una democrazia rappresentativa, nei suoi fondamenti ideali e funzionali, cui corrisponde una forma parlamentare di governo. Quella fu e rimane la scelta meditata dell'Assemblea Costituente. Nostro dovere è irrobustire quella scelta che non presenta nessuna sostenibile alternativa.

Nel solco ideale della Costituzione repubblicana ogni evoluzione e trasformazione sollecitata dalle più ampie espressioni della volontà popolare può essere messa validamente alla prova.

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